Riflessioni teologiche – 69. Martin Kähler: dal cosiddetto Gesù storico all’autentico Cristo biblico

Briciole dalla tavola. Vangelo per senza Dio

di Alberto Ganzerli

Già vent’anni prima di Albert Schweitzer, il teologo Martin Kähler nella sua opera del 1892 Il cosiddetto Gesù storico e l’autentico cristo biblico aveva sottoposto a una radicale critica i tentativi di ricostruire storicamente una vita di Gesù, sottolineando, in primo luogo le decisive e insuperabili lacune che la scienza storica incontra nella ricostruzione di una vita di Gesù: nessuna fonte attendibile e sufficiente, il fatto che senza i Vangeli non sapremmo nulla di Gesù, le discordanze notevoli in particolare tra i Sinottici e Giovanni, il fatto che Gesù potrebbe quindi passare per una figura creata dalla fantasia della comunità intorno all’anno 100, la differenza tra la figura storicamente più verosimile di Paolo e quella di Gesù che sembra invece appartenere al tempo senza storia dei patriarchi veterotestamentari.


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Una ventina d’anni prima dell’opera del 1906 di Albert Schweitzer sulla storia della ricerca sulla vita di Gesù, un teologo tedesco, Martin Kähler afferma: «Io considero l’intero “movimento della vita di Gesù” come una strada sbagliata» e muove perciò alcune fondamentali obiezioni alle medesime “vite di Gesù” studiate da Schweitzer, proponendo come lui una via d’uscita dal vicolo cieco del Gesù storico. Il volume di Martin Kähler del 1892, che pubblica una sua conferenza e un ulteriore contributo, viene tradotto in italiano esattamente un secolo dopo, nel 1992, con il titolo Il cosiddetto Gesù storico e l’autentico Cristo biblico. Per cogliere adeguatamente il significato di questo titolo e del contenuto dell’opera si deve notare che nell’originale tedesco il termine historische tradotto in italiano con storico si riferisce a una dimensione storica fattuale che viene studiata dalla disciplina scientifica della storia, mentre il termine geschichtliche che viene tradotto in italiano con autentico si riferisce a una dimensione qualitativa e di significato, che le vicende storiche possiedono o assumono nel corso del tempo. La posizione di Kähler, infatti, tende a ridimensionare per varie ragioni il Gesù storico indagato dalla scienza storica, da lui accomunato nella critica al Gesù dogmatico, mentre propone di concentrarsi in modo più fruttuoso su quello che lui chiama un Gesù biblico, colto nel suo essere autenticamente reale e vivente. Abbiamo, perciò, nell’approccio di Kähler al problema del Gesù storico, una pars destruens di critica, alla quale segue una pars construens. La contrapposizione tra le due parti viene introdotta dal nostro autore in questi termini che ne evidenziano il carattere insieme perentorio e paradossale: «Posso e voglio sintetizzare il mio monito in maniera davvero paradossale in questo giudizio: il Gesù storico degli scrittori moderni ci nasconde il Cristo vivente. Il Gesù delle “Vite di Gesù” è solo una sottospecie moderna dei prodotti dell’arte inventiva umana, non migliore del famigerato Cristo dogmatico della cristologia bizantina; entrambi sono ugualmente lontani dal Cristo reale».

Martin Kähler spiega i rilievi critici della pars destruens del suo giudizio con queste parole: «Per motivare questo giudizio negativo bisogna fare però alcune ammissioni di carattere scientifico che a prima vista possono sorprendere. Per una vita di Gesù non possediamo alcuna fonte che uno storico possa far valere come attendibile e sufficiente. Sottolineo: per una biografia di Gesù di Nazareth sul metro della scienza storica odierna. Tutt’altra cosa è un’immagine del Salvatore che sia degna di fede per dei credenti; e di ciò si parlerà più avanti. In primo luogo le nostre fonti, cioè i cosiddetti Vangeli, stanno lì così isolati che senza di essi non sapremmo proprio nulla di Gesù, sebbene la sua epoca e il teatro della sua vita siano per altro verso assolutamente chiari sotto il profilo storico; egli potrebbe passare per una figura creata dalla fantasia della comunità intorno all’anno 100. Inoltre queste fonti non si possono ricondurre con sicurezza a testimoni oculari. Per di più esse narrano solamente l’ultimo brevissimo periodo della sua vita. E infine questi racconti si svolgono in due forme fondamentali, [Sinottici e Quarto Vangelo] la cui differenza, data la vicinanza del loro tempo di origine, presunto o supposto, deve suscitare una grande diffidenza verso la fedeltà del ricordo». Aggiunge Kähler: «Nessuno di noi conosce nei particolari come sono andate le cose. La ricerca critica non raggiunge mai con certezza quegli scritti dei primi testimoni dei quali è rimasta notizia, e non siamo ancora neppure lontanamente al punto di spiegare con sufficiente accordo il rapporto reciproco tra i nostri primi tre Vangeli».

Traendo una prima conclusione da questi elementi, Martin Kähler afferma: «Di conseguenza il critico “libero da pregiudizi” si vede di fronte ad un grande campo di rovine di singole tradizioni. Egli è chiamato a tirar fuori per incantesimo dai singoli frammenti una nuova costruzione, se affronta il compito di abbozzare una biografia secondo le esigenze moderne di questa figura che emerge dalla nebbia. Già il semplice accertamento del decorso esteriore dei fatti presenta non lievi difficoltà e molte volte non porta a superare il livello della verosimiglianza». Come ulteriore elemento di problematicità sul piano storico, Kähler propone un confronto – per certi versi paradossale – tra la figura di Saulo di Tarso, che si presenta come una figura storicamente più verosimile e inserita nel proprio contesto, e la figura di Gesù, che si presenta invece come avulsa dal proprio tempo, in una forma che ricorda il muoversi nel tempo senza storia degli antichi patriarchi veterotestamentari. Osserva infatti Kähler: «Se si confronta il Gesù dei nostri Vangeli con Saulo di Tarso, di fatto salta agli occhi una ulteriore distanza tra il discepolo dei Farisei e il Maestro; là il giudeo in carne e ossa, sul quale inequivocabilmente hanno inciso in profondità, e in maniera duratura, le forze culturali del suo popolo e del suo tempo; qui il Figlio dell’uomo, la cui figura e il cui agire danno l’impressione come se ci si muovesse nel tempo senza storia dei patriarchi. Questo non promette nessun grosso guadagno dal risalire alla storia del tempo». A partire da queste osservazioni radicalmente critiche, che sembrano escludere la praticabilità di una ricostruzione scientifica del Gesù storico, Martin Kähler cercherà di articolare una propria proposta, che consenta e suggerisca un approccio alternativo e una via praticabile alla figura di Gesù.

Riferimenti:

Martin Kähler, Il cosiddetto Gesù storico e l’autentico Cristo biblico, D’Auria, Napoli 1992.

Il volume italiano unisce alla prima 1° ediz. tedesca del 1892 che riporta la conferenza di Kähler della quale mantiene il titolo (Die sogenannte historische Jesus und der geschichtliche, biblische Christus, Leipzig 1892) un testo di Kähler del 1896 che viene tradotto con il titolo Il valore della Bibbia per il cristiano consiste principalmente nel fatto che essa contiene documenti storici? (Besteht der Wert der Bibel für den Christen hauptsächlich darin, dass sie geschichtliche Urkunden enthält?, Leipzig 1896).