Riflessioni teologiche – 79. Albert Schweitzer e le testimonianze extra-bibliche sul Gesù storico
Briciole dalla tavola. Vangelo per senza Dio
di Alberto Ganzerli
Albert Schweitzer ripercorrendo nella sua Storia della ricerca sulla vita di Gesù le obiezioni e i dubbi sull’esistenza storica di Gesù sollevati da alcuni tra fine Ottocento e inizio Novecento, richiama le fonti e testimonianze extra-bibliche riguardanti il Gesù storico. Si tratta in buona sostanza delle poche fonti e testimonianze esterne al Nuovo Testamento e provenienti da autori non cristiani nelle quali sembrerebbe possibile trovare riscontri su Gesù come di una figura storicamente esistita: Giuseppe Flavio, Tacito e Svetonio. Albert Schweitzer, mentre da una parte ritiene queste fonti e testimonianze non sufficientemente sicure, dall’altra tenta di offrire possibili spiegazioni al silenzio degli scrittori romani e greci sull’esistenza storica di Gesù.
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Albert Schweitzer nella sua Storia della ricerca sulla vita di Gesù richiama le fonti e testimonianze extra-bibliche riguardanti il Gesù storico, «testimonianze dell’esistenza di Gesù nella storia profana» che lo stesso Schweitzer riconosce «non [essere] particolarmente ampie», aggiungendo che «non sembrava troppo difficile metterle in discussione». La prima è Giuseppe detto anche Flavio, storico ebreo educato nella lingua e cultura greca e latina, divenuto poi cittadino romano e attivo nella seconda metà del primo secolo. Albert Schweitzer afferma: «Nelle Antiquitates di Giuseppe – nella redazione trasmessa dei copisti cristiani – Gesù viene nominato due volte» e riporta il contenuto del primo passo [ant.18,3,3]: «In quest’epoca apparve Gesù, un uomo saggio, se è permesso chiamarlo un uomo. Compì infatti azioni prodigiose; era un maestro degli uomini che accolgono con gioia la verità e conquistò molti giudei e anche molti pagani. Questi era il Cristo. E dopo che Pilato, su denuncia delle nostre autorità, l’aveva punito con la croce, quanti all’inizio lo avevano amato non lo abbandonarono. Il terzo giorno infatti riapparve loro vivente, come i divini profeti avevano annunciato di lui insieme a innumerevoli altri miracoli. E fino ad oggi il popolo dei cristiani, come sono stati chiamati i suoi seguaci, non è scomparso». Albert Schweitzer commenta il testo affermando: «Questa annotazione o è inautentica o è tanto esageratamente interpolata da non poter più essere citata come testimonianza attendibile». Riguardo al secondo riferimento a Gesù nell’opera di Giuseppe, Schweitzer si dice meno scettico, ma non al punto di ritenerla attendibile e infatti dichiara: «Più credibile pare la seconda – ant.20,9,1 – in cui Giuseppe narra che il sommo sacerdote accusò di violazione della legge Giacomo, fratello di Gesù, “il cosiddetto Cristo”, e alcuni altri e li fece lapidare. Anche questa non è sicuramente autentica e comunque esclude Giuseppe dalla serie di testimoni profani sicuri su Gesù».
