Maria, madre della Chiesa

Germogli

germogli” è una collanina, nata quasi per caso, dopo una riunione nella quale mi era stato chiesto di proporre una breve meditazione;

germogli” è una cosa piccolissima, debole, un timido inizio, niente di ambizioso;

germogli” ha la pretesa di mettere in comune qualche passo nel cammino di fede guardando alla Scrittura e sapendo che «né chi pianta è qualcosa, né lo è chi irriga, ma è Dio che fa crescere» (1Cor 3,7).

Alberto Bigarelli

di Alberto bigarelli

La maternità di Maria si apre alla Chiesa a partire dal calvario. Il testo più esplicito si trova nell’evangelista Giovanni:

«25 Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. 26 Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». 27Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!».

E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé». (Gv 19)

La struttura del brano – come dicono gli esperti – è uno “schema di rivelazione” caratterizzato dai verbi “vedere”, “dire” e dall’avverbio “ecco”. Quanto dice Gesù sulla croce alla madre e al discepolo ha tutta la novità e l’imprevedibilità di una rivelazione.

Piccolo commento. v. 25: Le parole di Gesù a Maria: «Donna, ecco il tuo figlio» e a Giovanni: «Ecco la tua madre» hanno certamente un significato anzitutto immediato e concreto. Gesù affida Maria a Giovanni e Giovanni a Maria. Ma ai piedi della croce stanno due grandi figure/simbolo i cui nomi non vengono mai pronunciati dall’evangelista: la madre di Gesù e il discepolo che lui amava. Si tratta in tutti e due i casi di personaggi storici, però non vengono citati per nome dal momento che la loro importanza primaria consiste nel loro valore simbolico rispetto al discepolato (così R. E. Brown). Il discepolo amato, che sta sotto la croce, diventa figlio della madre di Gesù; personifica infatti, per analogia, tutti i credenti che attorno a Maria formano il nuovo popolo dei figli di Dio, redenti dalla croce del Cristo. Il discepolo amato, è il discepolo di Gesù in quanto tale, cioè tutti i discepoli. Essi sono dati a Maria da Gesù morente come suoi figli, allo stesso modo che Maria è data ad essi come loro madre.

Con le parole «Ecco la tua madre» ed «Ecco il tuo figlio», Gesù costituisce Maria madre di Giovanni e Giovanni figlio di Maria. Gesù non si è limitato a proclamare la nuova maternità della Vergine, ma l’ha istituita. Questa maternità dunque non viene da Maria, ma dalla parola di Dio; non si basa sul merito, ma sulla grazia.

Come a Cana, Gesù si rivolge a sua madre denominandola “donna”, da interpretarsi anche qui, alla luce della profetica “madre-figlia di Sion” come personificazione collettiva dell’intero Israele; dopo il lutto e la perdita dei suoi figli, riceve da Dio una nuova figliolanza, più numerosa di prima, non secondo la carne, ma secondo lo Spirito. Scrive Feuillet: «Che al Golgota Maria sia, contro ogni attesa, chiamata dal suo figlio “donna” e poi proclamata “madre” del discepolo prediletto, sembra voler dire che agli occhi di Gesù Maria rappresenta Sion e attribuisce a lei quella maternità spirituale che i profeti avevano preannunciato a Sion. Dire Sion è come dire Gerusalemme. In Isaia Gerusalemme è la nuova Sion nella quale si raduneranno i popoli (12,6; 35,1\0; 51,16; 52,7-8). C’è però un nuovo tempio ormai in mezzo ad essa: è Gesù (Gv 2,21; 7,37-39). Le parole che Gesù rivolge a sua madre e al discepolo nell’ora della sua elevazione da terra, rivelano che lei è «madre anche di tutti coloro che vengono adunati in Cristo-tempio, da lei generato secondo la carne» (Serra).

Nei verss. 25-27 il termine “madre” ritorrna espressamente cinque volte ed una sesta volta nella forma di pronome: “la” (autèn-27). Nel vers. 25 Maria è menzionata due volte come “la madre di Lui” (Gesà); nel vers. 26 Maria è rivelata da Gesù, ma è presentata al discepolo come “tua madre”. La “donna” che nella situazione iniziale era madre di Gesù, diventa prima la madre per antonomasia ed infine la madre del discepolo che Gesù amava. É come se accanto alla maternità fisica venisse attribuita alla madre di Gesù un nuovo tipo di maternità. Il discepolo è già nato secondo a carne; egli rinasce per mezzo dell’acqua e delle Spirito (Gv 3,5.6.36; 4,14.36; 6,47; ecc.) ad una vita nuova, eterna, che è la stessa vita di Gesù. É riguardo a questa vita che la Madre di Gesù esercita la sua nuova maternità.

