Il ministero dell’accolito

Germogli

germogli” è una collanina, nata quasi per caso, dopo una riunione nella quale mi era stato chiesto di proporre una breve meditazione;

germogli” è una cosa piccolissima, debole, un timido inizio, niente di ambizioso;

germogli” ha la pretesa di mettere in comune qualche passo nel cammino di fede guardando alla Scrittura e sapendo che «né chi pianta è qualcosa, né lo è chi irriga, ma è Dio che fa crescere» (1Cor 3,7).

Alberto Bigarelli

di Alberto bigarelli

 

  1. Il termine accolito deriva dal greco. La forma verbale corrispondente (akoloutheo) significa: andare dietro, seguire, accompagnare. Nel linguaggio del Nuovo Testamento è designato in questo modo il discepolo, cioè è colui che segue materialmente e spiritualmente il maestro. Dell’accolito in senso liturgico sentiamo parlare per la prima volta nel sec. III. In una nota lettera indirizzata al presbitero Fabiano di Antiochia, papa Cornelio afferma che nella Chiesa romana vi sono 46 presbiteri, 7 diaconi, 7 suddiaconi, 42 accoliti e 53 esorcisti, lettori e ostiari (cf. Eusebio di Cesarea, Hist. eccl., I Epist. ad Fabium, VI, 43,11). Liste simili ne troviamo anche in seguito. Nel sec. VI gli accoliti acquistarono a Roma un’importanza ancora maggiore: aiutavano all’altare i diaconi e il presidente dell’assemblea; portavano le offerte e i vasi sacri ed erano a loro disposizione per il compimento dei servizi da prestare al popolo (cf. G. Diacono, Epist. ad Senarium, PL 59,405).

Documenti liturgici veri e propri relativi all’accolitato risalgono tuttavia solo a un periodo più recente e trovano infine il loro ricono-scimento ufficiale nel rito di ordinazione del sec. VIII. Secondo questo rito il candidato veniva chiamato a svolgere il servizio dell’accolito con una preghiera di benedizione e la consegna di un sacchetto di lino destinato a contenere l’Eucaristia che, dopo la frazione del pane, gli veniva consegnata per essere portata ai malati (fermentum). Col passar del tempo, e precisamente dall’alto medioevo, la liturgia cominciò a perdere i tratti della celebrazione comunitaria, si fece sempre più strada la Messa “privata” e, inevitabilmente, anche la funzione dell’accolito si ridusse. Egli diventò via via un semplice “inserviente” del prete che ormai celebrava da solo, mentre nella celebrazione solenne mantenne l’incombenza di portare i ceri e servire all’altare.

In questa forma l’accolitato costituì fino a pochi anni or sono il grado più alto degli «ordini minori». Il ministero dell’accolito, una volta autonomo e permanente, era diventato nel corso del tempo una tappa verso l’ordinazione sacerdotale. Per quanto fosse cosa ragionevole che un sacerdote venisse preparato in maniera graduale ai compiti del suo ufficio, tuttavia in questo modo i ministeri liturgici persero la loro indipendenza e il loro senso originario. Essi furono conferiti solo più a chierici e in previsione della loro futura ordinazione sacerdotale; appunto per questo furono anche detti «ordini minori» e considerati come articolazione del sacramento dell’ordine.

I ministeri liturgici veri e propri, come ad esempio il servizio all’altare, furono svolti da altri, senza che avesse luogo una iniziazione e un’investitura liturgica. Si ebbero così ordini, cui non corrispondeva alcuna funzione, e funzioni che mancavano dell‘ “ordine”.

