Il ministro straordinario dell’Eucarestia
Germogli
“germogli” è una collanina, nata quasi per caso, dopo una riunione nella quale mi era stato chiesto di proporre una breve meditazione;
“germogli” è una cosa piccolissima, debole, un timido inizio, niente di ambizioso;
“germogli” ha la pretesa di mettere in comune qualche passo nel cammino di fede guardando alla Scrittura e sapendo che «né chi pianta è qualcosa, né lo è chi irriga, ma è Dio che fa crescere» (1Cor 3,7).
Alberto Bigarelli
É bene spiegare il nome: “Ministri straordinari della santa Comunione”. Questa è la dicitura più esatta rispetto all’altra più utilizzata di “Ministri straordinari dell’Eucaristia”. Ma non è il caso di fermarsi sulle parole. Si tratta però di ministri che sono al servizio della distribuzione dell’Eucaristia, cioè danno la Comunione. Leggo il n.7 dell’Introduzione al Messale Romano: «nella Messa, o Cena del Signore, il popolo di Dio è chiamato a riunirsi insieme sotto la presidenza del sacerdote, che agisce nella persona di Cristo, per celebrare il memoriale del Signore, cioè il sacrificio eucaristico».
Chi celebra il memoriale del Signore è tutto il popolo di Dio sotto la presidenza del sacerdote che ha un ruolo insostituibile. Ministro della celebrazione, in quanto presiede l’assemblea che celebra, è il sacerdote. Quando parliamo di ministri straordinari, parliamo di ministri che sono addetti a distribuire l’Eucaristia, a dare la Comunione, tanto per intenderci.
Origine antica – Quello della S.Comunione, è un ministero che è stato creato, si può dire fin dall’inizio – anche se non sappiamo con certezza quando – proprio come servizio di distribuzione dell’Eucaristia, al servizio dell’altare, sempre unito però al servizio della carità: era il ministero del Diacono. Il Diacono, sin dai primi tempi della Chiesa, si affiancava al sacerdote per il servizio della duplice “mensa”: la mensa dell’altare – non per fare l’Eucaristia, ma per distribuire, per dare la Comunione – e la mensa della carità, cioè il servizio ai poveri, agli ammalati, a tutti coloro che possono essere in situazioni di necessità. Non sappiamo con esattezza quando sia sorto il diaconato, anche se si hanno documentazioni abbastanza remote. Sappiamo che in aiuto ai Diaconi, per la distribuzione dell’Eucaristia e per portare l’Eucaristia anche fuori della liturgia nelle case, è sorto un altro ministero, quello dell’Accolito. L’Accolito era uno che serviva l’altare in dipendenza dal Diacono e portava anche la Comunione fuori della chiesa, fin orari diversi da quelli delle celebrazioni liturgiche.
Questo ministero è stato molto attivo soprattutto nell’epoca delle persecuzioni. Sappiamo che gli Accoliti portavano la Comunione ai cristiani che erano in prigione in attesa del processo e che poi, come sappiamo, sono diventati martiri. Noi abbiamo un santo, s.Tarcisio, di cui purtroppo non abbiamo molte notizie; da quel po’ che conosciamo sappiamo che era un Accolito e che è stato martirizzato mentre portava l’Eucaristia ai cristiani in carcere. Scoperto mentre portava «questa cosa», gliela volevano rubare, ma lui ha resistito ed è stato ucciso.
Man mano che la comunità cristiana cresceva di numero, il ministero dei Diaconi e degli Accoliti non bastava più. Allora è sorto un uso di cui abbiamo ancora la documentazione: il vescovo, o chi lo rappresentava, invitava i fedeli a prendere l’Eucaristia e a portarla agli ammalati o a coloro che erano rimasti a casa e non avevano potuto partecipare alla celebrazione. Questo era divenuto un uso, almeno in Occidente, piuttosto comune: al termine della celebrazione, colui che la presiedeva invitava i presenti, nel caso avessero degli ammalati, a prendere la Comunione per portarla loro. Quest’uso è durato fin verso i secoli VIII-IX circa, poi è caduto totalmente in disuso. Le motivazioni sembrano essere state due: il fatto che dovevano esserci stati atti di profanazione dell’Eucaristia e poi perché, con l’allargarsi della comunità cristiana, la qualità della fede era diminuita portando con sé meno sensibilità e delicatezza nei riguardi della Comunione.
