Letture festive – 59. Consapevolezza – 1a domenica di Avvento – Anno A

Briciole dalla tavola. Vangelo per senza Dio

di Alberto Ganzerli
1a domenica di Avvento Anno A – 27 novembre 2022
Dal libro del profeta Isaìa – Is 2,1-5
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani – Rm 13,11-14a
Dal Vangelo secondo Matteo – Mt 24,37-44


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letture festive 59

Il tempo di Avvento del nuovo anno liturgico inizia con un invito alla consapevolezza che si esprime in una visione profetica. Questa – come tutte le visioni profetiche – intende offrire, attraverso una rappresentazione visionaria del futuro, un forte messaggio rivolto al presente, per suscitare nei destinatari nuova consapevolezza da cui possa scaturire rinnovato impegno. La visione di Isaia è quella di una convergenza di tutti i popoli verso il monte del tempio di Gerusalemme, per ricevere un insegnamento dal Signore e così imparare le sue vie e in che modo camminare nei suoi sentieri. Il nucleo di questo insegnamento, di questa legge e di questa parola, è costituito dalla consapevolezza della necessità di un superamento della guerra e del ricorso alle armi nelle controversie tra le nazioni, della necessità di una svolta nonviolenta nella gestione dei conflitti e di un’educazione all’arte della pace e non più all’arte della guerra. Solo con questa consapevolezza e con l’impegno concreto che ne deriva, simbolicamente espresso nella trasformazione delle armi in attrezzi per la coltivazione della terra e per la raccolta dei suoi frutti, sarà possibile un futuro di vita e di prosperità per tutti i popoli. Questa consapevolezza e questo impegno, da coltivare con perseveranza in ogni tempo, nell’attualità del momento presente acquistano, se possibile, importanza e urgenza ancora maggiore, tanto per i con Dio quanto per i senza Dio. Si potrebbe e si dovrebbe, infatti, raggiungere una piena consapevolezza del fatto che la visione di un comune futuro da costruire non è quella prodotta con le armi e attraverso il ricorso alla violenza, nella ricerca di una illusoria vittoria finale di qualcuno su qualcun altro, ma quella che fa convergere ogni popolo sull’impegno prioritario del garantire nutrimento sufficiente per tutti. Solo questo cammino di pace e di riconciliazione, di consapevole convergenza su ciò che è davvero irrinunciabile e quindi di un’operosità concorde per sfamare ogni affamato è il cammino che la consapevolezza profetica di Isaia intravede come illuminato dalla luce, dotato di significato e meritevole di impegno da parte di tutti i popoli.

L’invito di Paolo ai cristiani di Roma è quello di essere consapevoli dell’importanza del momento presente, in cui un’esperienza di salvezza si sta avvicinando, come fosse un nuovo giorno che si intravede nel suo sorgere, dopo una notte di oscurità. Coltivare questa consapevolezza richiede però uno stile di vita ben preciso e, in un certo senso, rigoroso. Non si tratta, però, di un invito moralistico a essere buoni o della necessità di una rettitudine etica che diventerebbe requisito necessario per essere salvati. Si tratta, piuttosto, di uno stile di vita che consenta di accrescere, coltivare e custodire la consapevolezza necessaria per riconoscere e accogliere la salvezza nel momento in cui si avvicina e si fa presente. In questa prospettiva, quindi, siamo invitati a leggere l’invito paolino a rifiutare i comportamenti viziosi, cui si oppongono, esplicitamente o implicitamente, comportamenti virtuosi: non la disonestà, che non si può permettere di mostrarsi, ma l’onestà che non deve nascondersi rende la consapevolezza libera di attendere la salvezza al suo apparire; non l’annebbiamento prodotto da ogni sorta di ubriachezza e stordimento, ma la sobrietà interiore consente una consapevolezza davvero lucida; non la confusione indistinta che le orge di ogni tipo promettono, ma il riconoscimento dell’altro nella sua soggettività è compatibile con una consapevolezza capace di riconoscere la realtà nelle sue differenze; non lo sfruttamento dell’altro per il proprio tornaconto egoistico, ma una relazione di amore dove il piacere e il dono sono reciproci alimenta una vera consapevolezza dell’altro oltre che di sé; non l’allontanamento prodotto da litigi e gelosie, ma la disponibilità al dialogo e alla riconciliazione orienta la consapevolezza delle relazioni interpersonali in modo costruttivo e fruttuoso. Anche le metafore delle armi della luce come opposte alle opere delle tenebre, dello svegliarsi come opposto al sonno e del rivestirsi del Signore Gesù come opposto al ritrovarsi nudi, vanno nella direzione di una consapevolezza da accrescere, coltivare e custodire.

Nel vangelo di Matteo la consapevolezza si collega al futuro della venuta del Figlio dell’uomo e al passato del tempo di Noè, appena prima del diluvio. Chi sia questo Figlio dell’uomo, di cui si attende la venuta, non viene dichiarato in modo esplicito: si può pensare allo stesso Gesù, ma si potrebbe pensare anche all’umanità futura. Se ci collochiamo da questo punto di osservazione, quello dell’umanità futura, il riferimento a Noè e al diluvio universale ci può suggerire una lettura del tema della consapevolezza alla luce dell’attuale emergenza climatica, legata al riscaldamento globale del nostro pianeta. Secondo la narrazione biblica, al tempo di Noè, nell’imminenza di quel diluvio che viene rappresentato come una catastrofe ambientale che distrugge ogni vita sulla terra, ciò che manca è precisamente la consapevolezza. Le persone, infatti, continuano a fare ciò che hanno sempre fatto e che è certamente necessario per la continuazione della vita: mangiare e bere, prendere moglie e prendere marito. Ma il problema è che lo fanno nello stesso modo in cui sono stati abituati a farlo, in un tempo che richiederebbe, invece, comportamenti e stili di vita che responsabilmente tengano conto e si facciano carico di quanto va con urgenza cambiato. L’emergenza climatica nella quale ormai ci troviamo non consente di immaginare l’avvento dell’umanità del futuro come un dato scontato, del quale chiunque potrà partecipare. Si tratta invece, per le prossime generazioni, della possibilità di essere presi o lasciati, salvati o sommersi, a seconda del modo in cui – fin da ora – si agisce nei diversi ambiti di vita, di utilizzo delle risorse e di modi di produzione di quanto serve alla prosecuzione della vita sulla terra. La consapevolezza della gravità del momento e del rischio che l’umanità del futuro rimanga travolta da un prossimo diluvio deve prevalere sulla inconsapevolezza che viene criticata nei contemporanei di Noè, i quali – in un modo che ci appare insieme incomprensibile e irresponsabile – non si accorsero di nulla. Solo se consapevole e rispettoso dei limiti del pianeta, infatti, l’incamminarsi verso il futuro nostro e dei nostri figli, nipoti e discendenti potrà svolgersi avendo sotto i piedi una terra ancora abitabile, per l’umanità e per tutti i viventi.