Riflessioni teologiche – 72. Rudolf Bultmann: l’approccio esistenziale come alternativa all’approccio storico a Gesù

Briciole dalla tavola. Vangelo per senza Dio

di Alberto Ganzerli

Dopo Martin Kähler e Albert Schweitzer, anche Rudolf Bultmann, preso atto dell’insufficienza per la fede di un Gesù conosciuto solo sul piano della storia, cerca un’alternativa convincente e ritiene di trovarla nell’approccio esistenziale. Questo, anche se parte da ciò che sono state la volontà, l’opera e la dottrina di Gesù, arriva però a intendere le sue parole quali interrogativi sul modo in cui vogliamo comprendere la nostra esistenza. La storia che Bultmann vuole quindi far incontrare al lettore del suo libro intitolato Gesù non è quella, ricostruibile scientificamente, di duemila anni fa, ma quella che al presente si sta vivendo come esistenza interpellata dalla parola evangelica.


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Come Martin Kähler e Albert Schweitzer, anche Rudolf Bultmann, nel prendere atto che il Gesù accessibile a noi attraverso il rigore scientifico della storia risulta del tutto insufficiente per la vita cristiana, cerca un approccio alternativo che sia in grado di nutrire la fede dei credenti. L’approccio individuato da Bultmann si costruisce attraverso una sorta di slittamento o transizione che – pur partendo dal Gesù delineato dalle scienze storiche – in qualche modo se ne allontana, per arrivare a una diversa relazione con la figura di Gesù. Le tappe di questo processo e i suoi esiti si trovano nei testi della già citata opera del 1926, il volume intitolato Gesù, là dove si parla della volontà, dell’opera e della dottrina di Gesù, per contrapporle alle ricostruzioni – sul piano della scienza storica – della biografia, della psicologia e della personalità di Gesù. Per chiarire anzitutto il modo nel quale intende il rapporto con la storia, diversamente da quello con la natura, Bultmann dichiara: «Il rapporto dell’uomo verso la storia è diverso da quello verso la natura. […] Se si volge […] alla natura allora vi constata soltanto una realtà esistente che non è egli stesso. Al contrario, se si volge alla storia, deve confessare a sé stesso che egli è una parte della storia […] Quindi non ci può essere una considerazione oggettiva della storia, nel senso in cui c’è una considerazione oggettiva della natura». Questo rapporto con la storia va però precisato in una specifica direzione, come ad esempio quella del testo già citato in cui Bultmann, negando l’interesse per la personalità di Gesù, afferma: «Lo sguardo invece è unicamente diretto a ciò che egli ha voluto e quindi a ciò che può diventare attuale in quanto esigenza della sua esistenza storica». Parlando di “ciò che Gesù ha voluto” e che “quindi […] può diventare attuale in quanto esigenza della sua esistenza storica”, non ci si intende riferire alla sua psicologia o personalità, ma piuttosto – per così dire – a quella sorta di volontà testamentaria che il Gesù – storicamente esistito secondo Bultmann – ha lasciato in eredità alla comunità dei credenti, come si vedrà più chiaramente nei passi dedicati all’opera e alla dottrina di Gesù. Quando, infatti, si parla di importanti figure storiche, Bultmann afferma: «Il loro interesse non era volto alla loro personalità, bensì alla loro opera. E precisamente la loro opera […] è ciò a cui essi si sono consacrati. L’‘opera’ non è dunque neppure pensata nel suo risultato, come la somma degli effetti storici […] Piuttosto, ponendoci dal loro punto di vista, l’‘opera’ è pensata come ciò che propriamente essi hanno voluto. Ed è in questa prospettiva che essi sono il vero oggetto della ricerca storica, se tuttavia l’interrogare la storia non è un neutrale giro d’orizzonte su avvenimenti del passato oggettivamente determinabili, ma se è mossa dalla questione come noi stessi, che siamo nel flusso della storia, possiamo giungere alla comprensione della nostra propria esistenza, cioè a chiarire le possibilità e le necessità della nostra propria volontà».