Noi possediamo un’omelia di S.Cesario d’Arles vescovo – vissuto a cavallo fra il V e il VI sec. – in cui parla di questo ministero. Ad un certo punto rivolgendosi alle donne – ed è abbastanza rivelatrice questa parola del vescovo – dice: «Terminata l’Eucaristia voi donne potete venire – probabilmente questo ministero era esercitato soprattutto da donne – a prendere l’Eucaristia per portarla a casa ai vecchi e agli ammalati, ma, mi raccomando, non venite con dei lini sporchi come qualche volta è accaduto». Non abbiate – insomma – il coraggio di avvolgere l’Eucaristia in un lino nel quale non avvolgereste il pane che mangiate. Questo vuol dire che era cominciata a calare l’attenzione, la sensibilità e che qualche donna si era presentata a ricevere l’Eucaristia con un fazzoletto di lino sporco. Questo dev’essere stato il primo motivo per cui qualche vescovo ha cominciato a non essere più favorevole e così il ministero è caduto in disuso.
Il motivo più profondo è però un altro: questo ministero, questo servizio è caduto quando si è cominciato a celebrare la Messa senza fare la Comunione. Così è successo! Nei primissimi tempi, per i cristiani, era impensabile celebrare la Messa senza comunicarsi. «Prendete e mangiate», ha detto Gesù, e se non si prende e non si mangia non ha molto senso. Col diminuire della fede ha avuto inizio anche una partecipazione più formale alla Messa, una partecipazione molto meno sentita nel corso della quale molti cristiani non si accostavano più alla Comunione: una partecipazione esteriore dunque.
Se non sentivano il bisogno di partecipare alla Comunione quelli che erano presenti, men che meno ne sentivano il bisogno quelli che erano rimasti a casa. Questi fatti hanno determinato la scomparsa di questo uso e, direi anche, dell’uso che fossero i Diaconi o gli Accoliti a portare l’Eucaristia, anche perché questi ministeri o erano scomparsi, o erano rimasti puramente al servizio interno della liturgia. Era scomparso l’uso di portare la Comunione a casa se non come viatico, cioè quando vi erano ammalati gravi. L’uso di portare la Comunione agli ammalati è poi ripreso sotto altre forme.
Dopo il Concilio Vaticano II – Come per altri aspetti liturgico-pastorali, il Vaticano II si è posto anche questo problema che però non è stato risolto in quella sede. Infatti il decreto che rimette in vigore i Ministri straordinari della santa Comunione, che dà cioè ai laici uomini e donne la facoltà di distribuire la Comunione e di portare la Comunione agli ammalati, è del gennaio 1973, esce quindi otto anni dopo la fine del Concilio. Dunque otto anni dopo, dopo grandi ripensamenti, è uscito il decreto “Immensae caritatits”.
Come sempre, i documenti della Santa Sede vengono chiamati con le prime parole latine con cui iniziano. Questo documento dà la facoltà ai vescovi di investire i laici dei mandato di poter toccare l’Eucaristia, cosa prima assolutamente proibita a chi non avesse avuto il carattere sacerdotale. Questi laici potevano quindi prendere in mano l’Eucaristia per distribuirla in chiesa o per portarla a casa agli ammalati e agli anziani.
Le condizioni che rendono idonei a questo servizio sono facilmente intuibili: la Santa Sede chiede che si tratti di cristiani di provata condotta morale, profonda pietà eucaristica e sensibilità ecclesiale, che siano, insomma, cristiani che vivono veramente la loro fede. La seconda cosa richiesta è che abbiano una preparazione specifica a questo ministero, soprattutto all’Eucaristia, e che conoscano anche gli altri ministeri che la Chiesa ha offerto ai laici dopo il Concilio perché, anche questo servizio, si inserisca nel discorso più grande di una Chiesa tutta ministeriale.
Lo scopo per il quale viene conferito questo ministero è, quindi duplice: l. distribuire la Comunione in chiesa durante la Messa se c’è molta gente e mancano i ministri ordinari per cui la distribuzione porterebbe via molto tempo; 2. portare la Comunione nelle case agli anziani e agli ammalati. Diciamo subito che tutte e due queste facoltà sono conferite dal decreto, quindi vanno tenute presenti nello spirito, però dell’“Immensae caritatis” e dei documenti successivi perché, anche in seguito, ci sono stati interventi della Santa Sede o dei singoli vescovi a proposito di questo ministero; lo spirito della concessione riguarda soprattutto gli anziani e gli ammalati.
Dentro la vita della comunità cristiana – Quando noi ci troviamo la domenica per celebrare l’Eucaristia, ci troviamo insieme come comunità. Dovremmo imparare a guardarci attorno e allora ci accorgeremmo subito che c’è tanta gente che potrebbe venire, ma che non viene. Questa realtà, soprattutto nelle nostre zone, non ha bisogno di dimostrazioni. Viceversa c’è tanta gente che vorrebbe venire e non può.
