Letture festive – 132. Alleanza – 1a domenica di Quaresima – Anno B

Briciole dalla tavola. Vangelo per senza Dio

di Alberto Ganzerli

1a domenica di Quaresima – Anno B – 18 febbraio 2024
Dal libro della Gènesi – Gn 9,8-15
Dalla prima lettera di san Pietro apostolo – 1Pt 3,18-22
Dal Vangelo secondo Marco – Mc 1,12-15


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letture festive 132

Alleanza è parola centrale nei testi biblici, se non altro perché il termine stesso – Antico e Nuovo Testamento utilizzato per indicare le due parti della Bibbia – proviene da una parola latina che traduce quella greca che significa, appunto, alleanza o patto. Si tratta, per con Dio e per senza Dio, di una parola bella e importante ma al tempo stesso ambivalente se non ambigua, come lo sono in molti casi le pagine bibliche. Questo testo di Genesi ne è un esempio, dal momento che colloca le origini dell’alleanza stabilita da Dio con l’umanità, con i suoi discendenti e con tutti gli animali della terra, precisamente all’indomani di quel diluvio universale che ha sterminato tutti i viventi, risparmiando solo un piccolo resto di esemplari animali, umani e non-umani. E già qui si deve notare come l’alleanza con i sopravvissuti allo sterminio causato dal diluvio venga stabilita da quella stessa divinità che ha decretato – a motivo del peccato degli umani – tale sterminio. Ma a questa prima ambiguità se ne deve aggiungere una seconda: la promessa divina secondo la quale non sarà più distrutta dalle acque del diluvio alcuna carne, cioè nessun animale vivente intrinsecamente debole e mortale. Lo stesso Dio che ora fa questa promessa, infatti, pochi versetti prima ha sancito e legittimato il passaggio dalla dieta vegetale che caratterizzava il tempo prima del diluvio a una dieta carnivora che autorizza gli umani a uccidere gli animali non umani per cibarsene. Per questo Genesi dichiara espressamente che tutti gli animali devono provare timore e terrore nei confronti degli umani, perché Dio ha messo i primi in potere dei secondi, affinché quanto si muove e ha vita diventi, appunto, cibo per gli umani. Noi lettori, con Dio o senza Dio, di questa pagina biblica potremmo quindi legittimamente chiedere: in che cosa può consistere l’alleanza stabilita da Dio con tutti gli animali della terra, se questo Dio – che ha promesso di non replicare un diluvio distruttivo – autorizza e invita però gli umani a uccidere gli animali per cibarsene? Se l’ambiguità del testo biblico sul significato dell’alleanza appare in questo caso piuttosto evidente, anche il simbolo di questa alleanza, l’arcobaleno, è diventato oggetto di controversie. E questo non tanto perché i con Dio si contrappongano ai senza Dio, ma perché sia tra i con Dio sia tra i senza Dio, si attribuiscono a questo simbolo valenze diverse, positive o negative a seconda dei punti di vista. Così l’arcobaleno – arco multicolore deposto da Dio sulle nubi minacciose a indicare il ritornare del sereno dopo l’oscurità, arco che è insieme come un’arma appesa al chiodo per non essere più usata e un ponte che mette in relazione – l’arcobaleno dunque è divenuto fin dalla seconda metà del Novecento sulle bandiere di molti con Dio o senza Dio simbolo positivo di pace e di nonviolenza. E, tuttavia, questo stesso simbolo resta – per molti altri con Dio o senza Dio – un simbolo controverso, già quando viene sventolato dai pacifisti nonviolenti ma ancor più quando viene sventolato da attivisti con Dio o senza Dio nei Pride a favore del superamento delle discriminazioni di genere e di orientamento sessuale. L’alleanza e l’arcobaleno raccontati nelle pagine di Genesi dovrebbero essere compresi adeguatamente per individuare approcci e interpretazioni che possano risultare per con Dio e per senza Dio utili o anche sanamente provocatorie. Ma per fare questo è necessario, da parte di con Dio e di senza Dio, riconoscere apertamente gli aspetti controversi presenti in queste tematiche e promuovere un confronto critico. Si dovrebbe, cioè, poter discutere liberamente i punti problematici e controversi, tanto negli elementi che provengono dalla tradizione biblica quanto negli elementi che provengono dalla situazione contemporanea, ponendo tali elementi della tradizione e della contemporaneità in una relazione reciprocamente critica.

