Gsù, chi è?

Germogli

germogli” è una collanina, nata quasi per caso, dopo una riunione nella quale mi era stato chiesto di proporre una breve meditazione;

germogli” è una cosa piccolissima, debole, un timido inizio, niente di ambizioso;

germogli” ha la pretesa di mettere in comune qualche passo nel cammino di fede guardando alla Scrittura e sapendo che «né chi pianta è qualcosa, né lo è chi irriga, ma è Dio che fa crescere» (1Cor 3,7).

Alberto Bigarelli

di Alberto bigarelli

Un cristiano deve prima o poi porsi la domanda: chi è Gesù? È una domanda ineludibile per chi dice di essere credente e vuole apprezzare meglio il valore della propria fede. È una domanda per così dire drammatica perché Gesù, come è presentato nei Vangeli, si mostra come intimamente contradditorio: come un enigma!

L’agire di Gesù, l’apparire di Gesù, non è un agire e un apparire coerente! È piuttosto difforme, discordante; un agglomerato di opposizioni a prima vista inconciliabili!

“Chi è Gesù?”. In certi momenti moltissimi – appare del tutto come noi: uno di noi, senza alcuna differenza sostanziale rispetto a noi; qualcuno che condivide in tutto il nostro modo di vivere, il nostro modo di sperimentare, di agire, di soffrire. Gesù non appare come un essere intermedio, per così dire, fra l’umanità e la disumanità o la super-umanità, ma uomo in tutto. Non superuomo! Uomo in tutto: nel suo crescere, nel suo svilup­parsi dall’infanzia fino alla maturità. I Vangeli parlano del suo «crescere in età, in sapienza, in grazia, davanti a Dio e davanti agli uomini» (Lc 2,53), parlano del suo lavoro svolto come noi lo svolgiamo. L’immagine di Gesù che, battendo le mani, dà vita a uccelli di creta da lui plasmati è un’immagine grottesca, ricavata da testi apocrifi e che non corrisponde in nessun modo all’agire del Cristo. Lui ha lavorato con attrezzi comuni, normali, faticando con le sue mani callose di lavoratore! Gesù è una persona che conosce la fatica. Di molti uomini il­lustri si dice che avevano una grande capacità di lavoro e d’impegno; non lo si dice di Gesù! Dopo una lunga camminata è stanco – lo vediamo sul mezzogiorno seduto sull’orlo di un pozzo perché è affaticato per il cammino (cf. Gv 4,6); ha fame e sete manda i discepoli in città a comperare da mangiare (cf. Gv 4,8). Chiede avendo sete «dammi da bere!» (Gv 4,10) e sulla barca si addormenta perché è stanco (cf. Mc 4,38).

Gesù non è neppure una personalità che si imponga in modo tale da raggiungere un successo travolgente, senza limiti e senza con­traddizioni, senza smentite, e sperimenta duramente l’in­successo! Vorrebbe fare qualcosa e non ci riesce! Lo dice su Gerusalemme, per esempio: «quante volte ho voluto radunare i tuoi figli come una gallina raccoglie i pulcini sotto le sue ali, e non ci sono riuscito! Tu non hai voluto!» (Mt 23,37; Lc 13,34). Dunque c’è qualcosa che contraddice l’agire e il volere di Gesù, che lo smenti­sce e condiziona il volere del Cristo! «Non poté fare molti miracoli a motivo della loro incredulità!» (Mc 6,6; Mt 13,58). E non riesce a convincerli! Parla, sì, qualcuno dice: «nessun uomo ha mai parlato come quest’uomo» (Gv 7,46); altre volte si dice che al suo discorso la gente si dilegua, tanto che Gesù si vede abbandonato e deve chiedere ai suoi discepoli se vogliono abbandonarlo anche loro! (cf. Gv 6,67).

Ama e non è riamato! Non conquista in modo così irresistibile, con un fascino così potente da attirare quasi magicamente a sé e tenendo legato alla sua persona. Nel momento più importante e più drammatico tutti scappano e lo lasciano solo! (cf. Mt 26,56; Mc 14,50.52). Gesù conosce il pianto! Piange su Gerusalemme, singhiozza! (cf. Lc 19,41). Quindi conosce il dolore, l’amarezza! Conosce la paura, l’angoscia! Non appare né un superuomo, né un virtuoso stoico che avrebbe considerato la paura, l’angoscia, il timore, come sentimenti indegni di una persona realizzata e libera! Gesù conosce la morte e quale morte! È una morte dalla quale nessuno lo libera. È una morte realizzata sino in fondo; umiliante e totale! Gesù conosce la sepoltura. Il suo corpo è un corpo inerte, le cui membra si trattano da altri come un oggetto or­mai, un oggetto che si può deporre in un sepolcro!

Di Gesù si può dire tutto, ma nel senso più forte e senza la minima attenuazione; è quello che gli rinfacciavano i Giudei nel Vangelo di Giovanni: «Sei un uomo!» (10,33).

