Il Silenzio di Dio

Riportiamo di seguito gli audio e video delle conferenze dell’anno 2020/2021 

1° Incontro Laura Invernizzi   Vai
2° Incontro Luca Mazzinghi  – Vai
3° Incontro Ermenegildo Manicardi – Vai
4° Incontro Carlo Broccardo – Vai

Laura Invernizzi

1 La solitudine di Elia (1 Re 19,1-18)

Nella Bibbia Dio parla e il silenzio di Dio è qualcosa di drammatico. Il profeta Elia, dopo aver annientato ben 450 sacerdoti del dio Ba’al con l’aiuto di Dio (1 Re 18), subito dopo (1 Re 19) entra in profonda crisi, perché non capisce più l’agire di Dio. Infatti dopo quella vittoria nulla pare cambiare e tutto sembra inutile; ed Elia non riesce più a sostenere tutto ciò, dunque una tale immagine di Dio. Allora scappa nel deserto (per lasciarsi morire?); ma un messaggero di Dio lo rifocilla e lo fa camminare per 40 giorni e 40 notti (nel silenzio), fino al monte Oreb, dove Dio gli si manifesta come «voce di un silenzio che si frantuma»: Elia conosce Dio anche nel silenzio, perché il silenzio è l’esperienza forte. Adesso Elia è capace di andare sé stesso e sa ascoltare Dio, il quale alterna domande e silenzi con l’uomo, affinché l’uomo non si irrigidisca su un’unica immagine di Lui

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Luca Mazzinghi

2 – Salmo 88: un grido dalla tenebra

Il Sal 88 è un salmo di lamento (un genere frequente nel salterio), che però, contrariamente al solito, manca di una apertura finale alla speranza, poiché si chiude con un tono negativo: davanti alla sofferenza, c’è soltanto la «tenebra» (che è proprio l’ultima parola del salmo). Il simbolismo presente è legato allo she’ôl, alle acque che sommergono, alla profondità («fossa», «pozzo»), alle tenebre, alla solitudine. Si tratta di una preghiera nel dolore, nella quale non sembra esserci alcuna speranza. Eppure il salmista non demorde e continua a rivolgersi a Dio, pure se Questi non risponde all’orante. Me è Dio che fa silenzio oppure è l’uomo che non sa ascoltare, incapace di cogliere la parola di Dio, pronunciata in modi inattesi?

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Ermenegildo Manicardi

3 – ««Disprezzato e reietto dagli uomini, lo giudicavamo percosso da Dio» (Is 53,3.4) – I “canti del servo sofferente” di Isaia»

Il IV Canto narra di un uomo sfigurato dal dolore, che gli uomini giudicano punito da Dio; invece Dio stesso  interviene in tale sofferenza per realizzare il suo disegno. Il Canto è una parola autorevole che svela l’antropologia come la crea e la vede Dio: esso mostra che Dio si interessa del Servo e, tramite lui, delle nazioni e dei re. Qui il punto rilevante è che Dio si interessa di tutti costoro per mezzo del Servo sofferente, che così Dio rende il riferimento assoluto dell’intera umanità. Più che una figura concreta, il Servo è un modo di concepire la vita umana ed anche la morte, che sono una liturgia gradita davanti a Dio: il Servo offre la sua vita, la sua sofferenza e la sua morte. Gesù si richiamerà al Servo, con l’insegnamento ad ogni discepolo che si salva la propria vita soltanto donandola: Gesù morto e risorto è pieno di vita perché dona la sua vita.

Carlo Broccardo

4 – «IL DIO ASSENTE – Il Figlio abbandonato»

Nel racconto di Marco Gesù è un personaggio in cui emergono tratti umani: commozione, stupore, irritazione, amore. Per lui è fondamentale la relazione con Dio Padre, principalmente nella preghiera. Nel Getsemani Gesù mostra paura, angoscia e tristezza per la morte che avverte imminente: egli non vorrebbe tale sorte. Allora supplica il Padre di evitargli la morte, restando però fedele al progetto di Dio («Non la mia, ma la tua volontà»). La frase sulla croce: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» non è disperata: è un rivolgersi al Padre, col quale Gesù sente ancora un rapporto. Però, per amore e rispetto dell’uomo, Dio non interviene, accettando persino la morte del Figlio amato. Alla fine il mistero del male e di un Dio che sembra abbandonare si risolve nella relazione con Lui, nel camminare e nello stare insieme a Lui con la preghiera.

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