Riflessioni teologiche – 93. Intermezzo: la teologia secondo David Tracy e le condizioni epistemologiche di una teologia non-teistica

Briciole dalla tavola. Vangelo per senza Dio

di Alberto Ganzerli

La definizione da parte del teologo David Tracy di teologia come del «tentativo di stabilire delle correlazioni reciprocamente critiche tra una interpretazione della tradizione cristiana e una interpretazione della situazione contemporanea» può essere applicata sia a teologie teistiche sia a teologie non-teistiche, sia a teologie che ritengono Gesù sia esistito storicamente sia a teologie che lo ritengono improbabile. Grazie alla reciprocità di critica tra tradizione cristiana e situazione contemporanea e grazie alla pluralità di interpretazioni consentite e richieste dalla tradizione cristiana e dalla situazione contemporanea, i tentativi di elaborare una teologia non-teistica possono consentire, da una parte, nuove interpretazioni della tradizione cristiana e, dall’altra, rinnovati contributi della tradizione cristiana alle interpretazioni della situazione contemporanea.


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riflessioni teologiche 93

Dopo aver indicato condizioni di necessità e requisiti di una teologia non-teistica e di una cristologia non-teistica che ritiene improbabile l’esistenza storica di Gesù, rimane da affrontare la domanda fondamentale che riguarda caratteristiche e fondatezza delle loro condizioni epistemologiche e cioè caratteristiche e fondatezza del tipo di sapere teologico che questa teologia e cristologia possono esprimere, per poi verificare se questo sapere teologico sia in grado di corrispondere ai tre requisiti che abbiamo indicato. Mi pare si possa individuare come punto di partenza per descrivere i tratti di questo sapere teologico la definizione di teologia che il teologo cattolico statunitense David Tracy ha proposto in un suo testo dei primi anni Ottanta del secolo scorso: «La teologia è il tentativo di stabilire delle correlazioni reciprocamente critiche tra una interpretazione della tradizione cristiana e una interpretazione della situazione contemporanea». Forse, più che di una definizione di teologia, si dovrebbe parlare in questo caso di una meta-definizione, in grado di ricomprendere una pluralità di teologie e di pratiche teologiche, anche molto diverse tra loro. Ciò non significa, tuttavia, che si tratti di una definizione generica o non sufficientemente precisa nell’indicare il tipo di sapere e di pratica teologica a cui intende riferirsi. In questa meta-definizione troviamo, infatti, sia alcune costanti che si riferiscono alla specificità del sapere teologico e consentono di individuarne l’identità, sia alcune variabili che consentono di includere elementi e fattori anche molto diversi tra loro, che spiegano e giustificano, anche sul piano epistemologico, una possibile grande varietà e differenza tra singole e specifiche teologie e pratiche teologiche. Va detto che alla base di questa meta-definizione di teologia si trovano implicitamente meta-definizioni di che cosa siano il messaggio evangelico, l’esperienza comunitaria, la celebrazione liturgica, il vissuto ecclesiale, l’impegno verso i poveri e lo specifico stile cristiano, originatisi a partire dalle primitive comunità cristiane del primo secolo e giunti fino a noi attraverso una vicenda complessivamente bimillenaria. Già in tutti questi casi si potrebbe parlare, infatti, di messaggi, esperienze, celebrazioni, vissuti, impegno e stile cristiano, nei quali interpretazioni della tradizione cristiana e interpretazioni della situazione contemporanea sono state poste e vengono continuamente poste in correlazioni reciprocamente critiche.

David Tracy non è certamente un teologo non-teista e non è neppure un teologo che ritiene improbabile l’esistenza storica di Gesù, ma questa sua definizione di teologia – a mio avviso – può essere utilizzata per descrivere tanto il sapere delle teologie teistiche quanto il sapere delle teologie non-teistiche. L’esistenza di Dio, inteso in senso teistico, infatti, così come l’esistenza di un Gesù storicamente vissuto nella Palestina del primo secolo, sono elementi che non vengono necessariamente inclusi né vengono necessariamente esclusi da questa definizione, che fa riferimento a una interpretazione della tradizione cristiana e a una interpretazione della situazione contemporanea. In questa definizione di teologia, per tradizione cristiana potremmo intendere tutto ciò che di rilevante e significativo è stato tramandato all’interno dell’esperienza cristiana ed ecclesiale dalle origini ad oggi, a partire dalle Scritture bibliche prodotte anch’esse nella prima fase di questa tradizione, che ha in qualche modo ereditato a propria volta le Scritture e le tradizioni ebraiche. La figura di Dio e la figura di Gesù fanno certamente parte di questa tradizione, ma anch’esse vanno interpretate, sia nel caso si intenda la figura di Dio come reale in senso teistico e la figura di Gesù come storicamente esistita, sia nel caso si intenda la figura di Dio in un senso non-teistico, in termini che la teologia non-teistica dovrà precisare, e la figura di Gesù come storicamente non esistita, ma comunque piena di significato e di valore, in termini che la relativa cristologia non-teistica dovrà precisare. Sempre in questa definizione di teologia, per situazione contemporanea potremmo intendere tutto ciò che di rilevante e significativo ha fatto parte della situazione contemporanea a chi – di volta in volta nel corso della storia – ha tentato di fare teologia. E ciò includendo la specifica situazione storica e geografica, politica e sociale, culturale ed ecclesiale, scientifica e filosofica. Ebbene, in ogni tempo il tentativo messo in atto dalla teologia consiste precisamente nel far interagire questi due elementi – tradizione cristiana e situazione contemporanea – utilizzando due strumenti fondamentali: il primo strumento è quello dell’ermeneutica, cioè di quella pratica che cerca quale sia l’interpretazione migliore e più adeguata di un testo o di un determinato aspetto della realtà, per coglierne il significato; il secondo strumento è quello della critica, cioè di quella pratica che sottopone a indagine rigorosa e argomentata un testo o un determinato aspetto della realtà, per evidenziarne limiti e debolezze e vagliarne la validità e la corrispondenza rispetto alle finalità dichiarate o presunte o attese.

