Riflessioni teologiche – 84. La proposta metodologica di Albert Schweitzer nella controversia sul Gesù storico

Briciole dalla tavola. Vangelo per senza Dio

di Alberto Ganzerli

Nel capitolo 23 della sua Storia della ricerca sulla vita di Gesù Albert Schweitzer, critica con severità i negatori dell’esistenza storica di Gesù, sia per i loro atteggiamenti che per l’inadeguatezza metodologica della loro ricerca scientifica. Ma Schweitzer critica anche i difensori della storicità di Gesù, per la superficialità delle loro argomentazioni, per l’impostazione apologetica e per l’incapacità di porre il problema del Gesù storico in tutta la sua ampiezza. La proposta metodologica di Albert Schweitzer parte dal riconoscimento che nella complessità del problema del Gesù storico si devono distinguere quattro questioni principali: quella filosofica-religiosa e quella storico-dogmatica, che riguardano l’ambito della riflessione teologica; quella storico-religiosa e quella storico-letteraria, che riguardano l’ambito scientifico della ricerca storico. Ma il primo passo richiesto per affrontate adeguatamente il tema del Gesù storico è anzitutto quello di superare la confusione che purtroppo nella discussione ha portato a confondere tali questioni l’una con l’altra.


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Albert Schweitzer apre il capitolo 23 della sua Storia della ricerca sulla vita di Gesù con una severa critica alla quale sottopone i negatori dell’esistenza storica di Gesù. Oggetto delle sue osservazioni sono sia l’atteggiamento con il quale questi studiosi hanno condotto la loro contestazione della storicità di Gesù sia l’inadeguatezza metodologica della loro ricerca scientifica. Sul primo aspetto Schweitzer afferma: «L’esistenza o inesistenza di Gesù sono state al centro di un dibattito il cui tono non onora la cultura del ventesimo secolo. Sono responsabili di questa situazione i contestatori della storicità del Nazareno, i quali, senza essere provocati, hanno assunto subito un atteggiamento di sfida, come se essi soli avessero l’ardire di levare la voce in difesa della verità e i “teologi”, invece, paurosi e miopi, continuassero a difendere l’esistenza di Gesù e non osassero trarre le naturali conseguenze che la ricerca più recente ormai impone. […] Nell’atteggiamento eroico dei negatori della storicità di Gesù, vi è una certa dose di demagogia […]. Perché richiamarsi alle masse se la questione proposta alla discussione può venir dibattuta solo da un pubblico colto?». Sul secondo aspetto Albert Schweitzer scrive che: «i contestatori della storicità di Gesù […] nella presentazione e nello sviluppo della loro teoria procedevano senza un piano preciso ed erano interessati a raggruppare le critiche e le affermazioni in maniera sensazionale piuttosto che a esaminarle e a giustificarle realmente. […] I negatori della storicità di Gesù sono convinti di compiere una missione religiosa e filosofica. Fanno come se la grande questione del significato positivo o negativo della personalità di Gesù fosse stata posta per la prima volta e già decisa dalla loro ipotesi presentata come un dato di fatto incontestabile».

