Riflessioni teologiche – 88. Intermezzo: Thomas L. Brodie e la rivoluzione copernicana di una cristologia senza Gesù storico

Briciole dalla tavola. Vangelo per senza Dio

di Alberto Ganzerli

Il biblista domenicano irlandese Thomas L. Brodie ha pubblicato nel 2012 un libro intitolato Oltre la ricerca sul Gesù storico. Autobiografia di una scoperta, nel quale sostiene di essere giunto nella prima metà degli anni Settanta del Novecento alla convinzione, basata sui propri studi biblici, che Gesù non sia mai esistito come individuo storico nella Palestina del primo secolo. Ciò non significa, secondo Brodie, che la sua figura vada eliminata, ma che deve essere sottoposta a una sorta di rivoluzione copernicana, simile a quella per cui si è arrivati a riconoscere infine, con fatica e in tempi molto lunghi, anche da parte della Chiesa, che il pianeta Terra non si trova al centro del cosmo e che l’azione creatrice da parte di Dio andava interpretata diversamente da come si era pensato in precedenza. La stessa definizione del Concilio di Calcedonia riguardante le due nature di Gesù Cristo, del resto, non va considerata come la fine, ma come l’inizio della comprensione della sua figura. La figura di Gesù Cristo, secondo Brodie, può e deve rimanere centrale anche per i credenti cristiani di oggi come “immagine dell’invisibile Dio”, pur non avendo alla base una persona storicamente esistita.


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Per provare a delineare, in questo intermezzo, alcuni tratti di una cristologia che sia possibile e praticabile anche senza presupporre un Gesù storico, anzi ipotizzando la sua probabile non-esistenza storica, il testo da cui partire è il volume pubblicato nel 2012 in Gran Bretagna dal biblista domenicano irlandese Thomas L. Brodie, intitolato: Oltre la ricerca sul Gesù storico. Autobiografia di una scoperta. Del contenuto delle ipotesi esegetiche e storiche che il libro propone ci occuperemo quando presenteremo le attuali teorie sulla non-esistenza storica di Gesù, mentre in questo intermezzo ci limitiamo all’Introduzione e ai capitoli conclusivi del libro stesso. Questi, infatti, delineano i termini fondamentali della problematica più propriamente teologica e cristologica del volume, che si sviluppa non come un trattato sistematico ma come un’autobiografia intellettuale, teologica e spirituale. Brodie apre il suo libro con queste parole riferite a Copernico: «Quando Copernico compì 70 anni si dedicò alla pubblicazione della sua teoria che la terra non era il centro dell’universo e poi morì. Io non sono Copernico, ma ho 70 anni e se voglio offrire un sincero resoconto del mio lavoro è meglio lo faccia ora. […] L’essenziale di ciò che voglio dire è semplice. Essendo entrato nei Domenicani perché mi sembrava la cosa giusta da fare ed essendo stato assegnato agli studi biblici, vi fu un periodo della mia vita, dal 1972 al 1975, che mi pose davanti a prove schiaccianti del fatto che, mentre Dio è presente nella creazione e nella vita umana di ogni giorno, i racconti biblici su Gesù sono narrativa anziché storia. I racconti si presentano infatti come fossero storici, composti in parte come alcuni dei resoconti storici o come alcune delle biografie del mondo antico, e riflettono sia aspetti fattuali del primo secolo che la presenza di Dio nella storia e nelle persone, ma tali racconti sono essenzialmente simbolici e non fattuali. L’idea non è nuova, ma nuove evidenze – dai recenti studi letterari che ricostruiscono la trasformazione delle fonti e i metodi di composizione – fanno pendere la bilancia decisamente in favore di questa idea. Il simbolismo non è cosa da poco e aiuta a condurre la realtà al proprio essere. Ma nel caso del simbolismo non abbiamo a che fare con uno specifico evento storico».