 

  1. Il ministero dell’accolito fu ripristinato nel 1972. Nella lettera apostolica di Paolo VI Ministeria quaedam leggiamo: «L’accolito è istituito per aiutare il diacono e per fare da ministro al sacerdote. È dunque suo compito curare il servizio dell’altare, aiutare il diacono e il sacerdote nelle azioni liturgiche, specialmente nella celebrazione della santa Messa; inoltre distribuire, come ministro straordinario, la santa comunione tutte le volte che i ministri, di cui al can. 845 del Codice di Diritto Canonico, non vi sono o non possono farlo per malattia, per l’età avanzata o perché impediti da altro ministero pastorale, oppure tutte le volte che il numero dei fedeli, i quali si accostano alla sacra mensa, è tanto elevato che la celebrazione della santa messa si protrarrebbe troppo a lungo. Nelle medesime circostanze straordinarie potrà essere incaricato di esporre pubblicamente all’adorazione dei fedeli il sacramento della santa Eucaristia e poi di riporto; ma non di benedire il popolo »(VI).

Un confronto tra i compiti precedenti e quelli attuali non lascia trasparire grandi differenze; va considerata come nuova solo la facoltà di distribuire la santa comunione in casi particolari. Ma pure questo, come abbiamo visto, ripristina semplicemente un compito spettante all’accolito nella Chiesa antica. Gli «ordini minori» vennero ridotti, con la scomparsa dell’ostiariato e dell’esorcistato, a due: lettorato ed accolitato. L’introduzione poi del concetto di «istituzione liturgica», facilitò l’inquadramento teologico del ministero dell’accolitato. Il concetto precedente sembrava presentare l’accolitato come articolazione dell’ordine, invece la terminologia attuale induce a concepirlo come una concretizzazione del compito battesimale e cresimale. Di conseguenza viene anche detto che  l’accolitato (unitamente al lettorato) può essere conferito pure a laici; l’accolitato e il lettorato non sono più riservati ai candidati all’ordinazione sacerdotale (cf. Ministeria quaedam, III).

 

  1. L’istituzione viene conferita dal vescovo o, nel caso di ordini e congregazioni religiose clericali, dal superiore maggiore. Il rito consiste nella consegna della patena con il pane o del calice con il vino da consacrare, mentre il vescovo pronuncia le parole: «Ricevi il vassoio con il pane (il calice con il vino) per la celebrazione dell’eucaristia, e la tua vita sia degna del servizio alla mensa del Signore e della Chiesa». Nella preghiera di benedizione sui candidati imploriamo: «Benedici questi tuoi figli eletti al ministero di accoliti. Fa’ che, assidui nel servizio dell’altare, distribuiscano fedelmente il pane della vita». In queste parole è contenuta una breve descrizione del ministero dell’accolito.            Nella scia della riforma liturgica conciliare la posizione e il servizio dell’accolito sono stati regolati in maniera nuova, ma nel culto normale gli accoliti compaiono raramente. In realtà non ce n’è bisogno, perché le loro funzioni sono in gran parte identiche con quelle dei ministranti, anche se il n. 142 dei «Principi e norme per l’uso del Messale Romano» prevede una suddivisione degli uffici fra di essi. D’altra parte il compito di aiutante nella distribuzione della santa comunione viene svolto nelle parrocchie dal ministro straordinario della comunione. Se si volesse riservare questo servizio agli accoliti, si introdurrebbe una limitazione che nel caso del ministro straordinario della comunione non esiste più. Accoliti, infatti, possono essere istituiti soltanto gli uomini (cf. Ministeria quaedam, VII). I candidati al diaconato permanente e al presbiterato debbono ricevere l’istituzione a lettori ed accoliti: in questo caso i due ministeri servono a preparare i candidati ai compiti futuri relativi alla parola di Dio e all’altare.
  1. Il secondo capitolo della esortazione apostolica postsinodale Christifideles laici (1988) di Giovanni Paolo II sulla vocazione e la missione dei laici nella Chiesa e nel mondo, nel punto dove illustra i ministeri e i carismi quali doni dello Spirito Santo alla Chiesa, dopo avere richiamato la dottrina dei ministeri ordinati (cf. n. 22), esamina i ministeri, gli uffici e le funzioni dei laici. A questo proposito il Papa scrive: «Durante i lavori del Sinodo i padri hanno dedicato non poca attenzione al lettorato e all’accolitato. Mentre in passato esistevano nella Chiesa latina solo come tappe spirituali dell’itinerario verso i ministeri ordinati, con il motuproprio di Paolo VI, Ministeria quaedam, essi hanno ricevuto una loro autonomia e stabilità come pure una loro possibile destinazione agli stessi fedeli laici, sia pure soltanto uomini. Nello stesso senso si è espresso il Codice di Diritto Canonico» (cf. n. 23).                                                                      