Eppure, insieme a questo c’è, rispetto all’agire umano, una diversità totale, inconfon­dibile, che lo fa assolutamente unico, non soltanto rispetto a ciò che è comune tra gli uomini, ma anche rispetto agli uomini tout court, come li conosciamo e li abbiamo conosciuti in una storia così lunga di tanti millenni e della quale certo non rimane perfetta memoria, ma qualcosa pur si ricorda dell’umanità da quando è sulla terra! Diversissimo da noi e da tutti! Diversissimo, con quel modo di manifestarsi che, pur non smentendo tutti gli aspetti richiamati in precedenza, è di una potenza irresistibile! Una potenza che si manifesta e si esercita nelle guarigioni anche a distanza, con una parola, o anche senza una parola: con un atto di volontà! (es. Mt 8,5-13; Lc 27,54: il servo del Centurione; Lc 17,11-19: i dieci lebbrosi). I Vangeli, nella loro fondamentale attendibilità storica, riguardo a questi elementi parlano di “folle immense”, di un “tutti” che vuol dire comunque un numero considerevolissimo di quanti a Lui ricorrevano, e venivano guariti anche per semplice contatto. Tant’è vero che ci si riteneva sicuri di poter essere guariti al solo toccarlo, da qualcuno che aveva capito qualcosa di più dell’“enigma” di quest’uomo! Si manifesta poi col dominio sul cosmo, sull’essere e sulla realtà delle co­se; un dominio totale, senza limitazioni, senza ostacoli che possano frapporsi. Senza esitazioni: una signoria assoluta! Sugli elementi che trasforma: a Cana (cf. Gv 2,7-10), sugli elementi della natura scatenata che porta alla calma (Mt 8,26: la tempesta sedata), su Se stesso e sulle cose sconvolgendo le leggi cosmiche, le leggi fisiche: cammina sulle acque (cf. Mc 6,45-52); fa camminare sulle acque! (cf. Mt 14,28) e soprattutto il dominio, fino allora non verificato, su ciò che domina tutto, sulla realtà che signoreggia il mondo e il cosmo, e che tutto il cosmo e il mondo tiene racchiuso nella vanità, che è la morte! Con le risurrezioni, la morte cede a Lui!

La morte, l’ultimo nemico, il nemico invincibile, l’ultima bar­riera all’orizzonte delle possibilità umane comunque, che tutto travolge, è da Lui travolta: la figlia di Giairo (cf. Mc 5,35-43), il figlio della vedova di Nain (cf. Mc 7,11-15), Lazzaro (cf. Gv 2,11-45) Se stesso! La propria risurrezio­ne da Lui operata! Nessuno si è avvicinato al suo sepolcro e ha detto “Gesù, vieni fuori!”. Lui è risorto! (cf. Gv 10,18) Nessun intermediario!

Anche davanti a quest’ultima manifestazione paradossale, di una diversità incomparabile, com’è possibile che quest’uomo abbia sonno, s’addormenti, abbia paura, che non sempre possa fare quello che vorrebbe? (cf. Mt 13,58; Mc 6,5).  E chi è quest’uomo che si sveglia, si alza, e dice: «Taci!» alla tempesta, e la tempesta tace! Chi è costui? Infatti la domanda “Chi è Gesù? attraversa tutti Vangeli, ne sono pieni! Se lo chiedono i discepoli dopo il miracolo della tempesta sedata; se lo chiedono tutti per frasi dette da Gesù in cui si presenta come colui che rimette i peccati (cf. Lc 7,49) e se lo chiede Erode (cf. Lc 9,9). È un uomo? Non è un uomo? Ma perché agisce così? Allora è uomo che viene da altrove! È un uomo di un altro mondo! È già un risorto! È un uomo cioè che partecipa della energia di Dio! “Chi è?”.

Se lo chiedono i Giudei «Tu, chi sei?» (Gv 8,25), se Io chiede Pilato: lo chiede: «Donde sei?», che equivale a “chi sei?” nel modo più impegnato e più profondo: “donde”: appartieni a questa realtà o a un’altra realtà?

Ecco: perché la domanda? La domanda non è per il manifestarsi del divino: la domanda è per il manifestarsi della contraddizio­ne! Non è univoco il modo con cui Gesù appare! C’è una tensione irrisolvibile fra due estremi: da una parte una totalità di umani­tà umile, piccola, limitata, sofferente, e dall’altra la totalità di una potenza non umana, non angelica, divina!

E allora come sì mettono insieme queste cose? 

Questa domanda che si facevano tutti riguardo a Gesù che ap­pariva veramente come l’enigma che non sapevano risolvere, è una domanda ineludibile anche per noi, ed è la domanda primaria che dobbiamo farci riguardo al Cristo: “Chi è?”.

È la prima domanda, perchè dalla risposta a questa domanda po­tranno venire le risposte a tutte le altre domande seguenti; e comunque la risposta a questa domanda condiziona radicalmente il nostro rapporto con il Cristo. Dobbiamo partire da qui! Non si può partire da altrove! L’approccio è diretto, in questo modo: è un prendere le cose di punta.

Non si può impostare il discorso riguardo al Cristo ho detto “impostare” – chiedendoci, ad esempio, se è bello o brutto quello che ha detto; se è buono o cattivo quello che ha fatto; se è sta­to utile, dannoso o contraddittorio quello che ha voluto realizzare, quale il suo ideale. Non è questo! Domande perfettamente legit­time; domande che dobbiamo porci e alle quali dobbiamo dare una risposta, ma non prima di aver tentato dì dare una risposta alla domanda fondamentale: “chi è?”, “che cos’è Gesù? lì resto è conseguente. Dunque la contraddittorietà intrinseca dell’apparire del Cristo provoca l’ineludibilità della domanda sul suo essere e sulla sua natura.

