L’entrata di Gesù a Gerusalemme (Gv 12,9-19)
Continuiamo a presentare la serie di riflessioni che il gesuita belga padre Jean Louis Ska – ben noto a chi frequenta le conferenze del C.I.B. – ha scritte sul Vangelo secondo Giovanni. Tutte le meditazioni in origine sono state pubblicate su Rinascere, rivista del Movimento Rinascita Cristiana, che ringraziamo per la gentile concessione.
di Jean Louis Ska
- Testo
9Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. 10I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Lazzaro, 11perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.12Il giorno seguente, la grande folla che era venuta per la festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme, 13prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore il re d’Israele!». 14Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra, come sta scritto: 15Non temere, figlia di Sion! Ecco, il tuo re viene, seduto su un puledro d’asina. 16I suoi discepoli sul momento non compresero queste cose; ma, quando Gesù fu glorificato, si ricordarono che di lui erano state scritte queste cose e che a lui essi le avevano fatte. 17Intanto la folla, che era stata con lui quando chiamò Lazzaro fuori dal sepolcro e lo risuscitò dai morti, gli dava testimonianza. 18Anche per questo la folla gli era andata incontro, perché aveva udito che egli aveva compiuto questo segno. 19I farisei allora dissero tra loro: «Vedete che non ottenete nulla? Ecco: il mondo è andato dietro a lui!».
- Osservazioni sul racconto
Raccogliamo indizi e poi cerchiamo di interpretare e di trovare il significato dell’insieme.
2.1. Il Salmo 118
Iniziamo con la prima citazione biblica. In genere le citazioni dell’Antico Testamento forniscono chiavi di lettura importanti. Il primo testo è mutuato, in parte, dal Salmo 118:
Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele!
Ecco la citazione completa del Salmo 118,25-26:
Ti preghiamo, Signore: dona la salvezza! Ti preghiamo, Signore: dona la vittoria!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Vi benediciamo dalla casa del Signore.
La parola «osanna» è in realtà una parola ebraica che significa, letteralmente: «salva!» ed è tradotta con «dona la salvezza» nella versione della CEI2008 citata qui sopra. Si gridava «salva!» sul passaggio del re per chiedere il suo aiuto in caso di necessità. 2Re 6,26 descrive una situazione di questo tipo. Nei Salmi 12,2; 28,9; 60,7 = 108,7, il grido si rivolge a Dio. In seguito è diventato costume pronunciare questo grido sul passaggio del re ed è diventato un’acclamazione. Per questo motivo, nel vangelo di Giovanni, il popolo riprende il grido presente nel Salmo 118,25 per acclamare Gesù di Nazaret quando fa il suo “lieto ingresso” nella città di Gerusalemme.
Il vangelo di Gv 12,13, tuttavia, non cita esattamente il testo del salmo. Vi aggiunge intenzionalmente in finale l’espressione: «il re d’Israele». La seconda citazione ne chiarirà subito la ragione.
2.2. La citazione di Zaccaria 9,9
Gv 12,15 cita Zc 9,9 (come gli altri evangelisti, ma Giovanni dà più rilievo all’oracolo, perché lo cita dopo il Sal 118):
Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re.
Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina.
Vale la pena leggere anche Zc 9,10, il versetto seguente:
[Il tuo re] farà sparire il carro da guerra da Efraim e il cavallo da Gerusalemme,
l’arco di guerra sarà spezzato, annuncerà la pace alle nazioni,
il suo dominio sarà da mare a mare e dal fiume fino ai confini della terra.
Notiamo in primo luogo che una parola importante è ripetuta in Gv 12,13 e 12,15: «re». Adesso si capisce perché la citazione del Sal 118 è stata ampliata da Giovanni.
2.3. L’asino e il cavallo
Diversi testi biblici parlano del cavallo, ad esempio Dt 17,14-16; 2Sam 15,1; 1Re 1,5; 1,32-40, in particolare i vv. 33 e 38. Sul cavallo si vedano anche Es 14,6-7.9.17-18.23.26.28; 15,1; Is 33,1-3. Nella legge sulla monarchia di Dt 17 è esplicitamente detto che il futuro re di Israele non può possedere [carri e] cavalli:
Ma [il tuo re] non dovrà procurarsi un gran numero di cavalli né far tornare il popolo in Egitto per procurarsi un gran numero di cavalli, perché il Signore vi ha detto: «Non tornerete più indietro per quella via!».
