Dio chiamò l’uomo e gli disse “Adamo dove sei ?”

1° Incontro Antonio Bonora – Vai
2° Incontro Francesco Maria Feltri – Vai
3° Incontro Daniele Gianotti – Vai
4° Incontro Luciano Monari – Vai
5° Incontro Eliseo Poli – Vai

Antonio Bonora

1. Il peccato delle origini in Genesi 3

In Gen 1-2 Dio è tutto per l’uomo e Si prende cura di lui; Dio gli proibisce soltanto l’albero della conoscenza del bene e del male. Segue poi la scena della tentazione, che consiste innanzi tutto nel mettere in discussione l’immagine di Dio presentata in Gen 1-2. La vera domanda del serpente è: chi è Dio e quale è l’atteggiamento dell’uomo nei suoi confronti? Dopo che l’uomo ha mangiato il frutto dell’albero, comunque Dio si prende ancora cura di lui andandolo a cercare e ponendolo di fronte alle sue responsabilità. L’uomo si nasconde e Dio lo va a scovare, ma non per accusarlo, bensì con l’obiettivo di portarlo ad una presa di coscienza lucida della propria responsabilità. Ma poiché l’uomo non riconosce il suo peccato, la condizione umana diventa una condizione miserevole, di fuga da Dio, di fatica. L’uomo ha ascoltato la voce del serpente, che non è la voce della scelta libera e responsabile davanti a Dio, non più visto come Colui che cerca il bene dell’uomo.

Francesco Maria Feltri

2. Il secondo racconto della creazione (Gen 2,4b-25)

In questo racconto della creazione l’immagine è di un mondo primordiale. Qui non si racconta la creazione del mondo, ma la si dà per scontata: Dio ha creato il mondo, che si mostra secco e desertico. Dopo avere fatto piovere e avere reso il mondo abitabile, Dio plasma l’uomo con la polvere del suolo. Anche in Gen 2 c’è l’idea della posizione primaria dell’uomo rispetto alla creazione e del dominio dell’uomo su di essa. Questo uomo, fragile e potente allo stesso tempo, viene collocato in un giardino affinché lo lavori. Il lavoro è una attività con cui l’uomo esercita la propria superiorità sul creato, ma è anche un modo con cui si prende cura di un creato del quale non può sentirsi assoluto e totale dominatore. Vi è poi la creazione della donna, con la quale vi è un rapporto paritetico: tra i due esiste una sostanziale uguaglianza e nessuno dei due ha dominio sull’altro.

Daniele Gianotti

3. Adamo e il peccato nel ‘Decreto sul peccato originale’ del Concilio di Trento

Il “Decreto sul peccato originale” è il primo documento dogmatico emanato dal concilio di Trento. Il concilio vuole determinare la posizione cattolica di fronte alle dottrine luterane, riconoscendo la base comune (la fede nel peccato originale) ed il contrasto (riguardo agli effetti del battesimo per ciò che concerne la cancellazione del peccato). Il punto centrale è l’affermazione cristologica ed ecclesiale secondo cui «l’uomo, il quale ha assolutamente bisogno della grazia di Cristo largitagli nel sacramento della chiesa, per questa grazia cristica e sacramentale è veramente liberato dal peccato». In secondo luogo sta la dottrina antropologica del peccato (morte dell’anima per cui è necessaria la grazia e dal quale essa libera l’uomo) che è uno per origine, che è trasmesso per generazione e che inerisce a ciascuno come proprio. Infine vengono le affermazioni “eziologiche”, che caratterizzano il peccato tramite il racconto della sua origine.

Luciano Monari

4. Il primo racconto della creazione (Gen 1,1-2,4a)

Il processo della creazione è immaginato dall’autore sacro come un passaggio da un inizio caotico ad un mondo ben organizzato e ordinato, in cui i vari elementi sono distinti e compiuti. Dio Si compiace del mondo che ha creato e lo trova degno di esistere. Quindi c’è un giudizio positivo da parte di Dio su ogni realtà creata. I sei giorni della creazione tendono a presentare l’opera di Dio come un’opera sempre più complessa e nobile. Dal primo all’ultimo giorno vi è un crescendo di complessità e di ricchezza nelle forme dell’esistenza; allora si capisce perché la creazione dell’uomo venga riservata per il sesto giorno, ossia l’ultimo giorno di “lavoro”. L’ultimo giorno, il settimo, riservato al riposo, ha una grande importanza, in quanto fa come da spiegazione ultima dell’esperienza del tempo, il quale entra nel progetto di Dio: nel tempo Egli crea, Si fa conoscere, salva.

Eliseo Poli

5. Genesi 3 nella riflessione ebraica

Il racconto della caduta di Adamo è inteso dalla tradizione rabbinica come paradigma della storia di Israele. Un’antica tradizione rabbinica identifica l’albero della vita con la Torah, il che implica l’idea che la trasgressione di Adamo sia stata una trasgressione della Legge. Si vuole evidenziare che già dal principio il rapporto tra Dio e uomo è posto sotto il segno dell’obbedienza: obbedienza dell’uomo a Colui che lo ha creato per grazia. E tanto era alta la dignità dell’uomo – creatura divina ed operazione della sua grazia – quanto si rivela rovinosa la sua caduta, conseguenza della trasgressione. Tuttavia, per i saggi di Israele, Gen 3 non è il racconto di una caduta inarrestabile, bensì di una storia di salvezza: è il racconto di come, nonostante tutto, prevalga la misericordia di Dio e di come l’uomo esca perdonato dal giardino dell’Eden. E, per rimarcare tale chiave di lettura, l’interpretazione rabbinica sfrutta ogni sillaba del racconto, ogni allusione, persino ogni silenzio.

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