Come rispondere alla domanda? Gesù è un mistero! Un mistero che non si può penetrare mettendo in atto le forza della ragione, tutti gli artifici della nostra riflessione o raccogliendo anche tutti i dati possibili che avessimo a nostra disposizione. Non c’è risposta! Non c’è nient­e fare! Più dati si raccolgono e maggiore appare la contraddizione. Non puoi rispondere!

Perché la contraddizione pervade il “mistero” di Gesù ad ogni istante, in ogni aspetto, ad ogni livello; e poi perché la con­clusione alla quale secondo Gesù si deve arrivare, è una conclusione non giustificabile razionalmente dalle premesse di fatti constatabili. C’è un salto! C’è qualcosa che va al di là! Il suo “essere” è intrinsecamente misterioso al punto che non c’è nulla che possa spiegarlo! Non soltanto non c’è nulla che possa spiegare le contraddizioni con cui appare, ma non c’è nulla che possa delimitare il contenuto del suo “essere”, che è comunque inattingibile! Di conseguenza anche una volta che sia data la risposta, la risposta rimane in fondo di abissale grandezza, di profondità imperscruta­bile, insondabile: rimane ancora un mistero!

Gesù è razionalmente inconoscibile! Questo ha detto Gesù di sé: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo» (Mt 11,25-27). Dunque: l’ha rivelato a qualcuno, ma anche questi non lo co­noscono: la conoscenza più piena, la vera conoscenza che si ha del Figlio è solo quella che ha il Padre! Dio solo lo conosce. Gesù allora, prima di tutto, dice che la risposta alla domanda che lo riguarda è umanamente. impossibile. È grazia, è dono! Rimane co­munque al di là di ogni formulazione possibile espressa con gli strumenti della nostra razionalità e del nostro linguaggio: va oltre! E non è possibile poi una vera risposta a meno che non sia rivelata. Una rivelazione che è del Padre e la da a chi vuole, preferibilmente ai “piccoli”!  Sono altre forze dunque, quelle che consentono di capire l’“essere” di Gesù rispetto alle forze dell’intelletto. Questo non significa che non ci siano persone intelligenti o colte che pos­sano conoscere Gesù, ma ogni ragionamento o analisi che voglia inquadrarlo inciampa, cade nello “scandalo”, confonde, disorienta, non ci capisce più nulla, la mente si ottenebra tanto è “altro”, rispetto all’intelletto, quello che mostra di sè Gesù! Ripeto soltanto grazie ad una rivelazione si può dire qual­che cosa del Cristo: una rivelazione del Padre!

Nel Vangelo soro contenute due rivelazioni fondamentali date dal Padre riguardo al Cristo, che il Cristo stesso ha accettato e convalidato. La prima è quella in cui Pietro rispondendo alla domanda rivolta ai discepoli «voi, chi dite che io sia?» risponde dicendo «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,15ss.). è indubbiamente una risposta data per rivelazione tant’è vero che Gesù è stupito di questa cosa, ammirato, e dice: “Beato te! Perchè se hai detto questo, che è vero, certo non sei stato tu! Non è stata la tua testa, non è stato il tuo cuore, non è stato amore! No! Né testa, né cuore, né amore; «non carne, né sangue!», ma il Padre mio te lo ha rivelato! Quanto Pietro capisse, in quel momento, quello che diceva, resta ancora da precisare; ma quello che ha detto era vero, e l’ha detto perché il Padre glielo ha rivelato!

La seconda rivelazione è stata data anticipatamente da parte del Battista dallo stesso manifestarsi del Cristo, di cui pure Gesù riconosce che «gli ha reso testimonianza» (cf. 1,7.19) e che dice espressamente, parlando di Gesù, che egli non lo conosceva, ma che c’è stato qualcuno che gli ha indicato chi era e che cos’era. La risposta del Battista alla domanda “chi è Gesù?” è più complessa e più ricca che quella dì Pietro: è il Messia (cf. Gv.3,25), l’Atteso, il Re d’Israele; è lo Sposo, colui che realizza la comunione di amore, di grazia, di gioia, fra Dio e il suo popolo. È il Giudice che passerà tutto e tutti al va­glio, discernendo quelli da raccogliere nel granaio da quelli da bruciare! È l’Agnello di Dio, il Redentore, la Vittima. che por­ta su si sé e che portando su di sé, nella sua immolazione, cancella – il peccato del mondo: tutto il peccato di tutto il mondo! È colui che battezza Spirito Santo, che immerge nello Spirito Santo e che partecipa lo Spirito in modo che attraverso di Lui si è trasformati e rigenerati nello Spirito!

È il Preesistente, che era «prima di lui» (cf. 1,30) pur essendo apparso dopo di lui. Un “prima” che non si riferisce a un tempo calcola­bile; ma che indica e suggerisce un’eternità insondabile! Riguardo a tutto questo Gesù dice: è vero! Perchè in termini generali, ma più volte, attesta che il Battista ha detto il vero: «ha testimoniato» riguardo a Lui!

Ma quello che gli altri dicono del Cristo, anche in verità perché ispirato da Dio, è ancora inadeguato rispetto a quello che Gesù stesso può dire e dice di sè. La risposta al “chi è Gesù?”, sebbene ci sia qualcuno che ha dato testimonianza, la dà in modo più appropriato Lui quando l’evangelista ricorda che «non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza» (Gv 2,25). Egli stesso dice di sè meglio e incomparabilmente di più di quanto chiunque altro, pure illuminato possa fare. Gesù è il vero rivelatore di se stesso! Non possiamo apprenderlo da nessun altro se non dalle sue stesse labbra.