Anche se nella prima lettera di Pietro non si parla espressamente di alleanza si possono trovare tuttavia diversi elementi che si collegano a questo tema, probabilmente centrale già per le prime comunità cristiane, alle prese con l’esigenza di porre in relazione la novità rappresentata dalla figura di Gesù Cristo con la tradizione ereditata dal mondo ebraico e dalle sue Scritture. Qui il fondamento della novità di alleanza con la quale Dio riconduce a sé i peccatori e gli ingiusti è chiaramente la figura del Cristo morto e risorto, che però viene collocata nella concezione antica – condivisa anche dai cristiani delle prime generazioni – di un cosmo stratificato e variamente popolato da creature misteriose, collocate tra cielo e inferi. L’autore della lettera, infatti, nel citare l’essere messo a morte nel corpo di Gesù non dà riferimenti storici e terreni, mentre invece parla di un suo andare nello spirito nel luogo – non si esplicita se sotterraneo o celeste – dove si trovano anime prigioniere fin dal tempo di Noè. Analogamente, si accosta il suo salire al cielo all’ottenere sovranità non solo su angeli, ma anche su principati e potenze, termini che potrebbero far pensare piuttosto a forze in qualche modo demoniache. L’alleanza salvifica suggellata nella morte e resurrezione del Cristo viene dunque presentata dall’autore come un evento cosmico che raggiunge e coinvolge persino esseri umani vissuti nel passato ed esseri misteriosi che abitano le diverse regioni di un cosmo concepito su vari livelli più o meno comunicanti. Noi odierni con Dio o senza Dio non potendo più fare nostra una concezione del cosmo incompatibile con quelle attuali, ci troviamo costretti a interpretare questi testi di duemila anni fa perché possano risultare parlanti anche per noi e siamo invitati a farlo dalla stessa tradizione ecclesiale che li ha fatti arrivare fino a noi, non come resti del passato ma come parole per il nostro presente. Per questo ci dobbiamo interrogare su quale sia l’alleanza salvifica che può raggiungere e coinvolgere anche noi a partire da una figura di Cristo che ci viene presentata come non vincolata a un determinato tempo e spazio, ma, al contrario, come capace di attraversare tempo e spazio per arrivare fino a noi con Dio o senza Dio. E questo arrivare della figura di Gesù Cristo fino a noi viene espresso dall’autore della lettera ricorrendo ai temi del diluvio, dell’arca di Noè, dell’attraversamento di acque mortali, acque che per diventare segno di salvezza devono essere trasformate in quelle sacramentali ed ecclesiali del battesimo. Si tratta di un interessante esempio di come i testi biblici – in particolare quelli neotestamentari – funzionino spesso come ri-scritture di testi biblici più antichi, inserendo a volte come in questo caso anche tematiche ecclesiali e sacramentali, allo scopo di offrire re-intepretazioni capaci di parlare al presente dei loro lettori, tra i quali oggi siamo anche noi con Dio o senza Dio.

