Un documento dimenticato,la “Dei Verbum”

1° Incontro Benedetto Calati – Vai
2° Incontro Giancarlo Bruni – Vai
3° Incontro Rinaldo Fabris – Vai

Benedetto Calati

1. Rivelazione e/o tradizione? – Il capitolo II della “Dei Verbum”

Nell’enciclica “Dei Verbum” la Chiesa si comprende come “popolo di Dio” che si pone «in religioso ascolto della Parola» per poi proclamarla nel mondo. Questa trasmissione della divina rivelazione, che si effettua anche tra le generazioni (la “tradizione”) è opera dello Spirito Santo, che agisce in tutto il popolo di Dio nella comunione e che si esprime attraverso la successione ministeriale ordinata. La tradizione progredisce per l’assistenza dello Spirito Santo e così la chiesa cresce nella storia, in quanto la chiesa si fonda sul primato della Parola di Dio. Quando si legge la Parola di Dio, bisogna cercare sempre ciò che essa comunica a noi oggi. Infatti la tradizione è la Parola di Dio in compimento nella storia.

Giancarlo Bruni

2. L’Antico e il Nuovo Testamento: opposizione, superamento, accordo? – I capitoli IV e V della “Dei Verbum”

Alla domanda del titolo una risposta si impone: non vi è nessuna opposizione, unica è la vicenda; non vi è alcun superamento, se con tale termine si intende dichiarare “scaduto” o “sorpassato” l’AT, il quale invece continua a splendere di luce propria, dotato di senso e capace di dare senso. Tra di due Testamenti vi è un’indissolubile “unità-continuità”, che impedisce la loro separazione. Dunque vi è accordo; e con tale termine si intende la Sacra Scrittura come un testo unitario che ha in Gesù di Nazaret la chiave di lettura dell’insieme. In Lui nessun evento e nessun senso dell’evento è sminuito, così come nessuna lettura giudaica dell’AT è disattesa; al contrario, è accolta e fatta propria con discernimento critico, nel riconoscimento che Cristo Gesù è l’esegeta perfetto delle Scritture, le quali a Lui tendono come alla loro chiave interpretativa.

Rinaldo Fabris

3. Interpretazioni o interpretazione? – Il capitolo III della “Dei Verbum”

Da sempre i cristiani discutono sul modo di interpretare la Scrittura, assumendo nei secoli soluzioni anche molto diverse tra loro. Il principio fondamentale della “Dei Verbum” è che nella sacra Scrittura Dio «ha parlato per mezzo di uomini» (ossia li ha ritenuti autori degni, con la loro mentalità) e «alla maniera umana» (cioè tenendo conto dei modi di esprimersi caratteristici degli esseri umani, del loro tempo, della loro cultura). Una prima conseguenza è che l’interpretazione non è solo opera dell’esperto, bensì ognuno ha diritto di leggere la Bibbia e di interpretarla (poiché ogni lettura è interpretazione). Una seconda conseguenza è che non si accede direttamente alla Parola di Dio, bensì bisogna capire cosa l’autore umano vuole dire. Per fare ciò, sono necessarie tre condizioni: 1. collocare ogni testo nel suo orizzonte completo; 2. tenere presente «la viva tradizione di tutta la Chiesa»; 3. confrontare il testo col contenuto essenziale della fede («l’analogia della fede»).

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