Siamo passati così dall”“enigma” al “mistero”! La risposta più chiara alla domanda sul “chi sia Gesù” la dà Lui stesso: non può darla al­tro che Lui! Meglio, essendo un “mistero”, la dà il Padre! Già l’ha data a qualcuno durante la missione terrena del Cristo – a Pietro e al Battista, in particolare – ma, il Cristo si definisce portavoce del Padre, è la rivelazione stessa del Pa­dre. quindi, passa attraverso la parola dei Cristo: «Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1,1). La rivelazione quindi di quel mistero che solo il Padre conosce e che concerne Gesù, il Padre stesso la fa essenzialmente mediante Gesù! Ed è questo il compito particolare che Gesù afferma di essere venuto a svolgere sulla terra: «Io sono venuto per rendere testimonianza alla Verità!» (Gv 18,17), Gesù quindi è venuto, prima di tutto, a rivelare se stesso, Perchè “la Verità” è Lui stesso. «Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo» (Gv 17,3); Gesù è venuto prima dì tutto a offrirci in dono la conoscenza di sé quindi parla continuamente di se stesso: è il centro del proprio discorso! E il contenuto essenziale del Vangelo, è l’autorivelazione di Gesù! Chi cerca nel Vangelo prima altre cose, sbaglia obiettivo!

Gesù, allora che è venuto per rendere testimonianza alla verità, e quindi per parlare di sé, chi dice di essere? Prima di tutto dice di essere uomo. Il modo con cui Gesù parla di sé è molto particolare nel Vangelo. Gesù parla di sé in terza persona, definendosi continuamente con un termine che fa proprio e che applica a sé spessissimo che è “uomo”: Dice di sé: «Il Figlio dell’uomo»! E “Il Figlio dell’uomo”, a parte altre cose, vuol dire certamente “uomo”, “Ben-Adàm” (ebr.): uomo per natura! Quindi Gesù, continuamente, parlando dì sé, perché la gente non si confonda dice: “Io sono un uomo”, uomo, ”figlio dell’uomo!”. È un termine che pur avendo altre risonanze intanto vuol dire certamente “di natura umana”. È “uomo”! (cf. Mt 8,20; 11,12; 20,28; ecc.).

 Inoltre Gesù dice di sé di essere soggetto al Padre in tutto! Molto di più di quanto non si sottomettano a Dio, o non siano sottomessi a Dio, comunemente gli uomini! Faccio un esempio: se devo partire per Milano consulterò eventualmente il mio superiore, se sono in una Comunità religiosa, ma se sono un libero cittadino consulto semplicemente l’orario ferroviario e parto. Gesù no! Gesù diceva: voi sì potete andare a Gerusalemme quando vi pare; io no, non posso, perché io debbo an­darci quando il Padre vuole che io ci vada! (cf. Gv 7,14; 11,6) È importantissimo! La misura della soggezione di Gesù al Padre non è inferiore a quella degli altri uomini, non è uguale a quella degli altri uomini, ma incomparabilmente superiore. Il margine di autonomia del Cristo è nullo! (cf. Gv 4,34; 5,30; 6,39; ecc.). Soggetto al Padre in tutto, sempre obbediente alla volontà, la sola cosa che si prefigge è fare sempre quello che piace al Padre (cf. Gv 8,29).

Gesù sta sottomesso alla Legge in tutto! Lo afferma lui stesso quando dice ai Giudei: «chi può convincermi cioè accusarmi con motivazioni probanti – di peccato?» (Gv 8,46). Si riferisce ovviamente alla propria osservanza della Legge mosaica affermando che essa è impeccabile! Mentre lui sfida tutti gli altri e dice: «chi è senza peccato scagli la prima pietra» (Gv 8,7) e nessuno la sca­glia! Se dice che nessuno può provare che Egli abbia com­messo un peccato, vuol dire che la sua obbedienza è totale! È la Legge di Dio! Dono dello Spirito Santo dato per questo a loro dal Cristo, perché conoscessero pienamente Gesù.