La domanda allora è questa: è giusto che noi, comunità cristiana, partecipiamo alla Messa domenicale senza pensare a quelli che vorrebbero venire e non possono? Il ministero nasce allora da questa considerazione. Il giorno del Signore, la domenica, è il giorno nel quale la comunità si riunisce, anche visibilmente, per celebrare il memoriale del Signore, e dovrebbe esserci tutta. Col tempo arriveremo a celebrare meno Messe, ma speriamo che quelle che celebriamo siano veramente le Messe della comunità!.
Ci sono, è vero, tanti fratelli e sorelle che potrebbero venire, ma non vengono per vari motivi – sappiamo il calo della fede che c’è stato in questi ultimi anni -, ci sono però anche quelli che hanno la fede e vorrebbero esserci e bisogna che in qualche modo ci siano. Ed ecco che allora la comunità si mobilita anzitutto per portare alla Messa domenicale gli anziani e gli ammalati che possono essere trasportati. Non so se voi qui lo facciate, ma sarebbe giusto farlo. Ci sono parrocchie, purtroppo ancora poche anche da noi a Reggio E., che si sono organizzate. Ci sono famiglie che a turno vanno prendere gli ammalati e gli anziani trasportabili per farli partecipare alla Messa domenicale.
Ma questi sono sempre un numero limitato e sappiamo quanto le condizioni atmosferiche costituiscano una grossa difficoltà; c’è quindi una larga fascia di anziani e di ammalati che debbono restare a casa. Il mandato del ministro straordinario della santa Comunione è per il servizio a queste persone. Terminata la Messa della comunità, ci dovrebbe essere un gruppo di fedeli presenti che parte per portare agli ammalati e agli anziani che lo desiderano la Comunione consacrata nella Messa della comunità. Non dovrebbero però portare semplicemente la Comunione, ma anche la Parola di Dio.
Per portare la Comunione agli ammalati esistono dei sussidi, dei libretti contenenti preghiere e letture che dovrebbero esser fatte in questa circostanza. lo però dico sempre ai ministri, quando facciamo i corsi per abilitarli a questo servizio, che la domenica, quando portano la Comunione, prendano sì il libretto, ma anche il “foglietto” della domenica o il Messale perché, all’ammalato, non si debbono dire altre preghiere se non quelle della Messa, non altre letture, ma solo quelle della Messa, o tutte o in parte.
Si deve leggere il Vangelo preceduto anche da un’altra lettura, sempre che l’ammalato o l’anziano sia in grado di seguire, si deve riferire quello che il sacerdote ha detto nell’omelia, far pregare l’ammalato per le intenzioni per le quali si è pregato poco prima in chiesa sopratutto se, nella preghiera dei fedeli, sono state presentate intenzioni particolari per la comunità, per qualche famiglia, per qualche necessità contingente della comunità o a seconda del momento in cui si sta vivendo, ecc.
Bisogna perciò far vivere, in qualche modo, all’ammalato o all’anziano l’Eucaristia che abbiamo celebrato nella comunità. Infine si dà, ovviamente, la Comunione, si prega ancora insieme e si conclude la preghiera recitando l’orazione che, nel Messale o sul “foglietto”, si trova dopo la Comunione. Dobbiamo, lo ripeto, far vivere la Messa che abbiamo celebrato nel giorno del Signore.
Ovviamente la Comunione può essere portata dai Ministri agli ammalati o agli anziani anche negli altri giorni della settimana se essi lo richiedono. Questo può avvenire sopratutto in alcune circostanze particolari: se essi sono abituati a celebrare il primo venerdì del mese oppure in certe feste della Madonna, ecc. Vi possono essere però alcuni che la chiedono anche tutti i giorni, o almeno tre o quattro volte alla settimana. Direi, però, che nel decreto della Santa Sede ha la preminenza sopratutto questo: il servizio agli anziani e agli ammalati nel giorno del Signore.
Rispetto a questo la distribuzione dell’Eucaristia in chiesa rimane secondaria; anzitutto occorre pensare a chi non può essere presente. Ecco perché, sopratutto nelle parrocchie più popolose e credo che la vostra sia una di queste, non ci dovrebbe essere solo un Ministro o due, ma un certo numero.
I Ministri straordinari, quando vanno a fare la Comunione, ricevono nella teca la particola, o le particole, che essi, terminata la Messa, porteranno agli ammalati o agli anziani. Se poi nel corso della Messa, durante la preghiera dei fedeli, si fa memoria degli ammalati della parrocchia, nominando quelli a cui verrà portata la Comunione, – a meno che essi abbiano difficoltà o non ci tengano ad essere nominati – voi capite che si crea un rapporto di comunione fra chi è a casa e la comunità. Noi nella Messa pregheremo per i nostri ammalati ed i nostri anziani, chi, in nome della comunità porta loro la Comunione, li farà pregare per la comunità. Così la Messa della comunità si arricchisce della sofferenza degli ammalati e gli ammalati si arricchiscono della preghiera della comunità. In questo modo si rinsalda il rapporto di comunione sopratutto nel momento più rilevante che è la celebrazione eucaristica nel giorno del Signore.
