Riflessioni teologiche – 63. Cristianesimo ecumenico e pratiche di comunione (parte 24: LE ALTRE TRE FASI DEL DIAMANTE DI KANER PER IL CONFRONTO CREATIVO NEI CONSIGLI ECCLESIALI)

Briciole dalla tavola. Vangelo per senza Dio

di Alberto Ganzerli

Osare un cristianesimo radicalmente ecumenico, dinamicamente inserito nel processo di riconfigurazione in forma sinodale intrapreso da chiese e comunità cattoliche su impulso di papa Francesco, richiede un rinnovato impegno nel praticare forme di comunione ecclesiale capaci di ampliare la varietà di coloro che potrebbero essere raggiunti o accolti o attivamente coinvolti. Nell’intraprendere questo percorso di ricerca teologica, di esperienza vissuta e di pratiche di sperimentazione ecclesiale potrebbero essere di aiuto diversi approcci teorico-pratici provenienti da alcune fonti di ispirazione: elementi ricavabili dall’esperienza vissuta nelle famiglie, riflessioni sulle comunità di pratica, metodologie per l’ascolto attivo e la gestione dei conflitti, approcci filosofici della teoria dell’attore-rete (ANT) e dell’ontologia orientata agli oggetti (OOO), suggestioni collegate alla nozione di terzo paesaggio e possibili applicazioni di questi approcci alla teologia e alla pratica ecclesiale (parte 24: LE ALTRE TRE FASI DEL DIAMANTE DI KANER PER IL CONFRONTO CREATIVO NEI CONSIGLI ECCLESIALI)


Su YouTube l’audio-video si trova cercando
riflessioni teologiche 63

Il percorso schematizzato nel Diamante di Kaner arriva alla decisiva Fase 3, avendo prodotto una grande quantità di idee e proposte di ogni tipo riguardo al tema o problema che – nel nostro esempio – il consiglio pastorale della parrocchia deve affrontare: la gestione della catechesi dei ragazzi in preparazione ai sacramenti, in assenza di chi finora lo avevano gestito (gli educatori dell’associazione che saranno impegnati in altre attività associative). Se si è lavorato bene nelle due fasi precedenti abbiamo ora numerose idee e proposte anche molto diverse tra loro. Si tratta di idee e proposte che i diversi componenti del consiglio pastorale potrebbero ritenere fantasiose e campate per aria o poco realizzabili, per mancanza di risorse, o inefficaci, perché affrontano il problema in modo inadeguato, o anche inaccettabili in linea di principio, sul piano dei valori in gioco. Ciò che però è necessario tentare a questo punto è un cambiamento e una trasformazione del materiale a disposizione in qualcosa di utilizzabile in modo costruttivo. L’obiettivo è anzitutto di moltiplicare le opzioni a disposizione, in modi che le rendano realmente percorribili e realizzabili. Per fare questo si tratta infatti di provare a disarticolare e smontare nelle loro diverse parti le idee, le proposte e le esperienze di buone pratiche che sono state raccolte. Fatto questo si tratta di provare a rimescolare, riassemblare e ricombinare queste singole e diverse parti in modi nuovi e diversi, così da arrivare a nuovi assemblaggi di idee, di proposte e infine di pratiche.

Questa operazione richiede una disponibilità all’esplorazione e al confronto aperto, che però rimangono ancora necessariamente incerti negli esiti, nei tempi e nel livello di successo e soddisfazione che si potrà raggiungere. È quasi inevitabile, perciò, che un tale passaggio venga sperimentato come ansiogeno e sofferto, attraversato da gemiti e mormorazioni, lamentele e conflitti. Nel consiglio pastorale parrocchiale, ad esempio, in questo momento di incertezza sulle soluzioni, potrebbero emergere recriminazioni e preoccupazioni, obiezioni e contrasti motivati da specifiche e proprie esigenze e interessi che ciascun soggetto vede minacciate o a rischio di perdita. Il parroco potrebbe dire: non è giusto che debba essere io a farmi carico dei problemi creati da altri… o anche: non è possibile che la nostra parrocchia non riesca a preparare i ragazzi ai sacramenti… o anche: cosa penserà di me il vescovo quando lo verrà a sapere?… Gli educatori potrebbero dire: non è giusto che siamo noi a dover rinunciare alla nostra vita associativa per farci carico di un servizio che di per sé non compete a noi…  o anche: la preparazione ai sacramenti che ci viene chiesto di fare ai ragazzi in realtà non serve a molto, perché dopo aver ricevuto i sacramenti i ragazzi se ne vanno dalla parrocchia… I genitori potrebbero dire: non è possibile continuare a frequentare una parrocchia che non è in grado di preparare i nostri figli ai sacramenti…  o anche: non possiamo essere noi – anche perché non ne abbiamo le competenze – a farci carico di un compito che è della parrocchia e del parroco o dei catechisti che deve riuscire a trovare lui…

Per affrontare questo tipo di situazioni conflittuali risulta fondamentale che tutti si impegnino in pratiche di reciproco ascolto attivo, cercando di salvaguardare e coltivare – in questa fase, delicata e potenzialmente pericolosa per la coesione del gruppo – una buona qualità delle relazioni interpersonali e cercando di promuovere la motivazione a lavorare insieme come consiglio pastorale. Superare questo momento critico consente di arrivare alla Fase 4, una fase di convergenza che richiede insieme risolutezza, valorizzazione dell’originalità e capacità di rimanere concentrati sul tema e di attuare una vera e propria co-progettazione, cioè una progettazione realizzata con la partecipazione cooperativa di tutti, che deve selezionare il meglio delle opzioni e degli assemblaggi di idee e proposte emersi in precedenza, per strutturare in modo creativo i diversi elementi, articolarli tra loro e adattarli al contesto. A questo punto è importante che vengano espressamente sottolineate la bontà delle idee e delle proposte che sono risultate dall’elaborazione comune, così come si deve curare l’inclusione e il consenso di ciascun partecipante nei processi che conducono verso la sintesi finale della Fase 5, quella di chiusura. Con la fase di chiusura, nel nostro caso, si arriva alla proposta del modo nel quale affrontare il problema del venir meno della disponibilità degli educatori che finora avevano garantito lo svolgimento della catechesi dei ragazzi in preparazione ai sacramenti. Una volta che si sia arrivati a una decisione, trovando una soluzione realistica e ritenuta soddisfacente da tutti i componenti il consiglio pastorale parrocchiale, gli impegni vanno definiti in modo tale che la loro programmazione e attuazione sia controllabile e che siano chiari i responsabili. Riuscire a confezionare un accordo in modo che sia quasi in grado di auto-realizzarsi consente di avere buone probabilità che l’impatto dell’accordo sulla realtà sia positivo e concreto: nel caso del nostro consiglio pastorale parrocchiale si tratta della proposta infine elaborata attraverso le cinque tappe e fasi del diamante di Kaner.

Riferimenti:

Una presentazione del diamante di Kaner si trova
(dal min. 01.08.00 al min. 01.17.40) nell’audio-video:
Stella Morra – Marianella Sclavi, Sinodalità: Quali pratiche?
pubblicato su YouTube il 17 maggio 2022
Si può trovare cercando: sinodalità sclavi.

Sam Kaner [et.al.], Facilitator’s guide to participatory decision-making, Jossey-Bass, San Francisco 2007.

Una sintesi (in lingua inglese) sul diamante di Kaner si trova digitando con un motore di ricerca: diamond of participation corrigan