Gesù dice di essere il Messia! Prima di tutto se lo lascia dire, cioè non smentisce coloro che, per rivela­zione particolare ricevuta o per aver riflettuto sulle opere che faceva e per essere stati convinti dalle opere che Egli faceva gli dicevano: “tu sei il Messia!”. Se lo lascia dire per es. da Natanaele (cf. Gv. 1,49), ma non è la rivelazione dì quel mistero profondissimo che è contenu­to nelle parole «Il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16) di Pietro; non è cer­tamente ancora questo! È una chiara affermazione però della messianità dì Gesù: Gesù è il Messia! Cioè è il Re di Israele, il re universale atteso per la fine dei tempi come donatore di pa­ce e di bene, della riconciliazione con Dio e di ogni benedizione. Il Messia. Gesù dice di sé di essere questo, prima di tutto lasciandoselo dire. Il cieco di Gerico lo invoca continuamente: «Figlio di Davide abbi pietà di me!», Cercano di farlo star zit­to ma egli ancora più forte: «Figlio di Davide!» (Lc 18,35-39). È un’espressione inconfondibilmente messianica: vuol dire “il Cristo”, il Messia atteso. Era atteso come un germoglio che sarebbe spuntato dalla radice di Jesse (cf. Is 11,1): il Figlio di Davide, discendente di Davide, secondo le promesse. Non c’è Messia che non sia figlio di Davide! Cristo è il discendente di Davide: discendente di Davide che doveva sedersi sul trono della sua regalità. Nell’ingresso di Gesù a Gerusalemme si lascia acclamare “Figlio di Davide”: Messia! Tanto che i sacerdoti sono sconcertati, i Capi del popoìo si chiedono che cosa stia succedendo e dicono: «Falli star zitti!». E Gesù dice: «niente affatto! se non lo dicessero loro, lo direbbero le pietre!» (cf. Lc 19,40). Quindi Gesù afferma di sé di essere il Messia perché lascia che lo dicano. Anzi, si comporta in modo da mostrarsi come il Messia: sale su un asinello in occasio­ne delle feste di Pasqua ed entra in Gerusalemme acclamato dai discepoli! Questo è il modo per dire: il Messia sono io, incarnando una profezia notissima e presentandosi nel modo in cui lo si aspettava.

Si comporta come il Messiaabbiamo visto sempre, non sol­tanto in questo. Anche nel compiere i miracoli lo fa per mostrarsi Messia, Quando Giovanni Battista manda un discepolo a chiedergli «Sei tu quello che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?», Gesù dice: «Guardate e riferite al Battista quello che vedete: i ciechi vedono, gli zoppi camminano, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo!” (cf. Mt 11,2-6). Era quello che faceva Lui! Vuoi dire: andate a dire a Giovanni il Battista che io compio tutte le opere del Messia; ditegli che le compio per mostrarmi il Messia! Quindi che Gesù abbia affermato la propria messianità non ci sono ombre di dubbio, a qualsiasi livello di lettura de1 Vangelo ci si ponga. Gesù, oltre a 1asciarselo dire, oltre ad agire formalmente come i1 Messia per mostrarsi tale, lo dice chiaramente di sé. Nel dialogo con la samaritana lo dice espressamente (cf Gv 4,25), ma anche nei sinottici lo fa. Ad es. la parabola dei vignaioli (cf. Mt 21,38) è l’“Erede”, rispetto ai “servì”; è “il Figlio”, e in questo caso nel senso di Messia: colui al quale è dato il Regno, colui al quale è dato tutto il potere, chiaramente in senso messianico. Quindi, lo dice di sé! E infatti capirono benissimo che era Lui colui al quale si riferiva. Lo dice attribuendosi la funzione di “pietra d’angolo” fatta tale da Dio proprio perché era stata respinta dai costruttori: testo essenzialmente messianico. Nei vangeli le affermazioni della propria messianicità.

Soprattutto lo dice nei termini più chiari, formali e solenni, più inequivocabili, davanti al supremo Tribunale, alla suprema autorità religiosa del popolo di Israele: il Sinedrio. Quando scongiurato nel nome del Dio vivente di dire se era il Cristo, risponde: «Tu l’hai detto …  anzi io vi dico: D’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo» (Mt 26,64). È un sì inequivocabile, pronunciato in Tribunale davanti all’Assemblea convocata, ed è un “sì” pronunciato in modo tale che gli costerà la vita!

Non soltanto davanti a Israele, ma anche davanti alle genti, lo ripeterà infatti davanti a Pilato: «“Sei tu il re dei Giudei?”, Gesù rispose: “Tu lo dici”» (Mt 27,11-12). E vuol dire “è così!”

Poi aggiunge: «Il mio regno non è di questo mondo» (Gv 18,36); comunque dice “Io sono re!”. “Re” vuol dire “Messia”, nel contesto che nonostante tutto Pilato poteva ancora in qualche misura benché pallida comprendere. Pilato, se Gesù avesse detto “Io sono il Cristo” non avrebbe capito assolutamente niente! Ma quando Gesù dice: “lo sono re” capisce che ha una pretesa messianica, perchè dell’attesa di un Re qualche cosa sapeva certamente.

Per questo si dice che Gesù, è il centro delle Scritture perché sono incentrate nella predizione del Messia, tutte orientate all’annuncio del Salvatore promesso, Re, discendente di Davide. E le Scritture, secondo Gesù, parlano di Lui ed è un altro modo per dire: “Io sono Colui che è preannunciato, cioè il Messia, colui che è predetto per eccellenza!” Ancora: “Sono io il centro della storia di Israele”, vuoi dire ancora “Io sono il Messia”. È il centro della storia del mondo, ma in modo particolare il centro della storia di Israele! «Molti re e profeti desiderarono vedere quello che voi vedete e non lo videro…» (Lc 10,24): cosa significa? Che cosa desiderarono vedere molti re e profeti se non il Cristo? Ad es. «Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia» (Gv 8,56). Ciò che il popolo di Israele, lungo tutta la sua storia, desiderava vedere era il Messia! Quando Gesù dice «molti re e profeti desiderarono vedere ciò che voi vedete» vuol dire: “Io sono il centro della attesa d’Israele!’, cioè “Io sono il Messia!”. Lo dice dunque in tutti i toni, in tutti i modi, così da rendere la propria autotestimonianza assolutamente inequivocabile e irrefutabile.

