La sofferenza nella sacra scrittura
1° Incontro Luca Mazzinghi – Vai
2° Incontro Ermenegildo Manicardi – Vai
3° Incontro Giacomo Morandi – Vai
Luca Mazzinghi
1. «Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremmo accettare anche il male?» (Gb 2,10) – La sofferenza di Giobbe
La vera domanda del satana all’inizio del libro è: Giobbe (dunque: l’uomo) è religioso perché gli conviene o per fede? Perché è facile essere credenti quando tutto va bene; la prova è essere credenti quando tutto va male! Colpito da terribili sciagure, Giobbe discute sul problema: come può esistere un dio che lo punisce benché egli sia innocente? Vuole arrivare alla radice del problema, chiedendosi come possa esistere Dio se esiste il male. Dunque Giobbe non è un ateo, ma è uno che non riesce a capire come Dio possa essere in “quel” modo e perché Dio resti muto alle sue proteste. Gli preme incontrarsi faccia a faccia col Dio in cui ha sempre sperato; quando lo farà, si accorgerà che Dio è proprio come lui se Lo immaginava! Dio non è come sostengono i tre amici con cui discute, ma gli viene incontro e gli si mostra. Quindi alla fine Giobbe può affermare: «Prima ti conoscevo per sentito dire, ora ti conosco perché ti ho visto».
Ermenegildo Manicardi
2. «Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori» (Is 53,10)– La sofferenza di Gesù
Per Gesù il dolore è oscuro, poiché il dolore è sempre oscuro. Il suo dolore è vissuto non nel dubbio dell’esistenza di Dio, ma in una sua incomprensibile lontananza. Gesù soffre a causa della realtà che circonda l’uomo e che è anche l’uomo stesso; dunque il dolore non viene semplicemente da Dio che lo infligge. Il disegno (quindi il dolore) della morte di Gesù viene sì da Dio, ma la morte di Gesù non viene solo da Dio, bensì anche da ciò che gli uomini che sono stati con lui. Dalla vicenda di Gesù si apprende che Dio non rifiuta chi è nel dolore: vedendo Gesù soffrire in croce, si impara che Dio non ha paura di chi soffre. Inoltre, se viene accettato, il dolore apre l’uomo alla realtà che sta fuori di lui: sulla croce Gesù deve accettare Dio così come è. Per un cristiano “accettare il dolore” significa assumere la realtà con tutte le incertezze, le malattie, ecc. Si tratta di assumere e di accettare la realtà così come veramente è e, per un cristiano, si tratta dunque non di ignorarla, ma di viverla con Gesù che è morto e risorto per lui.
Giacomo Morandi
3. «Beati voi quando vi perseguiteranno» (Mt 5,11) – La sofferenza del discepolo
La sofferenza è vista come un dato ineludibile nella vita apostolica del discepolo che si pone alla sequela di Gesù: ogni discepolo deve «prendere la sua croce». Paolo non è solamente un missionario che predica con tanto successo, ma è pure un apostolo perseguitato e isolato. Tanto che i grandi concetti e le idee teologiche che hanno reso accessibile la rivelazione di Cristo sono maturati sotto la pressione di incessanti attacchi e persecuzioni. “Persecuzione” e “confessione” sono elementi inseparabili nella vita di Paolo. Il discepolo non sceglie la sofferenza, ma – come Paolo – è un innamorato di Cristo; e lo stare con Gesù conduce il discepolo a comprendere che l’evangelizzazione avviene nella morte e nel dono di sé. Allora sia la sofferenza che il discepolo sperimenta dentro di sé per l’inadeguatezza di ciò che è rispetto a Cristo, sia la sofferenza che incontra nell’opposizione all’esterno e all’interno, sono sempre motivate dalla fedeltà al Vangelo e all’annuncio