Riflessioni teologiche – 23. Pluralità del cristianesimo tra conflitti e “scisma sommerso” (parte 1: SEGNALI DI FRAMMENTAZIONE CONFLITTUALE DEL CRISTIANESIMO)

Briciole dalla tavola. Vangelo per senza Dio

di Alberto Ganzerli

La pluralità presente e crescente delle forme del cristianesimo mondiale, in un contesto di frammentazione sociale e religiosa, tende ad assumere nel cattolicesimo i tratti di una contrapposizione polarizzata che rischia di condurre forme indebolite di chiesa verso derive scismatiche, mentre sarebbe invece richiesta ai cristiani la testimonianza evangelica di una comunione ecclesiale capace di pluralità. (Parte 1: SEGNALI DI FRAMMENTAZIONE CONFLITTUALE DEL CRISTIANESIMO)


Su YouTube l’audio-video si trova cercando
riflessioni teologiche 23

Il percorso finora proposto nei video ha mostrato tre tipologie di soggetti: teologi teisti che provano a pensare forme di fede praticabili anche da parte di senza Dio; artisti senza Dio che trovano ispirazione in forme cristiane; pensatori post-teisti che cercano di superare, collocandosi all’interno della chiesa, modi di pensare il divino ritenuti inadeguati. Per completare un ritratto ecclesiale, tuttavia, a queste tre tipologie se ne dovrebbero aggiungere altre, sia nella direzione di modi di pensare e vivere il cristianesimo più tradizionali e desiderosi di conservare le antiche forme religiose, sia nella direzione di un ripensamento ancora più radicale del cristianesimo in una prospettiva non solo post-teistica ma anche non-teistica. Molte altre tipologie in realtà concorrono a costituire il cristianesimo nella notevole pluralità delle sue declinazioni, sfumature e contaminazioni: una pluralità che spesso nella storia ha portato a conflitti anche violenti, a partire da scomuniche motivate teologicamente dalla pretesa di possedere la verità e da un presunto dovere di condannare insieme l’errore e l’errante.

Il cristianesimo, che a seguito delle grandi divisioni dell’XI e del XVI secolo si era storicamente articolato nella pluralità delle tre grandi famiglie ecclesiali del cattolicesimo, dell’ortodossia e delle chiese nate dalla riforma protestante, in questo inizio del XXI secolo sta diventando nei diversi continenti ulteriormente plurale, ad esempio nell’ambito del protestantesimo, in movimenti legati a chiese pentecostali e comunità cristiane non più legate alle tradizionali e storiche denominazioni protestanti. Ma a questa pluralità delle forme istituzionalmente organizzate di cristianesimo si aggiunge una pluralità sempre più marcata anche tra i singoli appartenenti alla medesima confessione cristiana. Si tratta di un fenomeno prodotto da diversi fattori, tra cui l’allentarsi – se non il disgregarsi – dei legami sociali e comunitari, la tendenza a vivere la spiritualità in modo più individualistico e intimistico, ma anche l’esigenza di un approccio più critico nei confronti delle tradizionali forme comunitarie delle chiese e delle formulazioni ufficiali dei contenuti di fede, esigenza talvolta collegata alla ricerca di una maggiore autenticità nel vivere la propria esperienza cristiana.

Anche il cattolicesimo – nel suo presentare tratti monolitici insieme a spinte di apertura universalistica – è sempre stato caratterizzato da un notevole pluralismo, che ha reso possibile alle sue tante anime di esprimersi e produrre frutti: si pensi, ad esempio, ai diversi ordini e congregazioni religiose e alle associazioni e movimenti ecclesiali. Questo pluralismo del cattolicesimo si sta tuttavia modificando per varie ragioni, tra cui l’introduzione di nuove tematiche teologiche (come, ad esempio, quelle riconducibili al post-teismo) e la complessità dei processi attivati nella chiesa in particolare dopo l’elezione di Bergoglio a vescovo di Roma nel 2013 e nei suoi ormai quasi 10 anni di pontificato. In questo ambito si assiste infatti a una polarizzazione tra coloro che sostengono i suoi tentativi di rinnovamento e coloro che invece li osteggiano, spesso appellandosi ai suoi due predecessori. Si tratta in realtà di una crisi che proviene da lontano e che, appunto, in particolare durante il lunghissimo pontificato di Giovanni Paolo II e quello molto più breve di Benedetto XVI ha portato, per molte e diverse ragioni, un crescente numero di cattolici a quello che – per analogia con gli scismi tra le grandi chiese storiche – è stato definito dal filosofo Pietro Prini nel 1999 lo «scisma sommerso», cioè l’abbandono, semplicemente e senza clamore, della casa ecclesiale della propria infanzia e prima giovinezza.

Riferimenti:

Pietro Prini, Lo scisma sommerso, Garzanti, Milano 1999.

.