Sempre nella linea messianica precisa la figura del Messia portando molto avanti la rivelazione che l’Antico Testamento fa di lui, ed esplicitandola comunque come lui solo di sé poteva fare: “Sono il Messia in quanto sono l’unico Salvatore: ‘sono il Messia che è il Salvatore! Che è il Salvatore universale, unico: unica via di salvezza! (cf. At 4,12).

«Io sono la via» (Gv 14,6). “La via” è un termine classico della tradizione di Israele per indicare la via che porta alla salvezza: la via della vita, la via indicata da Dio! Bisogna passare attraverso di lui per giungere a Dio! Camminare dietro a lui per giungere alla vita; se lui è “la via”. Anzi occorre camminare “in lui” come si cammina in una strada, per una strada.

 «Io sono la luce del mondo» (Gv 8,12). Certo il Messia era il “rivelatore”, ma Gesù si dice “la luce del mondo!”. Era predetto: «ti ho posto luce delle Genti» (Is 42,6), ma Gesù dice: “luce del mondo sono io: luce vera!”, «La luce che illumina ogni uomo» (Gv 1,9), diranno i discepo­li illuminati dallo Spirito! «lo sono la luce del mondo», luce unica tanto è vero che non si può camminare senza di lui; perchè chi cammina senza di lui, al di fuori di lui, al di fuori della sua influenza, del suo “raggio” inciampa, cade! Non si può muovere un passo senza di lui! Quindi è l’unica possibilità della salvezza. La tenebra è il segno della perdizione perché è il segno della morte, è il regno della tenebra: «Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse» (Is 9,1): “tenebra”, “ombra di morte”, sono formule che si corrispondono. Gesù dice: “Io sono la luce”: “la” luce non “una” luce. “La luce! (Gv 1,9).

Io sono l’unica possibilità dì sopravvivenza dell’uomo, perché sono Il Pane dato da Dio per la vita del mondo! Senza di me: digiuno! Non si mangia, non c’è “pane”, non c’è nutrimento! “Il pane”: il pane vero! (cf. Gv 6,33), La stessa manna, al confronto, non era pane: non era “pane vero”! E non era “il pane disceso dal cielo, il pane di Dio”!: era un segno. “Il pane” è lui! La salvezza unica dunque è lui; perchè è lui l’unica strada, lui l’unica luce, lui l’unico nutrimento.

Io sono la vite (cf. Gv 15,1ss.) che vuol dire certo “Io sono Israele: il vero Israele”, ancora il Messia, ma Gesù sviluppa il concetto perché è Israele la vite, è classico: «E Iddio piantò una vigna su un fertile colle…» (Is 5,1ss.), e tanti altri testi e Salmi, ma Gesù sviluppa, questo concetto è la tipica sua amplificazione delle implicazioni messianiche – dicendo che chi è fuori di lui secca, muore! Cioè “sono l’unico che trasmette la vita, soltanto chi è unito a me ha la vita! Perchè altrimenti sì e come un tralcio staccato dalla vite: senza vita: niente! buono soltanto da essere bruciata. Quindi sono l’unico salvatore. Sviluppa così tutte le potenzialità dell’Antico Testamento portandole al limite e aggiungendo qualche cosa!

«Io sono la porta» Gv 10,79. Nessuno entra nella salvezza se non passando attraverso la porta che è il Cristo. Nessuno entra nel Regno se non passando attraverso di lui! «Sforzatevi di entrare per la porta stretta» (Mt 7,13) e “la porta”, dice, sono io! Quindi se la porta è chiusa non si passa; se non c’è la porta c’è un muro che sbarra l’accesso alla vita, al Regno!

Dice ancora: «Io sono il buon pastore» (Gv 10,11). Poi sviluppa il concetto; certo, il Messia era il “buon pastore” perché era colui che governava il suo popolo in nome dl Dio: certamente tutto questo era noto. Ma Gesù dice: “tutti gli altri, al di fuori di me, non vengono al­tro che per rubare e disperdere!” (cf. Gv 10,12-13). L’unico pastore “buono” sono io; cioè non c’è salvezza all’infuori di me! Non sono soltanto “un” Pastore buono, ma sono l’“unico” Pastore di cui si può dire veramente che è “buono” e che conduce ai pascoli della salvezza: l’unico salvatore!

Dice ancora di sé Gesù, ripetutamente, “io sono il donatore dello Spirito Santo”. Lo Spirito Santo era il dono atteso, il dono dei tempi messianici, la comunione con Dio, l’esperienza dell’amore di lui, la verità e la santità della vita! Gesù svilupperà moltissimo tutte queste cose; le svilupperanno i discepoli che ricevettero lo Spirito Santo per parlare di Gesù, di colui che si può capire soltanto in quanto “donatore dello Spirito”, cioè elargitore del dono supremo. Gesù dice: “lo Spirito Santo lo dò io! È a me che devi chiedere l’acqua, e io ti do dà l’acqua viva che zampilla per la vita eterna” (cf. Gv 4,13-14). E ancora ai discepoli: “Sono io che dò il Paraclito, lo Spirito della verità! Sono io che lo dò!” (cf. Gv 14,15).