Lo storico latino Tacito è il secondo autore citato da Albert Schweitzer, che ne parla in questi termini: «Sotto Traiano, nel secondo decennio del secondo secolo dopo Cristo, Tacito narra negli Annali (15,44) che Nerone, per far tacere le dicerie che lo accusavano di aver incendiato Roma, denunciò come responsabili persone odiate per i loro delitti, che il popolo chiamava cristiani, e le punì poi con le torture più raffinate. Tacito dice inoltre che l’auctor di quel nome, Cristo, era stato giustiziato durante l’impero di Tiberio dal procuratore romano Ponzio Pilato; ma poi quella nefasta superstizione, per il momento repressa, era ricomparsa non solo in Giudea, ove era nata, ma anche nella città di Roma, dove da tutto il mondo confluiscono e viene celebrato tutto quanto è abietto e turpe». Sul piano dell’autenticità del testo Schweitzer concede che «questa testimonianza è difficilmente contestabile e l’opinione espressa nei confronti dei cristiani non lascia supporre alcuna interpolazione cristiana». Sullo storico romano Svetonio, attivo nella prima metà del secondo secolo, Albert Schweitzer Scrive: «Nella Vita Claudii (cap. 25) Svetonio, vissuto al tempo di Adriano, narra dei disordini scoppiati a Roma fra i giudei al tempo di questo imperatore, facendoli risalire a un certo Chrestus. Presumibilmente egli pensa a Cristo. L’indicazione è ritenuta oscura e desta quasi il sospetto che Svetonio, il quale peraltro anche in altri casi non va sempre alla radice delle cose, abbia pensato che la personalità da lui nominata si trovasse a Roma durante i disordini e vi abbia partecipato». Albert Schweitzer accomuna queste due testimonianze in un giudizio di non sicura storicità quando afferma: «La discussione sull’autenticità o inautenticità delle annotazioni di Tacito e di Svetonio circa Christus o Chrestus è, in realtà, priva d’interesse. Anche nell’ipotesi certamente fondata che esse corrispondano al testo originario, non possono venire citate come sicure testimonianze della storicità del Signore. I due storici romani non fanno capire di possedere informazioni originali e dirette su Gesù, poiché narrano quanto le comunità cristiane del loro tempo tramandavano. Nel caso migliore, quindi, testimoniano che la chiesa, all’inizio del secondo secolo, credeva nell’esistenza e nella morte in croce di Gesù». Affermando infine che «Giuseppe, Tacito e Svetonio non provano né la storicità né la non storicità di Gesù» Albert Schweitzer prende atto di come le fonti extra-bibliche siano sostanzialmente inutilizzabili e quindi irrilevanti per stabilire la storicità di Gesù.
Cercando poi possibili spiegazioni a quello che definisce «lo stato scadente delle testimonianze profane su Gesù», Albert Schweitzer suggerisce tra le «ipotesi più diverse» che a suo avviso «si possono formulare», che «probabilmente nel testo originario Giuseppe […] non nominasse il maestro galileo e il suo destino, volendo parlare il meno possibile delle attese messianiche del popolo». Quanto invece al «silenzio degli scrittori romani e greci» Schweitzer lo ritiene «riconducibile alla frammentarietà in cui ci è pervenuta la letteratura in questione e quindi rimane pur sempre ammissibile che nella produzione letteraria andata perduta si dessero informazioni su Gesù». Prosegue Schweitzer: «Ma si può altresì osservare a ragione che la condanna e la crocefissione di un galileo che non possedeva né un prologo né un epilogo politico non rappresentava certo un evento importante per coloro, posto che ne fossero informati, che seguivano la storia profana». In base a queste osservazioni Schweitzer sostiene che «quando con il passare del tempo quella condanna a morte divenne piuttosto importante, ad opera del movimento religioso che ad essa si richiamava, gli storici romani non avevano nessun motivo per fare ricerche particolari sulla preistoria, il processo e la condanna. Se anche lo avessero voluto, non sarebbero stati in grado di raggiungere il loro scopo, perché gli atti non esistevano e i testimoni oculari non potevano più essere prodotti. Ottemperavano quindi appieno al loro dovere riportando semplicemente, come Tacito, i fatti asseriti nella comunità cristiana». Albert Schweitzer a questo punto puntualizza correttamente che «per giungere a una valutazione relativamente oggettiva delle esigue testimonianze della storiografia profana sull’attività e il destino di Gesù, si dovrebbe una buona volta stabilire in generale e fino a che punto gli storiografi nei tempi più antichi e in quelli più recenti abbiano prestato la loro attenzione alla comparsa di personalità religiose senza finalità politiche». Poi – rifacendosi ai casi italiani ottocenteschi di due figure di messia, Oreste de Amicis (1824-1889) e David Lazzaretti (1834-1878), e basandosi evidentemente sulla limitata documentazione che gli è accessibile – Schweitzer si domanda retoricamente: «Limitatamente a questi due casi tipici, che cosa hanno tramandato gli storici a essi coevi della loro azione e dei loro destini? Cosa sapremmo di loro se disponessimo soltanto di queste notizie e dovessimo prescindere dalla tradizione che direttamente o indirettamente risale ai loro seguaci?». La pertinenza degli esempi portati da Schweitzer nello specifico è quanto meno discutibile, se non addirittura facilmente confutabile da parte della storiografia odierna, ma il problema da lui posto mantiene tuttavia la sua importanza e sarà, infatti, nuovamente affrontato nell’attuale dibattito sull’esistenza storica di Gesù.
Riferimenti:
Albert Schweitzer, Storia della ricerca sulla vita di Gesù, Paideia Editrice, Brescia 1986 (1° ediz. tedesca del 1906, 2° ediz. ampliata 1913)
I testi citati sono tratti dal capitolo 22