La successione di Davide, il primo grande re d’Israele, illustra bene la stessa idea. Vi erano, in effetti, almeno due candidati alla successione: Adonia (il primogenito) e Salomone, figlio di Betsabea (cf. 1Re 1,5.33.38). Ora, su quale animale Salomone è montato quando, dopo l’unzione, fa il suo “lieto ingresso” in Gerusalemme? Proprio sul mulo di Davide. Invece Adonia si era procurato un carro e dei cavalli (1Re 1,5). Ed è noto chi è succeduto a Davide… Così il simbolo del mulo o dell’asino dovrebbe essere più chiaro.
Inoltre occorre ricordare che l’asino non ha nella Bibbia la fama che ha nel nostro immaginario. Era un animale indispensabile per i lavori agricoli e il trasporto delle merci. Rubare un asino era un delitto grave: «Se [il ladro] si trova ancora in vita e ciò che è stato rubato è in suo possesso, si tratti di bue, di asino o di montone, restituirà il doppio» (Es 22,3).
D’altronde, diversi testi biblici affermano una certa avversione nei confronti del cavallo (e dei carri), perché il cavallo era usato in antichità innanzi tutto nelle battaglie campali. Il Sal 147,10, ad esempio, è molto esplicito in merito:
[Il Signore] non apprezza il vigore del cavallo, non gradisce la corsa dell’uomo
Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina.
Ed è anche il caso di Sal 20,8-9:
Chi fa affidamento sui carri, chi sui cavalli: noi invochiamo il nome del Signore, nostro Dio.
Quelli si piegano e cadono, ma noi restiamo in piedi e siamo saldi.
Sal 33,17 va nello stesso senso: «Un’illusione è il cavallo per la vittoria, e neppure un grande esercito può dare salvezza». La più bella descrizione del cavallo in tutta la Bibbia è da leggere in Gb 39,19-25 che fa parte del lungo discorso in cui Dio si rivolge a Giobbe con una serie di domande retoriche. Il testo mette in risalto il legame fra il cavallo e il mondo della guerra:
19Puoi dare la forza al cavallo e rivestire di criniera il suo collo?
20Puoi farlo saltare come una cavalletta, con il suo nitrito maestoso e terrificante?
21Scalpita nella valle baldanzoso e con impeto va incontro alle armi.
22Sprezza la paura, non teme, né retrocede davanti alla spada.
23Su di lui tintinna la faretra, luccica la lancia e il giavellotto.
24Con eccitazione e furore divora lo spazio e al suono del corno più non si tiene.
25Al primo suono nitrisce: “Ah!” e da lontano fiuta la battaglia, gli urli dei capi e il grido di guerra.
Possiamo capire meglio la scelta di Gesù di Nazaret. La sua regalità sta nella linea di Salomone, il primo successore di Davide, re pacifico. In effetti, il nome Salomone, così come il nome della città di Gerusalemme, contiene la radice ebraica della parola “pace” (shalóm). Gesù, figlio di Davide, inaugura un tipo di regalità ben preciso. La sua morte tragica sulla croce ne sarà la prova più evidente.
2.4. La comprensione dei discepoli
Gv 12,16 nota il fatto che i discepoli non capirono il significato dell’evento prima della “glorificazione” di Gesù Cristo, vale a dire prima della risurrezione e del dono dello Spirito. Lo stesso fatto è rilevato più volte nel vangelo di Giovanni, in particolare nei discorsi di Gesù dopo l’ultima cena: 2,22; 7,39; 13,7; 14,25-26; 15,26-27; 16,13-14. Soltanto dopo la passione, la morte in croce e la risurrezione i discepoli capiranno il vero significato della regalità di Gesù di Nazaret. Gv 1,49 e soprattutto 18,33-38; 19,12-16.19-22, chiariscono la cosa. L’interrogatorio di Gesù da parte di Pilato verte in gran parte sulla regalità. Gesù sarà proclamato «re» dal rappresentante dell’imperatore romano in Gv 19,14 e ciò sarà iscritto sul titulus affisso sulla croce, e nelle tre lingue principali di quel mondo: in ebraico (la lingua sacra d’Israele), in greco (la lingua della cultura e “lingua franca” del Mediterraneo orientale) e in latino, la lingua del potere romano (Gv 19,19-20): «Gesù il Nazareno, re dei Giudei».
2.5. La reazione della folla e dei farisei (Gv 12,17-19)
Gli ultimi versetti descrivono le reazioni contrastanti del popolo e dei farisei. Il vangelo di Giovanni spiega il successo di Gesù riferendolo alle ripercussioni della risurrezione di Lazzaro, un “segno” o “prodigio” narrato solo dal quarto vangelo. I farisei, invece, temono sempre di più le conseguenze di questo successo. Che cosa temono, in realtà, i farisei? Hanno ragione o torto di preoccuparsi?