Io sono la vera Legge; cioè l’unica verità alla quale bisogna adeguarsi per piacere a Dio: la norma di vita fuori della quale quindi non c’è salvezza, perché non c’è il gradimento di Dio: il Signore ha detto: «Prendete il mio giogo sopra di voi!» (Mt 11,29-30). Quindi è il Messia, ma non soltanto come “correttore” della Leg­ge, come tutti gli ebrei già sapevano e lo pensavano, ma si sostituisce alla Legge! Un tipo di Messia fuori schema! Che razza di Messia è! Molto più che il Cristo atteso consapevolmente! È il Messia secondo tutta la potenzialità del termine portata all’ultimo sviluppo e ancora trascesa!

Dice ancora di sé «Io sono la risurrezione e la vita» (11,25). Non soltanto “colui che fa risorgere”, ma “sono la risurrezione stessa perché sono io la vita” e nessuno ha la vita se non “in” e “per me!” Quindi non c’è salvezza, non c’è vita eterna, se non in lui! Ma non basta. Gesù dice di sé: “Io sono il Signore!” (cf. Gv 13,16). È molto di più che Salvatore! Matteo scrive: «Disse loro: “Come mai allora Davide, mosso dallo Spirito, lo chiama Signore, dicendo: Disse il Signore al mio Signore: siedi alla mia destra finché io ponga i tuoi nemici
sotto i tuoi piedi? Se dunque Davide lo chiama Signore, come può essere suo figlio?”» (22,43-45). “Signore”: non è soltanto il “Messia”: qui vuoi dire che è più del Messia! Perchè contrappone “Signore” a “Messia”! Non avrebbe citato questo testo, che invece vuoi dire: io non sono soltanto il Messia – non vuol dire evidentemente di non essere il Figlio di Davide – ; infatti abbiamo visto che approva chi lo chiama così per­ché dice: “lo direbbero le pietre se non lo dicessero loro!” Ma dice però: “non sono soltanto questo: sono anche di più! E non è nemmeno tanto giusto qualificarmi come “Figlio di Davide”, come se questa fosse la mia carta d’identità; “la mia carta d’identità è un’altra!” Messia? Non basta! È improprio! Pur essendolo, è anche molto di più! “Signore” è il termine con cui ci si riferisce a Dio! Difat­ti Gesù ha il potere dì rimettere i peccati, potestà che nessuno ha se non Dio solo. L’ha data al Figlio. Gesù ha ricevuto tutto dal Padre! Dice: «Io sono la risurrezione e la vita!» Ma dice ancora «come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso» (Gv 5,26); “il Padre mi ha dato di avere la vita in me e di essere quindi la vita!”. L’ha ricevuto e l’ha total­mente!

«Il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato» (Mc 2,28; Lc 6,5). Questo va oltre tutti i

termini messianici. “Signore del sabato chi è?” Dio soltanto! Il sabato è l’opera suprema compiuta da Dio. L’opera compiuta quando? Nel giorno perfetto: nel “settimo giorno”! Negli altri sei giorni creò le cose e gli esseri viventi, il settimo giorno creò la benedizione! La creazione vi­sibile e invisibile: fece l’opera suprema: il sabato! Allora, chi è “il Signore del sabato”? Il sabato è una realtà meta-creata, cioè al di là della creazione e Gesù dice: “lo sono il Signore del sabato! Il sabato è soggetto a me!” Come dice: “Io sono il Signore degli angeli” e ancora «in verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo» (Gv 1,51).

“Io sono giudice il giudice supremo”(cf. Gv 5,22.27.30). Il Padre ha delegato al Figlio il «potere di giudicare» (Gv 5,27). Il criterio del giudizio è sulla consistenza o meno del rapporto col Signore e la sentenza del Figlio non fa altro che ratificare quello che l’uomo stesso ha deciso nel suo libero arbitrio. La sentenza che emette Gesù è giusta perché è basata sulla conoscenza del disegno del Padre e la sua fedeltà di Figlio a quel disegno d’amore (cf. Gv 5,30). Il Figlio escluderà solo coloro si sono esclusi per scelta propria dalla vita offerta da Gesù e rifiutandosi di praticare l’amore.

“Qui c’è qualcosa di più grande del Tempio! Cosa c’era di più grande del Tempio? Il mondo è stato fatto per il Tempio, secondo una concezione rabbinica che certamente Gesù sapeva e condivide­va, perchè il Tempio è lo sgabello di Dio e il mondo sta su perchè c’è il Tempio! Ma Gesù dice: “Io sono più grande del Tempio!” (cf. Mt 12,6). Anche questo suo affermarsi in rapporto al Tempio è uno dei motivi fondamentali della sua accusa.

Anzi: “Io sono il Tempio vero!” Il Tempio: i1 luogo dell’abita­zione personale di Dio e con Gesù quest’abitazione è il suo corpo: nel mio corpo abita personalmente Dio. Anzi “Il mio Corpo è il Tempio!”. Gesù lo dice di sé e non dobbiamo aspettare S.Paolo che lo espliciti, ma Gesù già lo dice di sé, quando afferma: «distruggete questo Tempio e io in tre giorni lo riedificherò; parlava del Tempio del suo Corpo!» (Gv 2,19-21). Ed è per questo che in rapporto al Tempio vero e proprio, all’edificio materiale, si comporta con tanta signoria, disponendone, perché Lui è più grande del Tempio, come dice espressamente.