Un Ministero di carità – Il servizio dei Ministri della santa Comunione non deve, però, essere visto solo in questa prospettiva liturgica, anche se connessa alla carità. È qualche cosa di più. A questo punto, so di chiedere molto anche quando lo dico a chi si prepara da noi a svolgere questo ministero, ma è nella logica delle cose: se tu porti la Comunione a chi non può essere presente, si viene a stabilire fra te e lui un rapporto per cui non puoi limitarti a fare quello che fai. L’ammalato o l’anziano diventa, in qualche modo, qualcuno che la comunità ti ha affidato e al quale tu devi farti prossimo anche per altre necessità: per tenergli compagnia, per qualche servizio di cui può aver bisogno, ecc.
Questo non lo trovate scritto nel decreto perché in esso ci sono solo le cose essenziali, ma quello che vi ho detto è nella logica del ministero. Si potrebbe quasi dire che il portare la comunione costituisce il punto di arrivo di una vicinanza che si è approfondita attraverso i piccoli servizi che ci sono stati in precedenza. Tutto ciò compatibilmente con gli altri impegni che ci si è presi e con i quali si devono fare i conti. Vi assicuro che una delle cose più belle di questo ministero, è proprio l’aver scoperto che ci sono dei giovani, di circa vent’anni, che il mattino della domenica portano la Comunione ai loro vecchietti e trascorrono il pomeriggio a tener loro compagnia. E coi tempi che corrono … Mettere la domenica pomeriggio, se non tutta almeno in buona parte, al servizio di colui al quale si è portata l’Eucaristia, mi sembra sia un notevole passo avanti. È vero che lo fanno, avendo una maggiore disponibilità di tempo, anche gli anziani, i pensionati, però è bello vedere disponibili in questo anche i giovani.
I Ministri della santa Comunione: specchio di una Parrocchia in stato di missione – Non so se complico le cose dicendo questo, ma credo che, vedendo quello che hanno fatto in altre Diocesi e soprattutto in parrocchie grosse, i Ministri straordinari della santa Comunione farebbero bene a crearsi dei collaboratori, degli aiutanti, soprattutto giovani e magari giovanissimi che li accompagnino quando portano la Comunione. Una volta si andava anche coi ceri accesi mentre adesso non si usa nessun segno esterno. Ma, a parte questo, il fatto dei collaboratori è soprattutto in vista di avviare altri a questo ministero, a questa attenzione agli ammalati e agli anziani.
Poi se il Ministro straordinario non ha sempre tempo di andare a trovare o a tener compagnia, può mandare i ragazzi, i giovanissimi. Comunque questo ulteriore sviluppo potrà avvenire in un secondo tempo. Qualora i Ministri straordinari della santa Comunione, in una parrocchia come la vostra fossero molti devono allargare l’orizzonte e non pensare solo agli ammalati o agli anziani che chiedono la Comunione, ma anche a coloro che non la chiedono e che, probabilmente, hanno ancora più bisogno di assistenza e di aiuto.
Se questi non chiedono la Comunione forse è perché non conoscono questa possibilità; forse è perché hanno perduto la fede; forse è perché la famiglia non se ne rende conto, o non ci pensa, o è addirittura contraria. Ad un certo punto il gruppo del Ministri dovrebbe, nel suo insieme, dar vita a una pastorale tale che possa arrivare un po’ a tutti gli ammalati e gli anziani della parrocchia. Capite allora che il servizio della Comunione non è solo un punto di partenza e un vertice, ma che in mezzo ci possono e devono stare tante tante altre cose. Ci potrebbe essere, ad esempio, tutta un’ organizzazione al servizio degli ammalati e degli anziani, sia per i servizi spirituali, sia per quelli materiali.
Voi conoscete bene la situazione drammatica in cui si trovano tanti ammalati ed anziani oggi. Gente che magari viene dimessa dagli ospedali anche quando non sono ancora in grado di essere autosufficienti. Pensate a tanti anziani rimasti soli. Il raggio d’azione comprende allora non solo coloro che hanno chiesto di ricevere l’Eucaristia, ma anche chi non è interessato ad essa e questo non per “propaganda”, per riuscire a portare la Comunione. Lo si fa per amicizia, per solidarietà, per unire.
Vedete allora come, soprattutto nelle nostre zone, il Ministro della Eucaristia possa diventare un ministero di punta. Attraverso l’interesse per il malato o l’anziano si riesce ad entrare in certe case e ad avviare forse, un dialogo con famiglie con le quali il dialogo non c’è mai stato o si era interrotto. Tutto questo dev’essere fatto a livello di amicizia come dicevo, non per farsi vedere o per fare “propaganda”. Il Signore ci ha lasciato il comandamento di amare, non di convertire; la differenza non è poca. Amando può darsi che qualche conversione possa avvenire, che qualche porta possa aprirsi.