Vers. 27: «la prese»; è più adeguato tradurre con “l’accolse” che esprime l’apertura verso qualcuno, un’atteggiamento spirituale grazie al quale si instaura una nuova relazione di comunione tra il discepolo e la madre di Gesù. Quest’idea non è espressa direttamnte dal testo ma la si ricava. La frase: «Il discepolo la prese con sé» (eis tà ìdia) può significare due cose: la prese «nella sua casa», e la prese «tra le sue cose più care”. É lo spazio spirituale, l’esperienza di Cristo che Giovanni ha fatto, i beni spirituali già ricevuti come la sua parola, la conoscenza delle cose di Dio, il suo amore, ecc. Fra questi beni entra anche Maria come madre, come eredità di Gesù a perfezionare lo stato di discepolato. Accogliere Gesù e accogliere Maria sono un tutt’uno. Senza la devozione a Maria il cammino del discepolo si impoverisce. San L. Grignion de Montfort (1673-1716) scrive che prendere Maria nella nostra casa significa «fare tutte le proprie azioni per mezzo di Maria, con Maria, in Maria e per Maria, per poterle compiere in maniera più perfetta per mezzo di Gesù, con Gesù e per Gesù”» (Trattato della vera devozione a Maria, n. 257).

Tutto questo non usurpa la signoria dello Spirito Santo perché Maria è uno dei mezzi privilegiati attraverso cui lo Spirito Santo guida le anime. Il detto «Ad Jesum per Mariam», a Gesù per mezzo di Maria, è accettabile purché si intenda che lo Spirito Santo guida a Gesù servendosi di Maria.  Sant’Agostino ci aiuta a cogliere la somiglianza e la differenza tra le due maternità di Maria: «Maria, corporalmente, è madre solo di Cristo, mentre spiritualmente, in quanto fa la volontà di Dio, gli è sorella e madre. Madre nello spirito, ella non lo fu del Capo che è lo stesso Salvatore, dal quale piuttosto spiritualmente è nata, ma lo è certamente delle membra che siamo noi, perché cooperò, con la sua carità, alla nascita nella Chiesa dei fedeli, che di quel corpo sono le membra» (La santa verginità, 5-6, PL 40,399).

Maria è madre della Chiesa e madre dei credenti – A questo punto è utile fare un confronto con Abramo, Nel brano dell’annunciazione a Maria che fa presente all’angelo la sua situazione di verginità, che contrasta con la promessa, viene data la stessa risposta che fu data ad Abramo dopo che Sara aveva fatto la stessa osservazione a proposito della sua vecchiaia e sterilità: «Nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,37; Gen 18,14). Ma tale corrispondenza emerge soprattutto dai fatti.

Nella vita di Abramo troviamo due grandi atti di fede: 1. per fede Abramo credette alla promessa di Dio che avrebbe avuto un figlio «pur vedendo come morto il proprio corpo e morto il seno di Sara» (Rm 4,19; cfr. Eb 11,11); 2. «per fede Abramo, messo alla prova, offrì Isacco e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unico figlio» (Eb 11,17). Abramo, dunque, credette quando Dio gli diede il figlio e credette quando glielo tolse. Anche nella vita di Maria troviamo due grandi atti di fede: Maria credette quando Dio le diede il Figlio e credette quando glielo tolse. Sia nel caso di Abramo che nel caso di Maria, Dio sembra smentirsi, sembra dimenticare le sue promesse. In particolare, a Maria era stato detto del nascituro: «Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo», ed invece lo vede «disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori… disprezzato… castigato da Dio e umiliato… trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità» (Is 53,3-5). E ancora: «Regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine», e invece lo vede inchiodato ad una croce. Fino all’ultimo Maria avrà sperato che Dio intervenisse. Ma non accadde!

A Maria è chiesto ben più che ad Abramo. Con Abramo Dio si fermò all’ultimo momento e risparmiò la vita del figlio (Gen 22); con Maria oltrepassò la linea senza ritorno della morte. In questo si nota la differenza tra il primo e il nuovo Testamento: «Abramo impugna il coltello, ma riottiene Isacco; la cosa non fu sul serio. Il culmine della serietà fu nella prova, ma poi ritorna il godimento di questa vita. Ben altrimenti nel Nuovo Testamento. Non è una spada pendente … la spada arrivò veramente a trapassare, a spezzare il suo cuore, ma così ebbe un assegno sull’eternità: questo Abramo non l’ebbe» (S. Kierkegaard, Diario X A 572). Se Abramo, per quello che ha fatto, ha meritato nella Bibbia il nome di padre di tutti i credenti (cf. Rm 4,16), a maggior ragione Maria merita il nome di madre di tutti i credenti. Ad Abramo Dio disse: «In te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gen 12,3). Maria canta: «Tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Lc 1,48). Se si riconosce un ruolo di mediatore ad Abramo, come non riconoscere, a maggior ragione, un ruolo di mediatrice a Maria?