È il più grande di tutti i profeti con la differenza di natura rispetto a loro. Quindi non è soltanto nell’or­dine degli “uomini inviati da Dio”, è qualcosa di più! Lo dice nella parabola dei vignaiuoli (cf. Mt 21,33-46); lo dice rispetto a Giona, “tipo” dei profeti (cf. Lc 11,29-30). È più grande di Salomone, più grande di tutti i re (cf. Mt 12,42). Poi più grande di Abramo! (cf. Gv 8,56). Quindi non solo discendente del grande patriarca, ma più grande di lui. Questa affermazione è molto maggiore di quella in cui dice che è più grande di Davide, perchè Abramo è il Padre del popolo! E lo dice espressamente di sé: “sei forse più grande di Abramo? Più grande di Giacobbe?” Ancora, lasciando che si dica: “sei forse più grande del nostro Padre Giacobbe? Perché è colui che ha ogni potere: ogni potere è stato dato al Figlio (cf. Mt 11,27). Gesù lo dice anche dopo la risurrezione, ma lo dice già prima: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra”. Ed è colui che attira tutta la realtà e attira a sé tutti gli uomini e tutte le creature: “Attirerò tutti a me!” (Gv. 28,18).

Ma Gesù è ancora qualcosa di più: è il Figlio, il Figlio preesistente. Ci sono tre termini che qualificano Gesù: “Il fi­glio dell’uomo”, “colui che il Padre ha mandato” e “il Figlio”. Nel Vangelo di Giovanni acquista un valore tutto parti­colare, perchè dice in un passo: “colui che il Padre ha santificato e mandato nel mondo” (10,36). Quindi non è soltanto un “inviato”, è l’inviato per eccel­lenza; in modo diversissimo da come erano stati inviati gli altri. È l’erede (Mt 21,30): prima i vari amministratori e servi, poi c‘è Uno che non è il servo, ma è il Figlio! In questo caso Figlio si contrappone a “servo” anche se viene chiamato paradossalmente servo, ma lui stesso l’ha affermato: «io sto in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22,27). Appare con questo nome negli Atti degli Apostoli (4,30), lo chiamerà così S. Paolo (cf. Fil 2,7). Gesù è Figlio in modo unico, inconfondibile tant’è vero che è il “Figlio Unigenito”, il Figlio preesistente alla creazione, che era presso il Padre ed è venuto, mandato nel mondo. Quindi è preesistente alla propria nascita. Non è nato nel mondo, semplicemente: è stato mandato nel mondo: se è venuto c’era prima. Di nessuno di noi si può dire che siamo stati “mandati” nel mon­do: noi siamo venuti dal mondo, siamo “dalla terra”, la nostra nascita naturale è dalla terra! Gesù invece è stato “mandato” nel mondo: allora c’era prima! (cf. Gv. 10,36; 16,28). Esistente dall’eternità, da “prima che il mondo fosse” dice ancora Gv.17,5. Quindi fin da prima, naturalmente, incomparabilmente, infinita­mente, di tutta la storia di Israele; “prima che Abramo fosse!”.

È il “figlio di Israele”, è “la vigna”, è “il figlio di Davide”, è “il Figlio di Abramo”, ma è anche “prima che Abramo fosse!”. non “era”, ma “Io sono” (Gv 8,58). Gesù in questo modo si chiama “Colui che è”, con una chiara allusione al nome con cui Dio definisce se stesso, secondo la tradizione greca, ma che evidentemente si rifaceva già ad una interpretazione ebraica di quel termine che troviamo in Esodo 3,14. Allora Messia, Signore, Figlio preesistente dall’eternità, colui che ha l’essere, l’esistente per eccellenza e ancora di più: Dio!

Gesù se lo lascia dire. Non ama dirlo di sé perché, nonostante tutto, il termine “theòs”, Dio, all’epoca era un termine ambiguo. Il termine “theòs” poteva indicare proprio quegli esseri intermedi fra Dio e la creazione – i semidei – che Gesù dice assolutamente di non essere! Dice di essere Dio, e non potrebbe dirlo con maggior chiarezza perché “theos” sarebbe, in questo caso, troppo poco. È la frase di Tommaso che chiude il Vangelo: “Mio Signore e mio Dio!” Gv 20,28) in cui dove il termine “theòs” è posto accanto al termine “kyrios” acquista tutta la chiarezza desiderata.

Gesù è nel Padre (cf. Gv.14,11), “in Dio!”. In Dio c’è composizione? In Dio cosa c’è? Ossa, nervi.., cosa c’è? Cosa c’è in Dio che non sia Dio? E Gesù dice di sé: «io sono nel Padre e il Padre è in me». Questa è un’affermazione non ambigua della divinità! «Chi vede me vede il Padre!» (Gv 14,8); non c’è nessuna distanza, nessuna dissimiglianza: c’è l’immanenza perfetta dell’Uno e dell’Altro: “Io sono nel Padre e il Padre è in me!”, in modo che è inutile dire: «mostraci il Padre!» (Gv 14,8).

Compito del Messia era di essere colui che orientava al Padre, indicava il Padre, conduceva al Padre, portava alla salvezza; Gesù supera completamente le categorie messianiche perché dice: il Padre lo vedi già: chi vede me, vede il Padre! Non è soltanto un tramite, non è soltanto un mediatore: è il termine del cammino. Non è soltanto la “via”, è il “porto”!

Questo numero riporta la trascrizione, opportunamente risistemata, della registrazione di un incontro vicariale tenuto da d. U.Neri della Piccola Famiglia dell’Annunziata il 02.02.1986 nella Parrocchia di Riola di Vergato (Bo).