Il tempo che noi siamo

1° Incontro Luca Mazzinghi Vai
2° Incontro Maurizio Marcheselli – Vai
3° Incontro Stefano Romanello – Vai
4° Incontro Luigi Bettazzi – Vai

Luca Mazzinghi

1. Il canto del tempoIl tempo secondo il libro di Qoelet

Nella Bibbia l’eternità, ovvero il tempo di Dio, si incrocia continuamente con il tempo storico dell’uomo. Il tempo dell’uomo della Bibbia è visto sotto l’ottica del senso che esso può avere: interessa cioè la qualità del tempo, poiché c’è l’idea che Dio entra nella storia e le dà un senso. Qohelet riflette sull’unico tempo che è possibile sperimentare all’uomo, ossia sull’attimo, sul momento reale, attuale, che sta vivendo. E la critica del Qohelet («Tutto è un soffio») porta a concludere che l’uomo che vuole possedere il tempo trova nella morte la fine radicale di ogni sua illusione di profitto. Invece chi vive il tempo come dono e come mistero offerto dalle mani di Dio riscopre che il tempo ha un senso, sebbene l’uomo non lo si capisca appieno. È proprio cercando ed esplorando che il credente scopre, nella limitatezza del proprio tempo, il “mistero del tempo” di Dio.

Maurizio Marcheselli

2. Il tempo breveMarco 13: il discorso escatologico e la vigilanza

Nel discorso escatologico Marco propone una sua lettura del tempo di fronte a chi, fanaticamente, sostiene che si è giunti alla fine del mondo e che la venuta del Signore è imminente. L’orientamento del testo non è minaccioso, bensì consolatorio. La comunità dei credenti aspetta il ritorno del Figlio dell’uomo, ma non lo attende restando inattiva. Lasciarsi determinare dalla fine – senza però poterne calcolare il quando – significa seguire attentamente gli avvenimenti del tempo, esercitando i pieni poteri affidati dal Signore, nella consapevolezza che Egli ne chiederà conto. Ai servi è affidato un potere che si ricollega direttamente all’autorità stessa di Gesù: la sua opera adesso è affidata alla comunità. Occorre vegliare e pregare. In questo discorso Marco trasmette i fondamenti di un giusto atteggiamento escatologico dei credenti, che coincide con l’atteggiamento che Gesù stesso ha assunto verso il regno di Dio, e che contempla anche la via della croce come disponibilità a lasciarsi condurre da Dio, rinunciando a determinare noi stessi dove andare.

Stefano Romanello

3. «Rubate il tempo!»La comprensione del tempo nella lettera agli Efesini

Nella lettera agli Efesini Paolo scrive di un «mistero» il cui fine è «realizzare la pienezza dei tempi». È un concetto di tempo inteso non come un succedersi incoordinato e caotico, ma che giunge verso un culmine. Ed è Dio che stabilisce tale culmine nella storia, che avviene in Cristo: infatti il «mistero» è «il riepilogare in Cristo tutte le cose». Allora la storia non è solamente, né tanto meno primariamente, «giorni malvagi», poiché essa è stata incontrata da Dio: è il luogo in cui è avvenuto un incontro tra gli uomini e Dio. La storia è il luogo in cui Dio ha rivelato il suo «mistero», il suo progetto salvifico, che è avvenuto. Infatti c’è una signoria effettiva di Cristo sulla storia: a lui è sottomesso tutto. Ciò significa che si affermano la vita e l’amore. Dunque il tempo ha una connotazione fortemente positiva. E ai credenti il tempo è affidato come luogo in cui essere responsabili e protagonisti, al fine di far risplendere la signoria di Cristo nella vicenda storica in cui sono inseriti.

Luigi Bettazzi

4. Il tempo assenteQuantità o qualità del tempo

Il tempo è il fatto che, non riuscendo l’uomo a realizzarsi tutto in una volta, ha bisogno di realizzarsi successivamente. Quindi il tempo è segno di imperfezione, è la misura del movimento della realizzazione. Quando si parla del “tempo assente”, si intende quello passato; ma, soprattutto, “il tempo assente” è il tempo disimpegnato, ossia il tempo in cui si fanno le cose senza impegno. C’è poi anche il “tempo forte”, ossia il tempo che incide sull’uomo, nel quale l’uomo è. E dipende dall’uomo se il tempo è un tempo “assente” oppure se è un tempo “presente”, un tempo “forte”. Un elemento molto importante è la responsabilità: quando l’uomo si chiude nell’individualismo, soffoca la sua vera umanità. Allora “il tempo assente” è proprio il tempo chiuso nell’individualismo, mentre il tempo “forte”, il tempo “che cresce”, è il tempo della propria apertura agli altri.

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