Come vedete, la prospettiva è molto più ampia di quella semplicemente liturgica: è un prospettiva pastorale che risponde a una esigenza di apertura fondamentale. La comunità cristiana cioè deve interessarsi dei propri ammalati, dei propri anziani, di tutte quelle persone che non possono uscire di casa e che sono rimaste sole. Siccome la comunità parrocchiale non può affrontare solo questo compito, deve dar vita ad un servizio organizzato attraverso il quale farsi vicina agli ammalati e agli anziani. Ecco perché oggi la Chiesa affida ai Ministri straordinari della santa Comunione questo incarico ed è un incarico estremamente delicato perché la Chiesa affida loro il suo tesoro più prezioso, l’Eucaristia. E l’affida loro proprio per questo e cioè perché, dietro di esso, vengano poi tutti gli altri servizi, tutte le altre attenzioni.
Alcune indicazioni pratiche – Come portare la Comunione. Tenete presente che questo ministero viene conferito a uomini e donne. Nel decreto non c’è un limite d’età, quindi si pensa che si possa adottare il solito criterio dei 18 anni, ma io l’ho dato anche a qualche minorenne quando ho constatato che c’era maturità spirituale. Uomini e donne maggiorenni dunque; come età massima invece non c’è un limite purché uno sia capace. Generalmente chi è pensionato fa un ottimo servizio. Tenete presente però che c’è bisogno, nel caso che il ministro non sia provvisorio, di un mandato speciale del vescovo e che questi lo conferisce dopo che c’è stata una adeguata preparazione. Per distribuire la Comunione in chiesa non c’è bisogno di alcun mandato del vescovo, né di una preparazione particolare. Nel decreto si trova scritto che il sacerdote celebrante, in modo particolare il parroco, può chiamare uno dei presenti e dargli, attraverso una benedizione, il permesso di distribuire l’Eucaristia, valido per quella volta soltanto, Questo incarico può essere rinnovato, ma non diventa permanente. Esso viene detto, nell’espressione latina “ad actum”, cioè solo per quella volta. Come si diceva per ricevere il ministero in forma abituale, stabilmente, occorre il permesso del vescovo ed un corso di preparazione che può essere svolto a livello diocesano, vicariale, parrocchiale. A questo riguardo ogni diocesi si muove in maniera diversa. Il ministero dell’Eucaristia, essendo laicale, non ha bisogno, di per sé, di un vestito particolare: uomo o donna possono rimanere col proprio abito purché, s’intende, sia decente. Qualcuno chiede se mettere un camice o qualche altro abito sacro. Come ho detto, questo non è richiesto tuttavia se la comunità decide di adottarlo, lo può fare. Credo, anzi, che in qualche circostanza solenne sia bello che, chi affianca il sacerdote nella distribuzione dell’Eucaristia, indossi un abito sacro o un segno del servizio all’assemblea.
La Comunione nelle case – Se un camice o un segno esterno non è richiesto per le celebrazioni liturgiche, non lo è neppure per portare la Comunione nelle case. La si porta, come si diceva una volta, in forma privatai. La si porta dentro una teca attaccata a una catenella o a un laccio, appesa al collo così che resti nascosta. Se l’Eucaristia viene consegnata durante la Messa, la si può ricevere nel momento in cui si va a fare la Comunione. In alcune parrocchie vengono messe tutte le teche sull’altare e, una volta che il sacerdote ha terminato di distribuire la Comunione, mette le particole nelle teche e, alla fine della celebrazione, ogni Ministro va a ritirare la propria. Se invece è necessario prendere l’Eucaristia fuori della Messa, ci si porta davanti al tabernacolo, – i Ministri straordinari devono ovviamente sapere dove il sacerdote tiene la chiave – si apre, si prende la particola e la si mette nella teca, si chiude il tabernacolo e si porta la Comunione portando la teca al collo o nella borsa. Giunti nella casa dove portate la Comunione, il primo dovere è quello di salutare. Se nella casa si è già conosciuti non occorre presentarsi perché la famiglia è già al corrente del ministero ricevuto. Se invece la famiglia è nuova, è necessario essere presentati dal parroco ed è bene che questi o un altro incaricato conosciuto le prime volte sia presente. Dopo il saluto si pone l’Eucaristia nel luogo più decente, più bello. Se la famiglia è cristiana si può chiedere che preparino un luogo adatto, ad es. un tavolo con una tovaglietta, una candela, un fiore … Se la famiglia non è molto religiosa e non è molto sensibile, non è bene insistere su questi particolari. Se è opportuno, si scambia qualche chiacchera con l’ammalato o l’anziano ed è meglio farla prima che dopo, perché dopo è preferibile lasciare lo spazio solo alla preghiera. Il rito va iniziato col segno di croce seguito da una