Ma Albert Schweitzer critica anche i difensori della storicità di Gesù, quando afferma che «nella polemica, la teologia moderna […non è stata] completamente all’altezza della situazione. Sentendosi troppo investita della missione di combattere gli eretici, e di tutelare le masse, diede alle cose un significato che in realtà non avevano e cadde talvolta nel patetico. […] Le confutazioni apparivano quasi troppo sollecitate e troppo numerose. Per l’osservatore spassionato gli avvenimenti erano molto istruttivi perché gli permettevano di farsi un’idea delle polemiche gnostiche della metà del secondo secolo d.C. La mentalità di parecchi teologi liberali cominciò a presentare strane e sospette analogie con quella dei padri della chiesa che confutavano gli eretici perché come loro si sentivano chiamati a difendere la salvezza delle anime della massa indifesa di fronte all’astuzia dei seduttori». Anche per questo la valutazione complessiva di Schweitzer è che «il significato scientifico degli scritti polemici per e contro la storicità di Gesù è in genere di poco valore e talvolta sorprendentemente ridotto in relazione ai loro autori, perché questi testi, redatti frettolosamente, si rivolgono a un pubblico sempre più vasto […] Nel corso della discussione gli avversari si rinfacciano in sostanza i propri errori. I negatori della storicità di Gesù evidenziano le diverse e gravi brutte figure fatte per anni dalla teologia moderna con le sue facili volgarizzazioni; i difensori della visione tradizionale illustrano l’insufficienza delle ipotesi filologiche e storiche degli avversari. Come accadde nelle polemiche gnostiche, ci si è limitati a discutere gli aspetti esterni e più evidenti, senza mai cercare di porre il problema in tutta la sua ampiezza».

Per superare i limiti e gli errori accumulatisi nel corso di questa controversia e scegliere un approccio scientifico che, anche sul piano metodologico, consenta di affrontare adeguatamente il tema della storicità o non-storicità di Gesù, secondo Albert Schweitzer, si dovrebbe anzitutto riconoscere che «tale complessità del problema è costituita da quattro questioni principali: una filosofica-religiosa, una storico-religiosa, una storico-dogmatica e una storico-letteraria». Ma purtroppo «nella discussione tali questioni sono state confuse l’una con l’altra e i responsabili di questo disordine sono in primo luogo i contestatori della storicità di Gesù». Schweitzer sembra voler giustamente distinguere il piano teologico, che suppone un approccio credente, da quello storico che richiede un atteggiamento laico e non confessionale. Sul piano teologico, infatti, «la questione filosofico-religiosa è la più generale e la più importante perché la sua soluzione decide il senso e il valore della discussione e orienta sulla parzialità e imparzialità dei contendenti». Chiede quindi Schweitzer: «Da un punto di vista puramente teoretico, quale posizione assume nella religione cristiana, o in una religione più o meno cristianamente costruita, la personalità di Gesù descritta nei vangeli? In che senso ne è il fondamento o un elemento? Quali sarebbero le conseguenze di una sua eventuale perdita, se la moderna religiosità la trovasse insoddisfacente ed estranea o se la sua esistenza venisse posta universalmente in dubbio?». A questa prima questione filosofico-religiosa si collega strettamente «la questione storico-dogmatica [che] deve poi verificare se sia possibile accordare le ipotesi elaborate in questa prospettiva sulla nascita del cristianesimo con lo sviluppo ulteriore delle sue concezioni dottrinali». Sul piano della ricerca scientifica storica e non confessionale, invece, «da un punto di vista di storia della religione è da esaminare se intorno agli inizi dell’era cristiana possa essere esistito un movimento sincretistico, orientale-greco-giudaico, che abbia pensato l’idea di un dio redentore che muore e risorge e gli abbia attribuito in seguito un’esistenza storica come viene descritta nei vangeli». A questa questione storico-religiosa si collega strettamente «la questione storico-letteraria [che] esige che si prenda una decisione obbiettiva circa il problema seguente: i racconti dei vangeli devono venir interpretati come tradizioni scritte che narrano opere di una personalità storica tardogiudaica o devono essere considerate come prodotti artificiali – che si tratti di miti irrigiditi in storia o di narrazioni simboliche?». Dopo avere impostato il problema operando queste distinzioni Albert Schweitzer, a partire da alcuni passaggi ritenuti decisivi, formula la sua proposta, che presenta, come vedremo, diversi elementi di grande interesse e – per certi versi – ancora attuali.

Riferimenti:

Albert Schweitzer, Storia della ricerca sulla vita di Gesù, Paideia Editrice, Brescia 1986 (1° ediz. tedesca del 1906, 2° ediz. ampliata 1913)
I testi citati sono tratti dal capitolo 23