Letture festive – 18. Mettere alla prova – 8a domenica del Tempo Ordinario Anno C

Briciole dalla tavola. Vangelo per senza Dio

di Alberto Ganzerli

8a domenica del Tempo Ordinario Anno C – 27 febbraio 2022
Dal libro del Siracide – Sir 27,4-7, NV 27,5-8
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi – 1Cor 15,54-58
Dal Vangelo secondo Luca – Lc 6,39-45


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letture festive 18

Nel libro del Siracide il mettere alla prova viene presentato come il porre qualcosa a confronto con una realtà capace di mostrarne la effettiva consistenza: essere messi alla prova è quindi come passare attraverso un setaccio, per vedere quanto di noi è sufficientemente raffinato e sottile per servire davvero a qualcosa, al contrario di ciò che invece – trattenuto perché troppo grossolano – risulta inutile; essere messi alla prova è attraversare nella vita passaggi con difficoltà elevate come le temperature di un forno da ceramista, tali da distruggerci o al contrario capaci di trasformarci in oggetti preziosi; essere messi alla prova è soprattutto – nel modo proprio degli umani – vedere la qualità delle parole che escono dalla nostra bocca e quale modo di ragionare rivelano, di quale interiorità – coltivata o trascurata – sono il frutto maturo.

La messa alla prova più decisiva, ricorda Paolo ai cristiani di Corinto, è quella della morte. Ma in che modo è possibile superare questa messa alla prova, arrivando a una sorta di immortalità? In che modo la morte può essere – come dice Paolo – inghiottita nella vittoria? In che modo il suo pungiglione può essere reso inoffensivo? Paolo vede nella morte il simbolo del fallimentare tentativo di salvare la propria vita attraverso un’impossibile osservanza assoluta della legge. Per questo quando Paolo parla di rimanere saldi e irremovibili, affrontando una fatica che non sia vana, non parla di uno sforzo per salvarsi osservando la legge, ma del riconoscersi – in quanto amati gratuitamente da qualcun altro – liberi da un’osservanza che finirebbe per diventare una trappola mortale.

L’evangelista Luca, invece, ci propone una serie di circostanze e situazioni nelle quali la realtà ci mette alla prova, rivelando la presenza o mancanza di nostre determinate qualità o capacità. Se metaforicamente finiamo in un fosso, guidando altri o lasciandoci guidare da altri, è perché siamo in qualche modo entrambi ciechi, anche se non riteniamo di esserlo. Se ci concentriamo sulla pagliuzza nell’occhio altrui, incapaci di vedere la trave che è nel nostro, è perché siamo ipocriti o forse inconsapevoli di noi stessi. Se produciamo frutti cattivi e se le nostre azioni e parole sono cattive, è perché la nostra interiorità necessita di conversione e perché la linfa che scorre in noi è quella di un albero ammalato. Se invece qualcosa di noi, messo alla prova, risulta buono, è perché vi è in noi qualcosa di positivo che lo produce e che ci fa somigliare a un albero sano e rivela la nostra interiorità come un tesoro da cui si può trarre il bene.