I ministeri del lettorato e dell’accolitato, conferiti mediante il rito dell’“istituzione”, si distinguono sia da quelli ordinati del diaconato, del presbiterato e dell’episcopato, che costituisco-no il sacramento dell’Ordine e vengono conferiti con il rito dell’“ordinazione”, sia da tutti gli altri ministeri che non vengono conferiti mediante un rito liturgico e rappresentano uno dei punti di arrivo della complessa riforma (per uno sguardo storico cf. R. Béraudy, Les Ministères institués dans “Ministeria quaedam” et “Ad pascendum”, in La Maison Dieu 115 [1973] 86-96) non solo liturgica, ispirata dal Vaticano II e nello stesso tempo un punto di partenza per ulteriori sviluppi.

 

  1. Prima di entrare nell’esame del rito occorre ricordare che la “istituzione” dei ministeri è un “sacramentale”. La natura di tale realtà viene così descritta dalla costituzione conciliare sulla liturgia: «La santa madre Chiesa ha inoltre istituito i sacramentali. Questi sono segni sacri per mezzo dei quali con una certa imitazione dei sacramenti sono significati, e per la preghiera della Chiesa vengono ottenuti, effetti soprattutto spirituali. Per mezzo di essi gli uomini vengono disposti a ricevere l’effetto principale dei sacramenti e vengono santificate le varie circostanze della vita» (Sacrosantum Concilium,70).

La descrizione indica molto bene l’affinità e insieme la differenza dei sacramentali rispetto ai sacramenti. L’analogia consiste nel fatto di essere ambedue “segni”, i quali significano una realtà spirituale e la conferiscono. La differenza sta anzitutto nel fatto che, mentre i sacramenti hanno come loro causa diretta Gesù che li ha fondati e dati alla sua Chiesa, i sacramentali invece provengono dalla Chiesa stessa; consiste inoltre nel fatto che mentre i sacramenti operano il loro effetto spirituale con la semplice celebrazione valida (ex opere operato), i sacramentali comunicano il loro effetto per l’efficacia della preghiera della Chiesa.

Il rito d’“istituzione” dei ministeri è un sacramentale che riguarda le persone (ad es. la consacrazione delle vergini, la professione religiosa, la benedizione dell’abate, la benedizione dell’abadessa; tra i sacramentali più importanti riguardanti le cose troviamo la dedicazione della chiesa e la dedicazione dell’altare). Esso deve avere luogo normalmente durante la celebrazione della Messa, subito dopo la proclamazione del Vangelo e prevede: l’appello nominale dei candidati, l’omelia ed esortazione del celebrante, l’invito alla preghiera rivolto dal celebrante all’assemblea, la solenne preghiera di benedizione, il rito esplicativo, che se per i lettori è la consegna del libro della Sacra Scrittura, per gli accoliti è la consegna della patena con il pane e del calice con il vino, che saranno consacrati durante l’azione eucaristica. Terminata l’istituzione prosegue la Messa, nella quale i nuovi accoliti istituiti preparano l’altare e presentano al celebrante il pane e il vino.

 

  1. Il rito di istituzione del ministero dell’accolitato si svolge in modo del tutto analogo a quello del lettorato; la natura e le funzioni di tale ministero sono delineate dai testi liturgici. Il contenuto dell’omelia, suggerito dal Pontificale Romano Riformato promulgato da Paolo VI (CEI, Libr. Edit. Vaticana 1980), ha due parti, ciascuna delle quali incentrata sul mistero del corpo di Cristo: la prima riguarda il corpo sacramentale di Cristo che è l’Eucarestia; la seconda parte riguarda il corpo mistico di Cristo che è la Chiesa. Ciascuna delle due parti, enunciato il mistero, indica il compito specifico degli accoliti e il conseguente dovere di coerenza tra l’esercizio della funzione e la propria esistenza cristiana.

