Riflessioni teologiche – 85. Albert Schweitzer e le tre considerazioni sul Gesù storico

Briciole dalla tavola. Vangelo per senza Dio

di Alberto Ganzerli

Albert Schweitzer, nel capitolo 23 della sua Storia della ricerca sulla vita di Gesù, dopo aver proposto un’impostazione metodologica del problema del Gesù storico che operi le necessarie distinzioni, arriva a formulare tre considerazioni: l’impossibilità di arrivare sul piano storico a un’affermazione incontrovertibile sull’esistenza o non-esistenza storica di Gesù; la convinzione che l’ipotesi della storicità di Gesù – inteso come predicatore escatologico del Regno di Dio – rimanga nonostante le contestazioni la più verosimile e fondata; la presa d’atto che, anche una volta arrivati a una convinzione scientificamente argomentata a favore dell’esistenza del Gesù storico, la rappresentazione storica di quest’ultimo lo rivela essere molto lontano e diverso dalle rappresentazioni cristiane, credenti, ecclesiali e teologiche della sua figura.


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Nel capitolo 23 della sua Storia della ricerca sulla vita di Gesù Albert Schweitzer, dopo aver proposto un’impostazione metodologica del problema del Gesù storico che operi le necessarie distinzioni, in particolare tra problematiche teologiche e problematiche storiche, arriva a formulare tre considerazioni riguardo alla storicità o meno di Gesù. Una prima considerazione consiste nel riconoscimento – e nella conseguente accettazione – dell’impossibilità di arrivare sul piano della scienza storica a un’affermazione incontrovertibile sull’esistenza o non-esistenza storica di Gesù. Afferma al riguardo Albert Schweitzer: «Dal punto di vista del rigoroso pensiero scientifico non è possibile dimostrare in modo cogente né la tesi positiva né la tesi negativa. Ogni tesi storica deve basarsi su testimonianze passate che non possiamo più verificare direttamente, e resta in definitiva un’ipotesi. Quando si afferma che la storicità o la non storicità di Gesù è un dato sicuro, si fa uso di un’espressione che in una conversazione normale è sufficientemente precisa, ma nell’ambito della scienza rigorosa deve venir tradotta nel senso che l’una secondo la tradizione, è oltremodo verisimile, mentre l’altra è molto inverisimile. Negli scritti diretti contro Drews […] gli autori […] si trovano davanti al grande problema per il quale, in realtà, con le testimonianze del passato non si può mai dimostrare nulla, ma al massimo soltanto rendere le cose più o meno verisimili. Nel caso di Gesù, inoltre, la cautela teoretica diviene ancora più significativa, poiché tutte le notizie che lo riguardano risalgono ad un’unica fonte della tradizione, cioè al cristianesimo primitivo, mentre non esistono dati provenienti dalla storia profana giudaica e pagana che consentano una verifica. Non è quindi nemmeno possibile elevarsi ai gradi più alti della verisimiglianza. […] Da un punto di vista puramente logico la storicità e la non storicità di Gesù restano sempre soltanto congetture».

Preso atto che si tratta di «congetture» – che potremmo forse intendere e definire anche ipotesi con un grado maggiore o minore di probabilità – una seconda considerazione da parte di Schweitzer consiste nell’esprimere la propria convinzione a favore della storicità di Gesù, formulata molto nettamente in questi termini: «Dall’esame delle affermazioni relative alla storicità e alla non storicità di Gesù risulta quindi che le difficoltà che i sostenitori di quest’ultima devono affrontare sul piano storico-religioso e storico-dogmatico e su quello dell’interpretazione più antica sono di gran lunga più numerose e più rilevanti di quelle con cui devono misurarsi i loro avversari. Tutte queste difficoltà vanno considerate nel loro complesso come insuperabili e insolubili. A ciò si aggiunge che le ipotesi finora formulate sulla non storicità sono in un contrasto assai stridente l’una con l’altra e si elidono reciprocamente, per quanto concerne i principi della loro applicazione e la spiegazione dei racconti evangelici. Bisogna quindi concludere che la congettura dell’esistenza di Gesù è estremamente verisimile, mentre il suo contrario è oltremodo improbabile. Con questo non si intende […] affermare che la congettura della non storicità non verrà di tempo in tempo continuamente ripresentata […]. Questa congettura può persino procurarsi un certo apparato dotto e impressionare masse abilmente manipolate; ma, non appena abbandonerà la polemica chiassosa con la “teologia” e tenterà di fornire prove concrete, apparirà subito un’ipotesi inattuabile». Si tratta di affermazioni da parte di Albert Schweitzer che – come si vedrà – a distanza di un secolo e cioè nei primi decenni del ventunesimo secolo, in modo speculare e quindi in direzione opposta, ritroveremo formulate questa volta da parte dei sostenitori della non-storicità di Gesù nei confronti dei loro avversari, a testimonianza del periodico riproporsi di questa controversia, come previsto peraltro dallo stesso Schweitzer.

Ma l’Albert Schweitzer che riconosce il carattere ipotetico di ciascuna delle due tesi – per e contro l’esistenza storica di Gesù – e che si dichiara a favore della prima, è il medesimo Albert Schweitzer che evidenzia la problematicità teologica dello stesso riconoscimento dell’esistenza storica di Gesù. Questa ulteriore considerazione viene formulata nei termini di una messa in guardia rivolta ai sostenitori, appunto, della storicità di Gesù: «Quanti ne difendono la storicità devono valutare in anticipo la portata del loro progetto e aver ben chiaro che si accingono a dimostrare la sua esistenza in sé e non quella dell’autorità religiosa auspicata per la loro teologia. Non devono dimenticare che sostengono i diritti storici di una personalità che forse apparirà completamente diversa da quella che si immaginavano quando la difendevano. Potrebbe succedere che Gesù non sia in grado di attuare quanto essi si attendono da lui e crei grandissime difficoltà a una religiosità che volesse richiamarlo per sé. Come appare dalle sue discussioni con Drews, Robertson e Smith, la teologia moderna difende il suo “Gesù storico” contro la tesi di una storicità troppo ridotta. Ma il Gesù reale può apparire in tutto il suo mondo ideale tanto condizionato dalla propria epoca che il nostro rapporto con lui diventa un vero problema. Una difesa che fin dall’inizio non prenda in considerazione questa eventualità della “storicità eccessiva” non è veramente esente da pregiudizi. Non difende la storicità di Gesù, ma solo quella di un determinato Gesù». Albert Schweitzer prosegue portando come esempio di quella che chiama la “storicità eccessiva” di Gesù «il carattere primitivo delle idee metafisiche di Gesù che in alcun modo è possibile tradurre in senso moderno e che non rispondono nemmeno ai bisogni più elementari del pensiero e della speculazione. […inoltre] l’impressione che questa personalità non appartenga né a noi né al tempo nostro viene straordinariamente rafforzata quando si prenda in esame la risolutezza escatologica della sua autocoscienza, delle sue attese, della sua predicazione e delle sue decisioni e azioni. A prima vista appare molto più persuasivo pensare che con essa non si potrebbe stabilire rapporto alcuno». A questa situazione e al dilemma che essa pone per la riflessione teologica Albert Schweitzer cercherà di offrire, come vedremo, una propria risposta.

Riferimenti:

Albert Schweitzer, Storia della ricerca sulla vita di Gesù, Paideia Editrice, Brescia 1986 (1° ediz. tedesca del 1906, 2° ediz. ampliata 1913)
I testi citati sono tratti dal capitolo 23