Dopo aver collegato il tema della volontà a quello dell’opera, e dopo aver introdotto con queste ultime frasi quello che sarà il tema dell’approccio esistenziale alla figura di Gesù, Bultmann prosegue affermando: «Ora nelle persone che come Gesù hanno operato per mezzo della parola, ciò che hanno voluto può essere riprodotto solo come un tessuto coerente di proposizioni e di idee, come dottrina […] Di fatto non si può comprendere innanzitutto ciò che egli ha voluto se non come sua dottrina. Ora però è facile capire che ci sia il malinteso di ritenere tale dottrina come un sistema di verità generali, un sistema di proposizioni che hanno la loro validità a prescindere dalla concreta situazione di vita in cui si trova colui che parla. Si avrebbe allora l’ulteriore conseguenza di misurare la verità di tali proposizioni secondo un sistema ideale, valido in generale, di verità e di proposizioni eternamente valide […] Ma così diventerebbe di nuovo chiaro che si è rinunciato a ciò che è essenziale nella storia e che non si è incontrato nulla di veramente nuovo nella storia. Infatti questo sistema ideale non sarebbe desunto dalla storia, ma piuttosto designerebbe un al-di-là rispetto alla storia, sul cui metro sarebbero misurati i singoli fenomeni storici. […] Se dunque si parla di dottrine o di idee di Gesù, ciò non ha alla base la concezione di un sistema di pensiero ideale valido in generale, che può essere reso plausibile per ognuno». E qui Bultmann, offrendo una sintesi del suo approccio teologico esistenziale, prosegue il proprio discorso con queste parole: «Le idee sono comprese come ciò che esse sono nella situazione concreta di un uomo che vive nel tempo; come l’interpretazione della propria esistenza situata nel movimento, nell’insicurezza, nella decisione; come l’espressione di comprendere questa esistenza; come il tentativo di chiarire le possibilità e le necessità del proprio esistere. Se dunque noi nella storia di Gesù incontriamo delle parole, esse non devono essere giudicate a partire da un sistema filosofico in relazione alla loro validità razionale, ma le incontriamo quali interrogativi sul modo in cui vogliamo comprendere la nostra esistenza. Con questo si suppone che noi stessi siamo spinti dall’interrogativo della nostra esistenza. Ma allora l’interrogazione della storia condurrà non ad arricchirci di un sapere temporale, bensì ad un incontro con la storia che è un avvenimento temporale; questo sarebbe un dialogo con la storia».

Del resto nell’introduzione al volume del 1926 Bultmann insiste affermando: «Io in fondo non voglio condurre il lettore ad una ‘osservazione’ della storia». Ciò che infatti gli interessa è ciò che nella figura di Gesù consente un incontro vitale con lui e solo in questo senso Bultmann parla di volontà, opera e dottrina, affermando che quello al quale vuole condurre il suo lettore è «un incontro, personale al massimo, con la storia». La storia che Bultmann vuole quindi far incontrare, al lettore del suo libro intitolato Gesù, non è quella di duemila anni fa ricostruibile scientificamente, ma quella che al presente si sta vivendo come esistenza interpellata dalla parola evangelica. Si deve comunque affrontare il problema del rapporto tra osservazione e incontro con la storia, che Bultmann formula in questi termini: «Ma poiché l’esposizione seguente non può essere senz’altro un incontro con la storia per il lettore, ma innanzitutto solo – nel migliore dei casi – un orientamento sul mio incontro con la storia, per lui tutta l’esposizione si presenta soltanto come osservazione sul cui metodo io devo orientarlo. È affare suo fermarsi a questa osservazione». Con queste parole Bultmann, affidando al lettore il proprio libro, nel quale viene esposta la predicazione di Gesù, sembra volerlo mettere in guardia rispetto al rischio di darne un’interpretazione completamente fuorviante. L’opera, infatti, potrebbe essere presa come una delle tante presentazioni di verità dottrinali tratte dai vangeli, che sarebbero da leggere solo per comprenderne i contenuti, o addirittura – e peggio ancora – come un’esposizione che assomigli alle ottocentesche vite di Gesù tanto criticate. Al contrario il Gesù, il libro di Bultmann, frutto non solo della competenza esegetica e teologica del suo autore, ma anche dalla sua risposta esistenziale alla parola evangelica, si offre a ciascun lettore come un invito –in forma appunto di libro – a dare al kerygma dell’annuncio evangelico una propria e personale risposta di fede, che metta in gioco tutta l’esistenza. Con ciò non tutte le questioni poste da Bultmann con il suo approccio esistenziale al rapporto tra storia e esistenza credente si possono considerare risolte e per questo andranno nuovamente affrontate.

Riferimenti:

Rudolf Bultmann, Gesù, Queriniana, Brescia1972 (orig. tedesco, Jesus, Mohr – Paul Siebeck, Tubingen 1926)