preghiera che si trova sul libretto. Si leggono poi una o due letture: se è un giorno qualsiasi le potete prendere dal libretto mentre se è domenica, dal Messale o dal “foglietto”. Poi un pensiero di meditazione, una riflessione che potrebbe esser tratta dall’omelia della Messa; si fa pregare per le intenzioni per cui si è pregato in chiesa o, se non è domenica, per altre intenzioni. Si fa seguire a questo l’atto penitenziale, recitando il “Confesso” o “l’Atto di dolore”, il “Padre Nostro” poi si va alla teca, la si apre, si fa una profonda genuflessione toccando col ginocchio per terra come atto di adorazione che vuole esprimere la fede nella presenza del Cristo -, poi si prende la particola, la si alza come fa il sacerdote nella Messa dicendo: «Beati gli invitati alla cena del Signore, ecco l’Agnello di Dio … Signore non son degno .. ». Così vi avvicinate e date la Comunione. Se lo desiderano, si possono comunicare anche gli altri membri della famiglia, ma è ovvio che è necessario saperlo prima per portare le particole; diversamente si spezza la particola che si ha con sé. Occorre tener presente che per gli ammalati e gli anziani la legge del digiuno non vale: possono fare la Comunione anche se hanno appena mangiato. Data la Comunione, si fa un momento di silenzio e poi si conclude con una preghiera di ringraziamento presa dal libretto oppure, se è domenica, presa dal “foglietto” della liturgia. Si inviti a questo punto l’ammalato a pregare e si invitino a pregare anche i parenti con lui oppure, se non gradiscono, a lasciare in pace chi ha ricevuto l’Eucaristia perché possa pregare tranquillamente. Se fatica a pregare lo si aiuti pregando con lui. Se invece la Comunione viene distribuita in chiesa, non si deve dire niente; si riceve la pisside (= il vaso in cui sono contenute le particole) dal sacerdote, oppure la si prende direttamente dall’altare e, dando la Comunione, si dice: “Il Corpo di Cristo”. Una cosa che dico sempre e che raccomando anche a voi è questa: prima di distribuire la Comunione nella Messa, è bene portarsi alla credenza e lavarsi le dita come ha fatto il sacerdote dopo l’offertorio. Questo per rispetto all’Eucaristia e per rispetto alla sensibilità della gente. Il ministero della santa Comunione non ha bisogno di una istituzione; il vescovo infatti lo conferisce senza bisogno di una particolare cerimonia. Una cosa che raccomando è che il parroco, qualora si avvii questo ministero, avvisi la gente in una Messa, in modo che si sappia, se si vedono in giro, che i Ministri stanno portando l’Eucaristia; si sappia perché lo fanno. Non occorre alcuna ufficializzazione. È vero che c’è un rito, una investitura pubblica ma è facoltativo. Per ricevere il mandato in forma stabile esiste un rito che dovrebbe presiedere il vescovo, ma che può essere fatto anche da parroci delegati.
Domande
- È il laico che deve chiedere di svolgere questo ministero?
- Sarebbe meglio che non fosse nè il candidato, nè il sacerdote, ma dovrebbe essere piuttosto la comunità che sente il bisogno di questo ministero e propone le persone che ritiene adatte. Il parroco deve ovviamente tener conto della disponibilità, ma sarebbe bello che nella scelta venisse coinvolta la comunità. Così facendo la comunità sente questi Ministri molto di più come suoi rappresentanti presso gli anziani e gli ammalati. Questo sarebbe il meglio, ma non tutti riescono sempre a farlo e allora bisogna accontentarsi. Da noi, in alcune parrocchie, hanno fatto delle vere e proprie elezioni; in altre è stato il Consiglio Pastorale che ha proposto; in altre è stato il parroco che si è consultato con i suoi collaboratori più diretti. Però, ripeto, se è la comunità che li indica sono poi sentiti di più come suoi rappresentanti. Ciò non toglie che qualcuno si possa rendere disponibile e ne parli al parroco; questo può facilitare una scelta percéè si viene a sapere chi può o vuole, e chi no.
- II. Conosce della parrocchie di Carpi dove operano questi Ministri?
- R. No, so che ci sono, ma non so in quali parrocchie.
III. E nella sua Diocesi di Reggio?
- R. Nella Diocesi di Reggio E. sono 600, metà in città e metà fuori. Tenete conto che la nostra Diocesi è molto vasta. Noi siamo partiti subito. Il decreto infatti è uscito nel ’73 e nel settembre di questo stesso anno avevamo i primi Ministri. Ogni anno noi facciamo così: diamo il mandato subito dopo il primo incontro, a titolo sperimentale per tre anni rinnovandolo ogni anno. Terminati questi tre anni viene dato in forma stabile e consegnamo un tesserino. I Ministri ci vengono presentati dai parroci e noi ci fidiamo di loro. A Reggio E., come ho detto, abbiamo 600 Ministri distribuiti in 150 parrocchie, cioè nella metà della Diocesi.