Nella sua prima parte leggiamo: «Figli carissimi, scelti per esercitare il servizio di accoliti, voi parteciperete in modo particolare al ministero della Chiesa. Essa infatti ha il vertice e la fonte della sua vita nell’Eucaristia, mediante la quale si edifica e cresce come popolo di Dio. A voi è affidato il compito di aiutare i presbiteri e i diaconi nello svolgimento delle loro funzioni e come ministri straordinari potrete distribuire l’Eucaristia a tutti i fedeli anche infermi. Questo ministero vi impegni a vivere sempre più intensamente il sacrificio del Signore e a conformarvi sempre più il vostro essere e il vostro operare. Cercate di comprenderne il profondo significato per offrirvi ogni giorno in Cristo come sacrificio spirituale gradito a Dio» (n. 29).

Questa prima parte dell’omelia è incentrata sul mistero dell’Eucaristia e sul servizio ad essa. L’Eucaristia è presentata con la definizione di vertice e fonte della vita della Chiesa; tale è la formula usata dal Vaticano II per la liturgia e per l’Eucaristia. Della prima è detto: «La liturgia è il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e insieme la fonte da cui promana tutta la sua vita» (SC n.10); dell’Eucaristia leggiamo: «Il sacrificio eucaristico fonte e vertice di tutta la vita cristiana» (LG n.11). Il medesimo concilio insegna che «dall’Eucaristia la Chiesa continuamente vive e cresce» (LG n. 26).

 

Il compito degli accoliti riguarda essenzialmente l’Eucaristia; appena accennato nell’omelia, esso è dettagliatamente descritto da Paolo VI nel documento Ministeria quaedam con queste parole: «L’accolito è istituito per aiutare il diacono e per fare da ministro al sacerdote. È dunque suo compito curare il servizio dell’altare, aiutare il diacono e il sacerdote nelle azioni liturgiche, specialmente nella celebrazione della santa Messa; inoltre distribuire, come ministro straordinario, la santa comunione tutte le volte che non vi sono i ministri o non possono farlo per malattia, per l’età avanzata o perché impediti da altro ministero pastorale, oppure tutte le volte che il numero dei fedeli i quali si accostano alla sacra mensa è tanto elevato che la celebrazione della santa Messa si protrarrebbe troppo a lungo. Nelle medesime circostanze straordinarie potrà essere incaricato di esporre pubblicamente all’adorazione dei fedeli il sacramento della santissima Eucaristia e poi di riporlo, ma non di benedire il popolo» (VI).

All’enunciazione dei compiti fa seguito l’esortazione a vivere l’esperienza eucaristica nella propria condotta; essa si compie essenzialmente nell’esercizio tipico del sacerdozio regale conferito dal sacramento del battesimo e reso perfetto dal sacramento della cresima, che consiste nell’offrire il sacrificio eucaristico a Dio e nell’offrire se stessi a Dio in unione al sacrificio di Cristo; si ha qui il richiamo al testo classico sul sacerdozio dei fedeli: «Voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo» (1Pt 2,5).

Seconda parte dell’omelia suggerita al celebrante: «Non dimenticate che, per il fatto di partecipare con i vostri fratelli all’unico pane, formate con essi un unico corpo. Amate di amore sincero il corpo mistico del Cristo che è il popolo di Dio, soprattutto i poveri e gli infermi. Attuerete così il comandamento nuovo che Gesù diede agli apostoli nell’ultima cena: amatevi l’un l’altro come io ho amato voi» (Pont. Rom. Rinn. n. 29).

Questo passo fa derivare dal mistero eucaristico il mistero del corpo mistico di Cristo e ne esprime le conseguenti funzioni per gli accoliti. La connessione tra il corpo reale sacramentale e il corpo mistico di Cristo viene fatta evocando il testo paolino: «Il pane che noi spezziamo non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo; tutti infatti partecipiamo dell’unico pane» (1Cor 10,16-17). Si presenta qui in tutta la sua vastità la dottrina del corpo mistico di Cristo che è la Chiesa; in questa realtà di fede il compito degli accoliti derivante dalla loro funzione verso l’Eucaristia consiste nel servire i poveri e i malati, che nella Chiesa sono il segno peculiare di Cristo stesso, secondo le parole dell’ultimo giudizio (cf. Mt 25,41-40).