Fatte queste affermazioni, Brodie sottolinea tuttavia che esse non comportano l’eliminazione di Gesù e stabilisce, sempre richiamandosi a Copernico, un parallelismo tra Gesù e il pianeta Terra, entrambi da percepire in modo diverso e ridimensionato, ma non per questo da eliminare. Afferma infatti Brodie: «Dire che Gesù non esiste come individuo storico non significa che egli sia stato eliminato. Copernico non ha eliminato la Terra. Egli l’ha vista semplicemente in un modo nuovo, diverso da quello lasciato intendere dalla Bibbia. Analogamente anche Gesù non viene eliminato, ma visto in un modo nuovo. Rimane vero, comunque, che Copernico risultò sconvolgente, proponendo [quello che qualcuno ha definito] il più straordinario capovolgimento di percezione che abbia mai agitato il pensiero umano. Sembrò letteralmente togliere il terreno da sotto i piedi. La Terra perse il suo posto centrale e perse una parte della sua solidità […] Anche Gesù perde un aspetto della sua solidità, ma non perde il suo posto centrale. In realtà, il suo posto centrale in quanto “immagine dell’invisibile Dio” può diventare più evidente che mai». A questo punto Brodie introduce un riferimento al dogma di Calcedonia sulle due nature, divina e umana, di Cristo, ricordando che si tratta di un punto di partenza e non di arrivo per la cristologia. Afferma infatti Brodie: «Potrebbe sembrare che il modo di comprendere Cristo sia stata deciso molto tempo fa nei grandi Concili. Ma Timothy Radcliffe, quando era a capo dell’Ordine Domenicano, ricordava da studente la propria “vertiginosa eccitazione nello scoprire che il Concilio di Calcedonia non rappresentava la conclusione della nostra ricerca per comprendere il mistero di Cristo, bensì un altro inizio, facendo esplodere, come fossero minuscole scatole, tutte le piccole soluzioni coerenti nelle quali avevamo cercato di costringerlo”. L’idea di un altro inizio è tanto più plausibile per il fatto che i primi secoli cristiani collegavano la comprensione di Cristo alla comprensione della creazione e da vari punti di vista il nostro senso della creazione è considerevolmente cambiato. Gli inizi sono difficoltosi [… – prosegue Brodie –] Ma sembra opportuno che questa parte di questo nuovo inizio debba essere una rinnovata comprensione del significato di Cristo e anche se il viaggio in avanti sembra pieno di sfide, è meglio non tornare indietro. Gli Irochesi, nel considerare l’impatto delle proprie azioni e decisioni, cercano di pensare sette generazioni avanti. Così possiamo fare anche noi. La narrazione evangelica, quindi, non è la storia di un individuo che visse duemila anni fa, è la storia di un’esistenza vitale che è al lavoro da quando il tempo è iniziato, ma che divenne decisamente chiara per molte persone duemila anni fa».

Nel capitolo 20 del suo libro e riprendendo i temi delineati nell’Introduzione, Brodie arriva a porre la domanda teologica e cristologica decisiva: «È possibile per un cristiano credente accettare che Gesù Cristo non sia mai esistito come uno specifico individuo storico? A prima vista sembrerebbe di no. Il significato di Gesù come un individuo storico non è soltanto nel nostro cervello. Per molti è anche nelle ossa e nell’anima. Moltissimi cristiani si sentono connessi in qualche modo a Gesù e alla storia. E secondo il Credo cristiano, Gesù “ha sofferto sotto Ponzio Pilato”». La risposta che invece Brodie propone di dare a questa domanda muove da una sorta di dubbio espresso in questi termini: «Ma forse il cristianesimo al quale siamo abituati non è l’ultima parola. Abramo Lincoln disse una volta che ciò che noi abbiamo sono solo piccole dosi di cristianesimo, sufficienti per vaccinarci contro di esso». Brodie prosegue richiamando una propria riflessione risalente al 2009: «Il ripensamento del ruolo del pianeta Terra (da parte di Copernico e Galileo) offre un precedente per il ripensamento del ruolo di Cristo. Il cosmo e Cristo sono due grandi manifestazioni di Dio e della Parola di Dio. Nella Bibbia la Terra era al cuore della creazione divina e Cristo porta una nuova creazione. E come si è dovuto ripensare il ruolo della Terra nel cosmo, così si deve ripensare anche il ruolo di Cristo. Ripensare la Terra non è stato semplice. Solo nel 1984, con papa Giovanni Paolo II, la Chiesa Cattolica ha fatto ufficialmente pace con Galileo e ci vorrà del tempo per ripensare il ruolo di Cristo. Ma ciò che è essenziale è che il lento processo di ripensamento della creazione divina offra un precedente per ripensare il Cristo di Dio. La prospettiva di venire allontanati dal Gesù storico che ci è familiare può sembrare oscura e rappresentare una sfida eccessiva, ma la Terra non se ne è andata via e non lo farà neppure il vero significato della presenza di Gesù Cristo. Al contrario, [– conclude Brodie –] in un tempo nel quale la rappresentazione di Cristo si trova costretta entro limiti angusti – nei film, nei racconti e persino negli studi – vi è la possibilità di avvicinarsi al vero significato di Gesù».

Riferimenti:

Thomas L. Brodie, Beyond the Quest for the Historical Jesus. Memoir of a Discovery, Sheffield Phoenix Press, Sheffield UK, 2012.

I testi citati sono tratti (in una mia traduzione) dall’Introduzione, pag. XIII e XIV e dal capitolo 20 del libro.