- IV. Per chi riceve il mandato in forma stabile esiste anche un obbligo non solo morale, cioè si deve rendere conto a qualcuno? Mi spiego meglio: se uno ha iniziato con un ammalato o un anziano e questi muore o, meglio ancora guarisce, c’è l’obbligo a continuare comunque?
- Sì, si deve continuare non per obbligo morale, ma pastorale anche se si possono avere delle interruzioni. Qualcuno può, per vari motivi, non poter più o non sentirsela più e allora lo si prega di riconsegnare il tesserino per una rinuncia temporanea.
- V. In una parrocchia di Carpi mi capita spesso di vedere che mai i ministri dell’Eucaristia vanno ad aprire il tabernacolo, ma che è sempre il sacerdote che lo fa. C’è un perchè ?
- R. Sì, è vero. Ecco, se c’è deve essere sempre il ministro ordinato ad aprire il tabernacolo. Non dimentichiamo mai che il Ministro straordinario, lo dice la parola, è straordinario. In presenza del ministro ordinario lascia la precedenza a quest’ultimo. Anche un Diacono, in quanto ministro ordinario, ha la precedenza sul Ministro straordinario della Comunione. Fra i poteri che ha il Ministro straordinario – non ve l’avevo ancora detto – c’è quello di farsi la Comunione, ma sempre che non sia presente il ministro ordinario. A questo proposito dico sempre ai Ministri di Reggio: ”Ce l’avete questa facoltà, ma usatela meno che potete”.
- VI. Il permesso di distribuire o portare la Comunione vale solo per la Diocesi o può valere anche fuori ?
- R. No, è strettamente diocesano. All’interno della Diocesi vale per tutte le parrocchie, però, per le altre parrocchie, occorre il permesso del parroco per esercitare. Il tesserino di riconoscimento può essere molto utile allo scopo, ma l’opportunità la decide il parroco. È come un sacerdote che vada fuori Diocesi o all’estero: per celebrare la Messa deve presentare un tesserino che dimostri che è sacerdote. Questo, a mio parere, vale anche per il laico anzi, a maggior ragione.
VII. Questa necessità del Concilio Vaticano II di ripristinare questo ministero è legata di più alle necessità dei paesi di missione considerata al vastità dei territori in cui operano i missionari, oppure c’è una necessità anche nei paesi europei?
- R. È stata una necessità anche europea, e qui bisogna stare attenti. Il documento di istituzione è del ’73, quando la penuria di clero si cominciava a far sentire, ma non era ancora un problema come lo è oggi. Non è stata quindi una scelta per necessità, ma è avvenuta perchè si è riscoperto che attraverso i Ministri straordinari la comunità parrocchiale si faceva più vicina agli ammalati e agli anziani. Anzitutto la ragione è pastorale e non è in relazione alla diminuzione delle vocazioni sacerdotali. Poi è vero che la scarsità del clero li rende più necessari; ecco perchè da noi sono cresciuti tanto. Da noi ci sono già delle parrocchie in cui i Ministri straordinari sono incaricati di guidare la preghiera domenicale nel caso in cui non arrivi un sacerdote. Questo capita soprattutto d’inverno e nelle parrocchie di montagna. I Ministri hanno un libretto per la preghiera e alla fine distribuiscono l’Eucaristia.
VIII. In una realtà come quella di Reggio, e come forse anche Carpi, dove la gente non è del tutto pronta a dar fiducia al primo venuto, dove c’è diffidenza, come viene accolto un giovane, Ministro straordinario della Comunione?
- R. Posso dire in linea di massima che, in montagna, dove la gente è più tradizionalista, facciamo fatica a farli accettare. Infatti le parrocchie di montagna che hanno Ministri sono meno numerose di quelle della bassa sebbene le prime ne abbiano più bisogno. Nella bassa e in città riscontriamo delle reazioni molto diverse: in certe parrocchie non c’è stata alcuna difficoltà, anzi, in alcune parrocchie i giovani erano più graditi; in altre parrocchie hanno avuto più difficoltà. Vi sono persone che hanno detto di no, cioè di voler ricevere la Comunione soltanto dal sacerdote. Potrei però dire che nella maggior parte dei casi i Ministri sono accettati nonostante un inizio un po’ tribolato. Adesso però va meglio perchè la gente si è resa conto che il sacerdote non può arrivare dappertutto e, forse, sta maturando l’idea che il sacerdote non è l’unico che possa mettersi accanto agli ammalati e agli anziani. Quindi abbiamo avuto reazioni differenziate, ma sono state molto minori le reazioni negative.