Ad Abramo Dio disse: «Perché tu hai fatto questo e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio, io ti benedirò con ogni benedizione e renderò molto numerosa la tua discendenza… Padre di una moltitudine di popoli ti renderò» (Gen 17,5; 22,16-17). Lo stesso e ancor più dice a Maria: Madre di molti popoli ti renderò, madre della Chiesa! Nel tuo nome saranno benedette tutte le stirpi della terra. «Tutte le generazioni ti chiameranno beata!» E come gli Israeliti si rivolgevano a Dio dicendo: «Ricordati di Abramo, nostro padre!», noi possiamo dire: «Ricordati di Maria, nostra madre!». E come essi dicevano a Dio: «Non ritirare da noi la tua misericordia, per amore di Abramo tuo amico» (Dn 3,35), noi possiamo dirgli: «Non ritirare da noi la tua misericordia, per amore di Maria, tua figlia, tua sposa, tua madre!».

La sintesi mariana del Concilio Vaticano II – La dottrina tradizionale di Maria madre dei cristiani ha ricevuto una nuova formulazione nella costituzione dogmatica sulla Chiesa (LG) del Concilio Vaticano II, dove essa è inserita nel quadro più ampio riguardante il posto di Maria nella storia della salvezza e nel mistero di Cristo.

Vi leggiamo: «La beata Vergine, predestinata fino dall’eternità, all’interno del disegno d’incarnazione del Verbo, per essere la madre di Dio, per disposizione della divina Provvidenza fu su questa terra l’alma madre del divino Redentore, generosamente associata alla sua opera a un titolo assolutamente unico, e umile ancella del Signore. Concependo Cristo, generandolo, nutrendolo, presentandolo al Padre nel tempio, soffrendo col Figlio suo morente in croce, ella cooperò in modo tutto speciale all’opera del Salvatore, con l’obbedienza, la fede, la speranza e l’ardente carità, per restaurare la vita delle anime. Per questo ella è diventata per noi madre nell’ordine della grazi» (LG 61).

Il Concilio stesso si preoccupa di precisare il senso di questa maternità di Maria, dicendo: «La funzione materna di Maria verso gli uomini in nessun modo oscura o diminuisce quest’unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l’efficacia. Ogni salutare influsso della beata Vergine verso gli uomini non nasce da una necessità oggettiva, ma da una disposizione puramente gratuita di Dio, e sgorga dalla sovrabbondanza dei meriti di Cristo; pertanto si fonda sulla mediazione di questi, da essa assolutamente dipende e attinge tutta la sua efficacia, e non impedisce minimamente l’unione immediata dei credenti con Cristo, anzi la facilita» (LG 60).

Accanto al titolo di Madre di Dio e dei credenti, l’altra categoria fondamentale che il Concilio usa per illustrare il ruolo di Maria è quella di modello o di figura: «La beata Vergine per il dono e per l’ufficio della divina maternità che la unisce col Figlio Redentore e per sue singolari grazie e funzioni, è pur intimamente congiunta con la Chiesa: la Madre di Dio è figura della Chiesa, come già insegnava sant’Ambrogio, nell’ordine cioè della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo» (LG 63).

Alla luce di questi testi, possiamo riassumere il duplice rapporto di Maria con Gesù e con la Chiesa: nei confronti di Gesù, Maria è madre e discepola; nei confronti della Chiesa, essa è madre e maestra, cioè modello, figura esemplare. Come Paolo, e più di Paolo, ella può dire a tutti noi: «Fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo» (1Cor 11,1). Ella infatti è nostro modello e maestra proprio perché perfetta discepola e imitatrice di Cristo.

La novità più grande su Maria, nel documento conciliare, sta proprio nel posto in cui essa è inserita e cioè nella trattazione sulla Chiesa. Il discorso su Maria non è più a sé stante, come se ella occupasse una posizione intermedia tra Cristo e la Chiesa, ma ricondotto, come era stato all’epoca dei Padri, nell’ambito della Chiesa. Scriveva sant’Agostino: «Santa è Maria, beata è Maria, ma più importante è la Chiesa che non la Vergine Maria. Perché? Perché Maria è una parte della Chiesa, un membro santo, eccellente, superiore a tutti gli altri, ma tuttavia un membro di tutto il corpo. Se è un membro di tutto il corpo, senza dubbio più importante d’un membro è il corpo» (Disc. 72 A).