Il testo liturgico dell’omelia cita espressamente a questo proposito il comandamento di Gesù: «Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34) «Questo è il mio comandamento, che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 15,12). L’amore al prossimo era già comandato nella legge antica; la novità specifica di questo precetto di Gesù consiste nel parallelismo con lui: amare come ha amato Cristo; in questo sta l’identità cristiana; essa viene richiamata ai ministri istituiti nell’accolitato, nella particolare luce dell’esercizio del loro ministero.

Dopo l’invito alla preghiera, la formula di benedizione riprende questi stessi concetti in modo sintetico: «Padre clementissimo, che per mezzo del tuo unico Figlio hai messo l’Eucaristia nelle mani della Chiesa, benedici questi tuoi figli eletti al ministero di accoliti. Fa’ che, assidui nel servizio dell’altare, distribuiscano fedelmente il pane della vita ai loro fratelli e crescano continuamente nella fede e nella carità per l’edificazione del tuo regno. Per Cristo nostro Signore. Amen» (Pont. Rom. Rinn. n. 30).

 

  1. Dio Padre è messo in relazione al mistero dell’Eucaristia e della Chiesa; il testo della preghiera evoca quello del Concilio: «Il Salvatore nostro nell’ultima cena, la notte in cui fu tradito, istituì il sacrificio eucaristico del suo corpo e del suo sangue, onde perpetuare nei secoli fino al suo ritorno il sacrificio della croce e per affidare così alla sua diletta sposa la Chiesa il memoriale della sua morte e della sua risurrezione». Il ministero degli accoliti viene concepito essenzialmente in rapporto all’altare e al sacramento dell’Eucaristia.

L’altare è il simbolo di Gesù Cristo stesso, l’Eucaristia ne è il sacramento; il ministero dell’accolito, strettamente congiunto all’altare e all’Eucaristia, è dunque espressione del culto a Dio attraverso gli atti della liturgia della Chiesa; dalla liturgia e dal suo centro e culmine che è l’Eucaristia deriva la carità, cioè l’amore e il servizio del prossimo, per amore di Dio, che a sua volta riconduce all’Eucaristia. Così dalla liturgia con cui è istituito il mini-stero dell’accolitato viene descritto come principalmente relativo all’Eucaristia e conseguentemente alla carità. Il rito esplicativo di consegna del pane e del calice con il vino richiama questi stessi pensieri, dando ad essi la visibilità del gesto.

 

  1. 8. I testi liturgici di “istituzione” del ministero dell’accolitato, che abbiamo rapidamente esaminato, delineano il mistero di Cristo nella dimensione dell’Eucaristia. Gesù Cristo è presentato come il Verbo di Dio, la Parola persona, che divenendo uomo fa risplendere nel seno dell’umanità la luce e la vita di Dio; è presentato come pane di vita, segno del sacrificio del Signore e sacramento del suo corpo reale. Il Figlio di Dio, infatti, suo Verbo personale, è anche il pane della vita, da assimilare nella fede e da mangiare nel sacramento, secondo la sua stessa rivelazione nel discorso di Cafarnao: «Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno, e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Gv 6,51).

La polivalenza del mistero di Cristo ha una sua derivazione e un suo riflesso anche nel ministero dell’accolitato che è dedicato al culto del Figlio di Dio come pane del sacrificio e del nutrimento eucaristico. Attraverso il tema del pane, segno del corpo sacramentale del Signore, nei testi liturgici considerati, avviene il collegamento con il corpo mistico di lui che è la comunità cristiana, la Chiesa. Come quello del lettorato, anche questo ministero si svolge dentro la comunità e in essa è il segno di Cristo e della Chiesa incaricata di portare agli uomini la vita del sacramento del Signore, suo capo. Il Concilio, in un celebre testo, insegna: «La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il corpo stesso di Cristo, non mancando mai, soprattutto nella sacra liturgia, di nutrirsi del Pane della vita dalla mensa sia della parola di Dio sia del corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli» (Dei Verbum 21). Nello sfondo del mistero di Cristo che offre se stesso nella sua umanità in sacrificio a Dio e in nutrimento ai credenti per la loro salvezza, si disvela la presenza e l’azione di Dio Padre, origine della missione del Figlio suo, e la presenza e l’azione dello Spirito Santo, nella cui docilità e animazione i ministri istituiti devono dedicarsi nello svolgimento del loro servizio.