Se il tema dell’alleanza viene collegato dalla prima lettera di Pietro a un Gesù Cristo morto e risorto in un quadro cosmico e temporale che risale a Noè, il vangelo di Marco colloca la descrizione iniziale della figura di Gesù in un contesto che, da una parte, con la sua ambientazione desertica e il riferimento temporale di 40 giorni, richiama il quarantennale esodo del popolo ebraico ma, dall’altra parte, richiama anche un primordiale – ma qui idealmente alternativo – giardino/paradiso terrestre. Se, infatti, il richiamo all’esodo nel deserto evoca il tempo e il luogo dell’alleanza mosaica, il riferimento a bestie, angeli e al Satana tentatore sembra suggerire a con Dio e a senza Dio la possibilità di recuperare quella primordiale alleanza tra i viventi che, invece, nel giardino/paradiso dei primi umani era in qualche modo fallita. Lo Spirito, che soffiava in Genesi all’inizio del processo di creazione del mondo e dell’uomo, qui sospinge attraverso un nuovo esodo il nuovo uomo Gesù, che riesce a trasformare questo deserto in un nuovo paradiso terrestre dove l’alleanza tra i viventi finalmente si realizza. Diversamente, infatti, dai primi umani – caduti nella trappola dell’isolamento autoreferenziale, rappresentato dalla tentazione del serpente – Gesù, pur venendo tentato da Satana, riesce a ricreare quella alleanza tra tutti i viventi alla quale aspirava l’utopia originaria del giardino/paradiso. L’alleanza originaria tra creature animali e creature spirituali viene recuperata ed espressa nella figura umana di un Gesù che – sul piano animale della propria condizione umana – non ha bisogno di difendersi con violenza dalle bestie selvatiche, con le quali, al contrario, sperimenta una vicinanza pacifica, mentre – sul piano spirituale della propria condizione umana – riceve il necessario da quelle che sono rappresentate come creature angeliche. Se la tentazione satanica è tipicamente quella diabolica della divisione e della contrapposizione, la resistenza a questa medesima tentazione può allora essere immaginata precisamente come la salvaguardia di un’alleanza tra diversi che rinunciano a contrapporsi. La figura di umanità ideale, allora, non va vista tanto in quella rinascimentale, antropocentrica e spiritualistica che, ad esempio, Pico della Mirandola descriveva nell’uomo concepito come divino camaleonte, esortato nella sua potenziale mutevolezza ad allontanarsi dalle bestie per avvicinarsi agli angeli. La figura di umanità ideale diventa piuttosto, per con Dio e per senza Dio, quella che l’artista contemporaneo Michelangelo Pistoletto – riecheggiando non a caso tematiche bibliche di Genesi – intravede nella sua formula della creazione, un logo in cui il cerchio centrale di tre collegati tra loro, indica l’utopia necessaria di un terzo paradiso, da costruire attraverso il ristabilimento di un’alleanza tra il primo paradiso della naturalità e il secondo paradiso creato dall’artificio e dalla tecnica. I lettori con Dio e senza Dio di questa pagina evangelica possono allora riconoscere in questo Gesù di Marco la figura di un’umanità che finalmente risponde alla sua vocazione più profonda e originaria, quella di diventare la custode di un giardino/paradiso che dovrebbe essere una casa comune, cioè un pianeta abitabile per tutti i viventi. E proprio perché oggi, al contrario, l’umanità con i propri comportamenti irresponsabili sta di fatto distruggendo pianeta e viventi, diventa urgente e necessario il messaggio che il Gesù di Marco inizia a far risuonare. Così il Gesù che ha sperimentato l’esodo capace di rendere il deserto un giardino, invita oggi in modo pressante anche noi lettori con Dio o senza Dio di questa pagina evangelica a riconoscere che il tempo rimasto è agli sgoccioli e che l’avvicinarsi di un’opportunità di salvezza richiede di convertirsi e di credere al Vangelo, a quella buona notizia che un’alleanza doverosa e urgente tra i viventi sul pianeta è ancora possibile.

Riferimenti:

Il riferimento di Giovanni Pico della Mirandola all’uomo come camaleonte si può leggere (in una delle tante edizioni disponibili) nelle prime pagine della sua Orazione De Hominis Dignitate

Digitando su un motore di ricerca: formula della creazione e terzo paradiso di Michelangelo Pistoletto si possono trovare in rete numerosi riferimenti e video di presentazione e spiegazione