La specificità dell’approccio teologico proposto in questa definizione di Tracy si può riconoscere in due aspetti particolari:  da una parte, la sottolineatura di come la critica debba essere reciproca – e cioè non a senso unico, come sarebbe ad esempio se si partisse unicamente dalla tradizione e la critica fosse rivolta unicamente nei confronti della situazione contemporanea – e, dall’altra, di come – tanto per la tradizione quanto per la situazione contemporanea – si tratti di una tra le interpretazioni possibili, lasciando intendere, perciò, che vi possa essere una pluralità di interpretazioni tanto della tradizione quando della situazione contemporanea. Nel caso di una teologia non-teistica e di una cristologia non-teistica che ritiene improbabile l’esistenza storica di Gesù, il tentativo della teologia si trova anzitutto nella necessità di dover esercitare la propria critica nei confronti di una interpretazione della tradizione cristiana e di doverlo fare a partire da una interpretazione della situazione contemporanea che conduce il teologo a ritenere convincenti una serie di argomentazioni di matrice filosofica, scientifica o storica, che affermano la non-esistenza di Dio e la probabile non-esistenza storica di Gesù. Si tratta, quindi, di una tra le tante possibili interpretazioni della situazione contemporanea, una interpretazione che valorizza e ritiene affidabili e fondate alcune determinate argomentazioni tra le tante possibili ed esistenti, argomentazioni che, per il teologo che le trova convincenti, diventa doveroso utilizzare per esercitare la propria critica nei confronti di una determinata interpretazione della tradizione cristiana, l’interpretazione – anche oggi certamente maggioritaria – di una teologia teistica e di una cristologia convinta dell’esistenza storica di Gesù. La critica nei confronti della tradizione cristiana per quanto riguarda l’interpretazione teistica e la cristologia che suppone la storicità di Gesù, ha lo scopo di produrre una nuova interpretazione della medesima tradizione cristiana, un’interpretazione compatibile con le concezioni non-teistiche e con le concezioni che ritengono improbabile l’esistenza storica di Gesù. Questa nuova interpretazione della tradizione cristiana – una tra le diverse interpretazioni possibili – dovrebbe poi essere in grado di esercitare una positiva funzione critica nei confronti della interpretazione della situazione contemporanea nella quale il teologo si riconosce. Il messaggio evangelico in buona sostanza – anche nella sua interpretazione non-teistica e nell’interpretazione che ritiene improbabile l’esistenza storica di Gesù – dovrebbe poter illuminare e interpretare, criticare e orientare, rinnovare e trasformare con la propria specificità cristiana, l’interpretazione della situazione contemporanea nella quale si trovano a vivere il teologo non-teista che dubita del Gesù storico e la comunità ecclesiale alla quale questo stesso teologo appartiene.

Riferimenti:

La definizione di teologia di David Tracy è quella citata da C.R. Bråkenhielm, La tradizione cristiana e la società contemporanea, «Concilium», XXX, 6 (1994), p. 45,
tratta da
David Tracy, 1.Theological Method, in Peter C. Hodgson – Robert H. King (edd.), Christian Theology. An Introduction to Its Traditions and Tasks, Fortress, Philadelphia 19892 (19821), pp. 35-60, p. 36
(Il volume è consultabile online sul sito della biblioteca digitale di Internet Archive)

Una breve presentazione in lingua italiana della teologia di David Tracy si può trovare in
Massimo Nardello, La legittimità e il ruolo della teologia cristiana nel contesto pubblico. In dialogo con la visione di David Tracy, «Rassegna di Teologia», 61 (2020) 459-482.