Riflessioni teologiche – 17. Il post-teismo di John Shelby Spong (parte 2: DISTINGUERE TRA ESPERIENZA CRISTIANA E SUE SPIEGAZIONI MUTEVOLI)

Briciole dalla tavola. Vangelo per senza Dio

di Alberto Ganzerli

Tra i principali esponenti del post-teismo, il vescovo episcopaliano statunitense John Shelby Spong sostiene la necessità di una profonda riforma del cristianesimo, a partire dal modo stesso di intendere Dio. La sua proposta è stata sintetizzata nella formulazione e nel commento a 12 tesi riguardanti i principali contenuti dogmatici del cristianesimo che – sostiene Spong – andrebbero sottoposti a un radicale ripensamento. (Parte 2: DISTINGUERE TRA ESPERIENZA CRISTIANA E SUE SPIEGAZIONI MUTEVOLI)


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Una riflessione che Spong ritiene fondamentale, al punto da porla nel suo ultimo libro come premessa alla formulazione delle sue 12 tesi, riguarda la necessità di distinguere l’esperienza dalla spiegazione. Spong richiama l’esperienza del vedere il sorgere e il tramontare del sole o l’esperienza di assistere a crisi epilettiche, come esperienze comuni agli esseri umani, ma di cui – in riferimento alle realtà implicate in queste stesse esperienze – sono state proposte in tempi diversi spiegazioni diverse, corrispondenti, ad esempio, alle conoscenze scientifiche dell’epoca. I testi biblici, a partire da esperienze vissute di tipo religioso, hanno tentato di offrirne spiegazioni nei termini possibili in quel determinato tempo e in quella determinata cultura. Parlando dell’esperienza religiosa che riguarda la figura di Gesù, espressa nei testi del Nuovo Testamento, Spong afferma: «Nessuno può sfuggire al proprio quadro di riferimento. Le esperienze del primo secolo sono dunque sempre spiegate attraverso forme di pensiero, presupposti e vocaboli del primo secolo. […] Non si può, quindi, interpretare letteralmente la narrazione biblica senza interpretare letteralmente una mentalità datata e destinata a perire. Il letteralismo biblico diventa così rapidamente assurdità biblica», conclude Spong.

Analogamente le comunità cristiane nel corso dei secoli, dalle origini fino ai nostri giorni, hanno sempre cercato, a partire dalla propria esperienza religiosa di offrirne spiegazioni, espressioni e formulazioni nei termini possibili nel proprio determinato tempo e nella propria determinata cultura. Per le comunità cristiane di ogni tempo l’esperienza religiosa è sempre fondamentalmente consistita nell’incontro e nel rapporto di ogni credente e dell’intera comunità con la figura di Gesù, così come trasmessa nei testi biblici e nel vissuto dell’esperienza ecclesiale. Spong esemplifica questo tipo di processo e di dinamica in riferimento alle solenni confessioni di fede elaborate nel quarto secolo dai grandi concili. Afferma quindi Spong: «I credo della Chiesa rappresentano un tentativo del quarto secolo di codificare quell’esperienza di Gesù, qualsiasi cosa sia stata. I credo rispecchiano così la visione dualistica del mondo della mentalità greca che dominava il pensiero del quarto secolo. Se letteralizziamo i credo o rivendichiamo per essi una verità eterna e infallibile, stiamo inevitabilmente letteralizzando il quadro di riferimento di quest’epoca scomparsa da tempo. Nessuna spiegazione può mai essere identificata con l’esperienza o anche con la verità che cerca di spiegare».

Continua, quindi, Spong: «Qui sta il problema: il cristianesimo, dopo avere registrato nelle Scritture le sue spiegazioni del primo secolo sull’esperienza di Gesù e le sue spiegazioni del quarto secolo nelle dichiarazioni dei credo, ha poi proseguito nel fare affermazioni eccessive sull’autorità di tali spiegazioni, congelandole essenzialmente nei loro quadri di riferimento del primo e quarto secolo». La parabola storica di questo approccio sbagliato al rapporto tra esperienza e spiegazione viene riassunta da Spong in questo modo: «L’esplosione della conoscenza nel corso degli ultimi cinquecento anni in Occidente ha reso non più credibili la maggior parte dei presupposti biblici e dei credo. Provengono da un mondo che non esiste più. Eppure le Chiese continuano ad agire come se una verità eterna possa essere posta in questi vasi di terracotta, proclamando che sia nella Bibbia sia nei credo è stata catturata per sempre la verità definitiva. Il risultato è che il cristianesimo sembra sempre meno credibile a sempre più persone». Spong sintetizza in una domanda il programma che si propone di realizzare: «L’esperienza del Cristo può essere separata dalle spiegazioni morenti del passato? Questo è l’imperativo teologico attuale».

Riferimenti:

John Shelby Spong,Incredibile. Perché il credo delle chiese cristiane non convince più, a cura di Ferdinando Sudati. Postfazione di Luigi Berzano, Mimesis, Milano-Udine 2020.
Originale americano: Unbelievable: Why Neiter Ancient Creeds Nor the Reformation Can Produce a Living Faith Today, HarperOne, San Francisco 2018.