 

  1. Diamo ora uno sguardo ai compiti dell’accolito, così come essi risultano dai «Principi e norme per l’uso del Messale Romano». Compito fondamentale dell’accolito è quello di aiutare il sacerdote e il diacono all’altare. In casi particolari egli può preparare l’altare e i vasi sacri e distribuire come ministro straordinario l’Eucaristia ai fedeli (cf. n. 65). Per il resto i suoi compiti sono di varia natura. Può succedere che nella medesima celebrazione si debbano svolgere più servizi. In tal caso è opportuno suddivi-derli fra più individui, cioè organizzare la liturgia. Se tuttavia è presente un solo accolito, tocca a lui adempiere personal­mente i più importanti e lasciare i rimanenti ad altri ministranti (cf. n. 142). Compiti normali dell’accolito sono quelli di portare la croce nella processione di ingresso, sostenere il libro al sacerdote o al diacono durante la celebrazione e offrire loro i servizi necessari. In assenza di un diacono, l’accolito porta all’altare il corporale, il purificatoio e il messale; inoltre, aiuta il sacerdote a ricevere eventuali doni dell’assemblea, porta all’altare il pane e il vino e glieli consegna. Se si fa uso dell’incenso, gli porge il turibolo e lo assiste nella incensazione dei doni e dell’altare (cf. nn. 143-145). Dopo la distribuzione della comunione aiuta il celebrante o il diacono a purificare e riporre i vasi. In assenza del diacono, riporta i vasi alla credenza, dove li purifica e li riordina (cfr. n. 147). In casi particolari l’accolito può aiutare a distribuire la comunione al popolo. Qualora si distribuisca la comunione sotto le due specie, porge il calice ai fedeli o lo sorregge, qualora la comunione sia distribuita mediante intinzione (cf. n. 146). Porgendo il calice al comunicando dice: «II sangue di Cristo», e, dopo che questi ha risposto: «Amen», gli porge il purificatoio e il calice, quindi asterge il labbro esterno del calice col purificatoio (cf. n. 244). Se la comunione è distribuita sotto le due specie mediante intinzione, egli sta col calice in mano accanto al sacerdote. In determinate circostanze l’accolito può portare la comunione ai malati e il viatico ai moribondi.

Il «Rito della comunione fuori della messa e culto eucaristico» contiene a questo scopo alcuni formulari. In assenza di un sacerdote e di un diacono, o qualora questi ne siano impediti, può esporre pubblicamente la santa eucaristia all’adorazione e riporla. Per fare l’esposizione apre il tabernacolo, depone eventualmente la pisside (ciborio) sull’altare oppure inserisce l’ostia nell’ostensorio. Terminata l’adorazione, ripone il santo sacramento nel tabernacolo. Non può invece impartire la benedizione col Santissimo (cf. n. 99). L’accolito è destinato a servire in primo luogo l’altare, ed aiutando il diacono e il sacerdote. Inoltre, può aiutare l’uno e l’altro anche in altre celebrazioni liturgiche, ad es. nell’amministrazione dei sacramenti, nelle celebrazioni della parola di Dio e di pii esercizi. Infine, qualora sia necessario, può istruire altri fedeli che hanno l’incarico temporaneo di aiutare il sacerdote o il diacono nelle celebrazioni liturgiche portando il messale, la croce, le candele ecc. o compiendo altri simili incarichi che hanno a che fare con l’animazione liturgica (cf. Ministeria quaedam VI).