Letture festive – 68. Stile – Battesimo del Signore – Anno A

Briciole dalla tavola. Vangelo per senza Dio

di Alberto Ganzerli

Battesimo del Signore – Anno A – 8 gennaio 2023
Dal libro del profeta Isaìa – Is 42,1-4.6-7
Dagli Atti degli Apostoli – At 10,34-38
Dal Vangelo secondo Matteo – Mt 3,13-17


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letture festive 68

Questa festa del battesimo di Gesù ci invita a leggere i testi biblici come una presentazione dello stile che dovrebbe contraddistinguere i cristiani, tanto quelli con Dio quanto quelli senza Dio. Se infatti il battesimo nella narrazione evangelica introduce Gesù alla sua missione e se il sacramento del battesimo introduce i discepoli di Gesù alla loro identità, questa identità cristiana dovrebbe essere riconoscibile per il proprio specifico stile, soprattutto se – seguendo il teologo Christoph Theobald – volessimo intendere il cristianesimo stesso come stile. Uno stile cristiano che affonda le proprie radici nei testi profetici dell’Antico Testamento. Il brano di Isaia descrive lo stile di chi si mette a servizio per compiere una missione come uno stile capace di equilibrio tra due atteggiamenti fondamentali. Il primo atteggiamento che caratterizza questo stile è quello che riguarda giustizia e diritto e che si esprime in una chiamata per la giustizia. Tale chiamata è infatti orientata alla missione di proclamare il diritto con verità e di diffondere tale diritto tra le nazioni, fino alla sua affermazione su tutta la terra. La ricerca di giustizia e diritto richiede uno stile di fermezza e solidità, per evitare di venir meno e abbattersi nell’affrontare il compito e riuscire invece a portarlo a compimento. Ma questo stile si caratterizza anche per un secondo atteggiamento, dai tratti diversi e apparentemente opposti: quello di una voce sommessa, che non grida, né alza il tono, né si fa udire in piazza; quello di una delicatezza paziente nei confronti della fragilità, uno stile capace di non spezzare una canna già attraversata da crepe e di non spegnere uno stoppino la cui fiamma fatica a restare accesa. Solo la combinazione di questi due atteggiamenti, di solida fermezza e di paziente delicatezza, consente uno stile autorevole ed efficace, capace di insegnare, illuminare e liberare, aprendo gli occhi a chi non vede, facendo uscire verso una condizione di libertà chi si trova in una qualche condizione di prigionia.

Pietro nel discorso di Atti testimonia in prima persona uno stile cristiano caratterizzato insieme da apertura universalistica e da realistica concretezza. La prima apertura consiste nella consapevolezza di trovarsi in un percorso di apprendimento e di crescita ancora incompiuta, dove – come Pietro – ogni credente si rende conto gradualmente di aspetti che in precedenza non aveva presi in considerazione. La seconda apertura consiste nel sintonizzarsi con l’atteggiamento che si attribuisce a Dio stesso, il quale non fa preferenze di persone né di appartenenza nazionale o geografica, etnica o sociale, culturale o religiosa. Un’apertura che è bene espressa dall’affermazione che Gesù Cristo è il Signore di tutti, se la si intende non nel senso di una signoria che impone il proprio potere su ogni persona, ma nel senso di un’opportunità che nella figura di Gesù – e di ciò che questa figura può rappresentare in senso positivo – è offerta davvero a chiunque desideri farne esperienza, senza che gli venga posta alcuna preclusione o precondizione. Anche la concretezza realistica, che caratterizza insieme all’apertura lo stile cristiano testimoniato nel discorso di Pietro, si esprime in diversi modi, sia per i con Dio che per i senza Dio. Potremmo distinguere infatti, in questa concretezza, pratiche utili alla cura della propria interiorità spirituale – così potremmo interpretare ciò che Pietro indica come temere Dio – e pratiche di giustizia. Queste ultime possono andare dal prendersi cura degli altri, a partire dai più poveri, fino a tutte le pratiche in grado di promuovere il cammino verso un mondo più giusto e abitabile per tutti i viventi. Ma vi è un altro elemento di concretezza che caratterizza lo stile cristiano, aprendolo all’universalità: si tratta del riferimento alla collocazione geografica e temporale che – riprendendo la narrazione evangelica – Atti sottolinea nel racconto della vicenda di Gesù. Lo stile cristiano infatti – nonostante le importanti difficoltà che incontra ogni ricostruzione storiografica delle origini cristiane – si radica comunque nel vissuto storico di comunità di credenti con specifiche collocazioni e connotazioni temporali, geografiche e culturali, che anziché impedirne l’apertura universalistica, hanno reso tale apertura storicamente possibile dai primi secoli fino a noi.

Lo stile di Gesù, che Matteo sembra invitarci ad apprezzare e a imitare nel suo racconto del battesimo, è uno stile sapientemente realistico e insieme umilmente determinato. Davanti all’obiezione di Giovanni che, per un malinteso rispetto delle gerarchie spirituali e delle subordinazioni rituali, si dichiara riluttante a battezzare Gesù, lo stesso Gesù offre una risposta misteriosa ma profonda: Lascia fare ora perché conviene che adempiamo ogni giustizia. Nel dinamismo che il racconto evangelico – a partire dai suoi personaggi – è in grado di innescare in noi, suoi lettori, vi sono, infatti, un momento opportuno, una storia in cerca di compimento, un’adeguatezza nel modularsi delle relazioni umane che vanno riconosciute e rispettate, comportandosi, in questo senso, con giustizia. Solo questo stile, sapientemente realistico e umilmente determinato, consente a Gesù – e in qualche modo anche a noi suoi discepoli, se ne riproponiamo lo stile – una profonda esperienza battesimale, sperimentabile tanto dai con Dio quanto dai senza Dio. Si tratta – con l’uscita dalle acque del battesimo – dell’esperienza interiore e liberante della disponibilità a compiere il proprio esodo. Si tratta – con l’aprirsi dei cieli delle Scritture e il raggiungerci di parole incoraggianti e credibili, insieme a una rinnovata forza di Spirito – dell’esperienza interiore e fortificante del sentirsi apprezzati e amati. E questo è, senza alcun dubbio, il modo migliore per essere introdotti, sempre di nuovo, facendo memoria dell’acqua del nostro battesimo, nella vita, la nostra e quella degli altri viventi con i quali condividiamo il pianeta.

Conor WaltonPreaching to the Converted, olio su tela, 180 x 120cm, 2019, Collezione dell’Artista
Una presentazione di questa rappresentazione/re-interpretazione del battesimo di Gesù si può trovare (oltre che sul sito ufficiale di Conor Walton) anche in questo sito del Centro Informazione Biblica, cercando:
riflessioni teologiche 13. Le pale d’altare per senza Dio di Conor Walton