Subito dopo il Concilio, Paolo VI sviluppò ulteriormente l’idea della maternità di Maria verso i credenti, attribuendo a lei, esplicitamente e solennemente, il titolo di Madre della Chiesa: «A gloria dunque della Vergine e a nostro conforto, noi proclamiamo Maria Santissima Madre della Chiesa, cioè di tutto il popolo di Dio, tanto dei fedeli come dei Pastori, che la chiamano Madre amorosissima; e vogliamo che con tale titolo soavissimo d’ora innanzi la Vergine venga ancor più onorata ed invocata da tutto il popolo cristiano» (Discorso di chiusura del terzo periodo del Concilio – 21.11.1964).

Papa Francesco 2013 / Assemblea generale – «Continuando le catechesi sulla Chiesa, oggi vorrei guardare a Maria come immagine e modello della Chiesa. Lo faccio riprendendo un’espressione del Concilio Vaticano II. Dice la Costituzione Lumen gentium: “Come già insegnava Sant’Ambrogio, la Madre di Dio è figura della Chiesa nell’ordine della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo” (n. 63). 

  1. Partiamo dal primo aspetto, Maria come modello di fede. In che senso Maria rappresenta un modello per la fede della Chiesa? Pensiamo a chi era la Vergine Maria: una ragazza ebrea, che aspettava con tutto il cuore la redenzione del suo popolo. Ma in quel cuore di giovane figlia d’Israele c’era un segreto che lei stessa ancora non conosceva: nel disegno d’amore di Dio era destinata a diventare la Madre del Redentore. Nell’Annunciazione, il Messaggero di Dio la chiama “piena di grazia” e le rivela questo progetto. Maria risponde “sì” e da quel momento la fede di Maria riceve una luce nuova: si concentra su Gesù, il Figlio di Dio che da lei ha preso carne e nel quale si compiono le promesse di tutta la storia della salvezza. La fede di Maria è il compimento della fede d’Israele, in lei è proprio concentrato tutto il cammino, tutta la strada di quel popolo che aspettava la redenzione, e in questo senso è il modello della fede della Chiesa, che ha come centro Cristo, incarnazione dell’amore infinito di Dio.

Come ha vissuto Maria questa fede? L’ha vissuta nella semplicità delle mille occupazioni e preoccupazioni quotidiane di ogni mamma, come provvedere il cibo, il vestito, la cura della casa… Proprio questa esistenza normale della Madonna fu il terreno dove si svolse un rapporto singolare e un dialogo profondo tra lei e Dio, tra lei e il suo Figlio. Il “sì” di Maria, già perfetto all’inizio, è cresciuto fino all’ora della Croce. Lì la sua maternità si è dilatata abbracciando ognuno di noi, la nostra vita, per guidarci al suo Figlio. Maria è vissuta sempre immersa nel mistero del Dio fatto uomo, come sua prima e perfetta discepola, meditando ogni cosa nel suo cuore alla luce dello Spirito Santo, per comprendere e mettere in pratica tutta la volontà di Dio.

Possiamo farci una domanda: ci lasciamo illuminare dalla fede di Maria, che è nostra Madre? Oppure la pensiamo lontana, troppo diversa da noi? Nei momenti di difficoltà, di prova, di buio, guardiamo a lei come modello di fiducia in Dio, che vuole sempre e soltanto il nostro bene? Pensiamo a questo, forse ci farà bene ritrovare Maria come modello e figura della Chiesa in questa fede che lei aveva!

  1. Veniamo al secondo aspetto: Maria modello di carità. In che modo Maria è per la Chiesa esempio vivente di amore? Pensiamo alla sua disponibilità nei confronti della parente Elisabetta. Visitandola, la Vergine Maria non le ha portato soltanto un aiuto materiale, anche questo, ma ha portato Gesù, che già viveva nel suo grembo. Portare Gesù in quella casa voleva dire portare la gioia, la gioia piena. Elisabetta e Zaccaria erano felici per la gravidanza che sembrava impossibile alla loro età, ma è la giovane Maria che porta loro la gioia piena, quella che viene da Gesù e dallo Spirito Santo e si esprime nella carità gratuita, nel condividere, nell’aiutarsi, nel comprendersi.

La Madonna vuole portare anche a noi, a noi tutti, il grande dono che è Gesù; e con Lui ci porta il suo amore, la sua pace, la sua gioia. Così la Chiesa è come Maria: la Chiesa non è un negozio, non è un’agenzia umanitaria, la Chiesa non è una ONG, la Chiesa è mandata a portare a tutti Cristo e il suo Vangelo; non porta se stessa – se piccola, se grande, se forte, se debole, la Chiesa porta Gesù e deve essere come Maria quando è andata a visitare Elisabetta. Cosa le portava Maria? Gesù. La Chiesa porta Gesù: questo è il centro della Chiesa, portare Gesù! Se per ipotesi, una volta succedesse che la Chiesa non porta Gesù, quella sarebbe una Chiesa morta! La Chiesa deve portare la carità di Gesù, l’amore di Gesù, la carità di Gesù».