- IX. È però sempre il parroco che presenta e fa da tramite?
- R. Sì, e se la cosa è ben presentata viene accettata bene, anzi ci sono degli ammalati e degli anziani che ammirano queste persone, soprattutto se giovani.
- X. Non crede che si tratti di fare anche un’opera di convincimento verso coloro che sono presenti alla Messa? Non sono loro che poi, di fatto, potrebbero discuterne e che attraverso la convinzione di molti – che è poi il modo più corretto oltre che più indolore – che passa questa sensibilità?
- R. Certo, il discorso va fatto alla comunità.
- XI. Può dirci brevemente in cosa si differenzia questo ministero da quello dell’accolitato?
- R. Anzitutto l’accolitato è un ministero istituito, cioè esige intanto una preparazione maggiore, ad es. un corso sull’Eucaristia, sull’Ecclesiologia e, a seconda della Diocesi, un anno di studi teologici. C’è poi una liturgia speciale, una liturgia di istituzione, presieduta dal vescovo o da un suo delegato. L’inconveniente maggiore è che, siccome è un ministero istituito, attualmente lo possono ricevere soltanto gli uomini, mentre il ministero di cui abbiamo parlato stasera può essere dato anche alle donne. L’accolitato, rispetto al ministero dell’Eucaristia per il quale basta una preparazione pratica, richiede una preparazione più lunga.
A proposito dei ministri dell’Eucaristia, il nostro vescovo dice che basta che il candidato sia una persona che prega e creda nell’Eucaristia. Noi poi teniamo alcune lezioni sull’Eucaristia, sulla Messa e sul sacramento dell’Unzione degli infermi mentre per l’accolitato occorre una preparazione teologica.
XII. In che modo si inserisce l’accolitato nella pastorale di una parrocchia? Qual’è, in modo schematico, il tipo di animazione che può svolgere?
- R. Il ministero dell’accolitato va legato a quello del Lettore. Il Lettore, nella pastorale, è colui che si mette al servizio della Parola di Dio, ha una conoscenza più approfondita della Bibbia ed è al servizio di tutte le iniziative della parrocchia in cui si ha a che fare con la Parola di Dio. L’Accolito è sullo stesso piano, ma per la liturgia; si fa cioè una competenza particolare sulla liturgia ed è al servizio, appunto, di tutto ciò che nella vita della comunità cristiana la riguarda. Sono tre le grandi realtà su cui si basa la vita della comunità parrocchiale: la Parola, l’Eucaristia che comprende anche tutti gli altri sacramenti e la liturgia, la Carità. Sono le famose tre “mense”. Abbiamo quindi il Lettore che è al servizio della Parola, la Parola da annunciare soprattutto ai poveri soprattutto in senso spirituale; l’Accolito che è al servizio della liturgia, per aiutare la comunità cristiana a celebrare degnamente e poi a vivere l’Eucaristia, a viverla facendo passare la gente e lui per primo, dall’Eucaristia alla carità. L’Accolito è uno, lo si legge anche nel rito di istituzione, che oltre a servire l’altare deve servire alla “mensa” dei poveri; deve aiutare la comunità cristiana a cogliere il nesso fra la “mensa” dell’Eucaristia e la “mensa” dei poveri. La linea sarebbe questa: la Parola e il servizio ai più poveri per il Lettore; la liturgia, l’Eucaristia e i più poveri per l’Accolito. Sono due ministeri rivolti alla tre grandi realtà di cui vive la comunità cristiana: la Parola, l’Eucaristia, la Carità. Il piano della Conferenza Episcopale Italiana è stato negli anni ’70 “Evangelizzazione e Sacramenti”, negli anni ’80 “Comunione e Comunita’” e sarà per gli anni ’90, lo hanno già annunciato “La Carità”. Sono le tre “mense”: Parola, Eucaristia, Carità. Ecco perchè la comunità cristiana ha bisogno di questi ministeri: perchè si rende conto di questa nuova epoca nella vita della Chiesa. È come per il servizio dei Ministri straordinari della santa Comunione: l’accolitato va proposto alla comunità parrocchiale, purchè essa si renda conto di questa attenzione che si deve dare alla celebrazione eucaristica e alla liturgia in genere. Forse alla gente che viene a Messa dobbiamo spiegare più chiaramente il rapporto fra le tre ”mense”: c’è anzitutto una comunione da fare con Cristo attraverso le Scritture, una comunione con Cristo, mediante i segni del pane e del vino, col suo corpo e il suo sangue, poi una comunione con Cristo attraverso il servizio ai poveri, agli anziani e agli ammalati. Forse lo stiamo scoprendo e pian piano ci stiamo entrando.